Dopo la Pandemia, la crisi immobiliare, l’attacco ai Bitcoin, dalla Cina è in arrivo la vera tempesta ed è una tempesta fredda che rischia di gelare i mercati. Dalla Cina però arrivano poche notizie. Ma il dato è chiaro: manca il gas che servirebbe e così le aziende stanno lavorando a regime ridotto, addirittura soltanto due giorni alla settimana. Tutto questo a causa della forte ripresa economica che sta assorbendo energia in quantità sempre più importanti ma non solo. Molto è legato alle scelte del governo cinese in tema di transizione energetica. L’inquinamento eccessivo sta imponendo al governo di Pechino scelte forti che vanno nella riduzione delle emissioni di CO2. Rubinetti del gas serrati, aziende chiuse, produzione a picco.
L’articolo che segue è a firma di GIUSEPPE RODIO. La sua analisi è lucida ed analitica, il suo epilogo chiaro e logico. Da leggere in un fiato.
di Giuseppe Rodio
“Giuseppe dimentica Evergrande, l’azienda del mio fornitore sta lavorando 2 giorni alla settimana”. Questo il messaggio di un caro amico di base ad Hong Kong che mi ha letteralmente impedito di dormire questa notte.
L’azienda a cui fa riferimento è una SME con circa mille dipendenti che opera nel comparto manifatturiero tra Taiwan, Hong Kong e Mainland China. Il fatto: nella provincia di Guangdong (numero uno per produzione industriale in Cina, e quindi nel pianeta), il governo ha ordinato a SMEs considerate ad alto consumo energetico di chiudere 3 giorni a settimana a causa di power shortage.
Inquietante…al che ho controllato la mia Bloomberg app e leggo tra gli articoli dell’ultim’ora: “China Power Crunch Is Next Economic Shock After Evergrande”. Decisamente un tema da approfondire, ebbene: almeno 9 province cinesi colpite da power cuts, con compagnie costrette a chiudere per 3 giorni alla settimana.
Tra queste le province di Jiangsu, Zhejiang e la sopra citara Guangdong, le potenti zone industriali che da sole valgono quasi un terzo dell’intera economia cinese.
Considerando il fatto che siamo a Settembre e di inverno a Pechino fa davvero molto freddo, sembra si tratti della punta di un iceberg…
Si è discusso molto nelle ultime settimane dell’aumento dei prezzi di gas ed elettricità in Europa e Stati Uniti, i fantomatici “temporary bottlenecks” citati più volte da Powell e dovuti alla forte spinta produttiva connessa alle riaperture, che si sta verificando in contemporanea al delicato processo di transizione energetica verso fonti rinnovabili.
Questa dinamica è stata però sino ad ora sottovalutata in Cina, dove in realtà l’aumento dei prezzi di gas, carbone etc assieme alle severe politiche del governo centrale mirate a ridurre le emissioni, sembra stiano già avendo gli effetti più profondi e lasciano prevedere l’inizio di una tempesta.
Un vecchio detto di Wall Street dice “se l’America starnutisce, l’Europa si becca il raffreddore”. Cosa succederà al mondo, se alla Cina viene la polmonite?
Al che la domanda che mi ha tenuto sveglio e mi ha imposto di scrivere questa breve nota: quanto può davvero essere temporaneo un supply shock inflativo che sembra derivare da premesse di natura decisamente strutturale? Ma soprattutto che succederà ai prezzi, ai ricavi di vendita ed ai margini aziendali se la prima manifattura del pianeta opera 2 giorni a settimana da qui a marzo.
Al che una riflessione personale relativa al recente andamento del mercato azionario ed ai suoi possibili sviluppi futuri.
Un bull market sostenuto come quello che abbiamo avuto da marzo 2020 non attraversa periodi di correzioni significative se non ci sono cambiamenti strutturali in: prospettive di crescita degli utili aziendali, inflazione (e quindi aumento delle stessa, che viene incorporato nei tassi di interesse) o politiche monetarie/ fiscali (vedi tapering, aumento dei tassi di riferimento, incremento delle imposte e cosi via).
Se uno di questi tre motori si ferma, la storia insegna che in genere l’aereo va in stallo. Cosa succede se si fermano tutti e tre contemporaneamente?
Winter is coming my friends…e c’è carenza di gas.