Economia

“Autogol Sugar Tax: mini gettito, ma grande danno per un settore che dà lavoro a 84mila persone”

Giangiacomo Pierini (Assobibe): “Una batosta nel momento di picco produttivo. È un pericoloso precedente per tutta l’industria alimentare”

presidente di Assobibe sugar tax © ShaunWilkinson tramite Canva.com

Messo alle strette tra il buco nei conti pubblici scavato del Superbonus progettato da Giuseppe Conte e il nuovo Patto di Stabilità Ue, l’esecutivo Meloni ha bisogno di fare cassa. Così vuole far partire la Sugar Tax. La norma, ereditata dalla Legge di Bilancio 2020, appare però un autogol per il nostro Paese, che aggiunge così un’altra imposta a una tassazione opprimente. Vediamo perché con il presidente di Assobibe, Giangiacomo Pierini.

Presidente Pierini, la Sugar Tax prevede da luglio un prelievo pari a 5 euro per ettolitro nelle bevande zuccherate oppure di 0,13 euro al chilo per i prodotti da diluire. Dal prossimo anno poi l’imposta raddoppierà. Che cosa significa per il settore?
“Significa una batosta nel momento di picco della produzione e della vendita, l’estate: un incremento della pressione fiscale del 14% per litro di bevanda, senza contare i costi occulti che si portano dietro i 70 nuovi adempimenti burocratici da fare, l’aggiornamento dei software aziendali in contabilità e la formazione del personale. Invece di lavorare per provare a rilanciare una filiera che nel 2023 ha visto scendere i propri volumi di vendita, dovremo capire come pagare – o far pagare – una nuova tassa sui consumi”.

Quanto si stima possa essere il gettito e quanto invece il danno diretto per un settore, come quello alimentare, che è fondamentale per il made in Italy, l’export e quindi la stessa tenuta del Pil?
“Dopo la modifica proposta sabato, il gettito atteso è di poco più di 70 milioni di euro. Per esperienza, nei Paesi in cui è stata adottata il gettito è stato la metà delle previsioni, parliamo quindi di 30/35 milioni reali. Senza contare che nei calcoli fatti allora, non si prevede né il calo volumi post introduzione della tassa (verosimilmente intorno al -16%) né del calo del gettito d’IVA conseguente, che per i nostri prodotti è al 22% (tre le più alte in Europa)”.

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Quante persone occupa oggi il comparto del beverage e quante tasse versa complessivamente all’erario? Quanto investe?
“Complessivamente sono 84.000 i dipendenti diretti e indiretti della nostra filiera, per un valore generato di 5 miliardi di valore. Paghiamo già tasse per 1,2 miliardi, tra imposte sul lavoro e sul reddito. Gli investimenti sono nell’ordine di centinaia di milioni l’anno, tra nuove tecnologie, nuovi impianti e nuovi processi. Si pensi ad esempio a tutte le nuove norme ambientali, che ci hanno costretto negli ultimi anni a cambiare il modo di produrre: dai tappi attaccati alle bottiglie di plastica alle norme sull’ecodesign, che hanno determinato un minor utilizzo di materie prime. Tutto giustissimo, ma farlo costa”.

Il settore annovera campioni come Coca Cola o Campari, che cosa può accadere?
“Vero, il settore annovera grande aziende come quelle citate da lei, e molte altre, ma il 64% delle imprese che rappresento sono PMI, con tutte le difficoltà di reazione che può immaginare. Parliamo di prodotti anche fortemente locali, come le spume, le aranciate, il caffè freddo frizzante calabrese, i chinotti… oltre ai grandi brand prodotti in Italia, in stabilimenti italiani, con materie prime italiane (dalla frutta allo zucchero, al packaging alimentare)”.

C’è il rischio di una delocalizzazione produttiva come quella a cui assistiamo nel settore dell’auto?
“L’Italia non è un Paese attrattivo per gli investimenti anche a causa dell’elevata pressione fiscale: aggiungere un’ulteriore tassa sui consumi non mi sembra il modo più saggio per rendere più competitivo il nostro Paese, non crede?”.

Cambiamo prospettiva e guardiamo la Sugar tax dal punto di vista del consumatore. Sono prevedibili aggravi nei prezzi sui banchi del supermercato o al bar, oppure il settore è in grado di assorbirlo?
“Guardi, non è mio compito entrare nelle scelte che le singole aziende faranno, credo però sia difficile poter farsi carico del 14% di nuova pressione fiscale, anche pensando agli aumenti di materie prime e dell’energia degli ultimi anni, per un settore con volumi in calo: abbiamo chiuso il 2023 con un calo del 5% rispetto all’anno precedente. I volumi dei soft drink sono già i più bassi d’Europa, la metà delle media dei Paesi Ue, con un calo del 27% dei prodotti zuccherati negli ultimi 10 anni”.

Detto che il Superbonus pensato dal primo governo di Giuseppe Conte ha aperto una voragine nei bilanci pubblici soprattutto in termini di deficit, ravvisa un preconcetto nella Sugar Tax rispetto per esempio a quanto accade per dolci o merendine che ne sono esentate?
“Personalmente ritengo assurdo pensare a tasse sugli ingredienti, che sia lo zucchero, il sale o i grassi: scegliere cosa le persone debbano mangiare appartiene ad una visione che ritengo aberrante. Dobbiamo informare il consumatore rispetto a tutti gli ingredienti di nostri prodotti, con assoluta trasparenza, ma rispettando la sua libertà di scelta. Diverso per i bambini, più influenzabili: per questo non facciamo pubblicità ai minori di 13 anni e non vendiamo direttamente nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Tra l’altro, introdurre una tassa oggi su di noi rappresenta un pericoloso precedente per tutta l’industria alimentare”.

Come impatterà emotivamente la Sugar Tax in battaglia contro il Nutriscore in sede europea?
“Giusta osservazione, che porrei però al ministro Urso e al suo Ministero. Come settore in Italia appoggiamo il Nutrinform e le azioni promosse dal MIMIT, concordiamo nella richiesta di non introdurre il Nutriscore: non ha senso criminalizzare un ingrediente. Posto che, in questo specifico caso, l’ingrediente non conta visto che la tassa colpisce allo stesso modo prodotti con e senza zucchero”.

La Sugar Tax colpisce anche i succhi di frutta amati dai bambini nelle loro merende quotidiane subito dopo la scuola. Pare un assurdo annunciarla proprio a ridosso della Festa della Mamma, sopratutto da parte di un governo che tanto si prodiga per la natalità…
“Colpisce tantissimi prodotti che in estate vivono la stagione più importante, anche per le vendite di bar, pizzerie e ristoranti. Io personalmente bevo il tè freddo solo in questi mesi”.

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