Un nome una garanzia: il Professor Mario Draghi é senza ombra di dubbio l’unica mente in grado di mantenere a galla l’Italia nonostante tutti macigni che la stanno tirando a fondo da decenni, debito pubblico in primis a cui si aggiunge un alto tasso di disoccupazione, nessuna politica attiva e concreta mirata ad attrarre capitali esteri, pressione fiscale alle stelle e nessun booster per creare lavoro stabile.
Ed ovviamente instabilità politica cronica.
Sono innumerevoli, infatti, i famigerati “richiami” da parte dell’UE che hanno scandito negli anni le mancanze del nostro Paese in merito al rispetto dei famosi parametri di Maastricht (anche in periodi pre-pandemia) e le sollecitazioni a risolvere criticità interne affinché potessimo diventare un Paese affidabile; così come sono stati numerosi i Paesi che ci siamo spesso ritrovati contro quando abbiamo avuto necessità di avere aiuti di carattere finanziario dalla UE.
Di certo se non fossimo stati oggi nell’Unione Europea, e non avessimo avuto l’euro, saremmo ad un passo dal default perché, paradossalmente, la nostra appartenenza al Gruppo sovverte le regole basilari dell’economia e della finanza trasferendo il peso delle nostre difficoltà (ed i conseguenti rischi) sulle spalle di tutti i Paesi membri, con palese disappunto di paesi più disciplinati i cui cittadini non vedono di buon occhio i costanti ed infiniti interventi a favore dell’Italia.
Fin quando l’Europa sarà disposta a sostenerci considerando l’immobilismo degli ultimi trent’anni ? Perché le regole dell’economia e della finanza in Italia sono state sovvertite ?
Se la risposta alla prima domanda è un interrogativo irrisolto e che Draghi sta cercando di far accettare alla UE sine fine … il secondo quesito comporta una domanda quale risposta.
Tutti sanno che un qualsiasi titolo obbligazionario, ed ovviamente anche i Titoli di Stato, che non sono altro se non dei finanziamenti che il Governo chiede a cittadini ed investitori stranieri ed istituzionali, hanno un rendimento e le regole basilari dell’economia e della finanza stabiliscono che più è alto il rendimento e più esiste il rischio d’insolvenza da parte del debitore, vale ovviamente il contrario ossia bassi rendimenti indicano alta affidabilità del debitore.
La domanda che ci poniamo è se un qualsiasi investitore, soprattutto istituzioni finanziare, ritenesse sicuro investire in titoli di stato di una Nazione che ha circa 3000 miliardi di euro di debito, disoccupazione elevata, pressione fiscale insostenibile, tessuto produttivo in costante diminuzione per aziende che sono costrette a chiudere o grandi industrie che delocalizzano all’estero, classe politica inaffidabile ed instabilità.
Bene … secondo logica, e seguendo le famose leggi della finanza la risposta sarebbe no perché un qualsiasi paese con questi problemi avrebbe titoli a tassi abbastanza elevati e rating prossimo allo step antistante il default e gli investitori fuggirebbero ma … perché esiste un ma, nonostante tutto ciò, e grazie al fatto che siamo parte della UE, e che la nostra moneta è la stessa di tutti gli altri paesi, compresa la politica monetaria, i nostri titoli hanno rendimenti bassi come se fossimo in una nazione priva di tutte le citate criticità ! É un paradosso ma è la realtà.
In parole povere l’appartenenza alla UE ha drogato il brand finanziario Italia, ovvero sovvertito le famose leggi; buon per noi ma le istituzioni europee non hanno intenzione di concederci altro tempo, soprattutto in vista del PNNR che costituisce per una gran parte altro debito.
Come uscirne?
Ecco che interviene Draghi, una delle più grandi menti in materia che il mondo abbia mai conosciuto, fortemente voluto dalla UE (in quanto stimato) per tenerci sotto controllo ed evitare che la politica (non capace) potesse scegliere peggiorando la situazione.
Ma le istituzioni europee, e lo stesso Draghi, hanno contezza che non ce la faremo mai da soli a risalire la china, appunto perché chi ci tiene in vita è il legame con la UE e tutto ciò pesa abbastanza sui paesi solidi che in Commissione sono rigidi nei nostri confronti.
Soluzione? La stessa che si adotta per grandi aziende sommerse di debiti e con una pessima organizzazione interna, ovvero la vendita salvaguardando i posti di lavoro e la produzione. Draghi non è altro che un Capitano di una nave malandata che non ha manutenzione perché non ci sono i capitali necessari allo scopo e perché gli armatori sono pieni di debiti; e pertanto dobbiamo raggiungere un porto sicuro in cui la nave sarà messa in condizioni di prendere nuovamente il largo dai nuovi armatori che ne diventeranno proprietari.
In parole crude l’Italia rischia realmente di essere venduta a pezzi come i più pessimisti sostengono?
Draghi, in ogni caso, è la persona che sta negoziando le migliori condizioni per noi al fine di evitare che si intraprenda la medesima direzione imposta alla Grecia diventata, di fatto, una colonia della Germania che ha acquistato tutte le sue infrastrutture per pochi soldi in cambio di un azzeramento del debito concesso dalla UE.
Noi saremo più fortunati perché non ci lasceranno fallire, e perché oltre a paesi europei facciamo gola (commercialmente parlando) anche a Cina, USA e Russia nonostante la situazione, e sopratutto perché molti nostri competitors hanno investito su di noi ed hanno forti esposizioni ed asset nel nostro Paese.
Una riprova di quanto sia precario il nostro equilibrio è data dal fatto che, ad esempio, colossi come Google, Amazon, Apple, Intel, Microsoft e così via investono e creano occupazione in Irlanda o altrove e non da noi e che le nostre migliori aziende sono finite in mani straniere, nonché alcune infrastrutture portuali e strategiche come quelle di rete del 5G concesse alla Cina.
Antonino Papa, 18 marzo 2022