Economia

Azioni: rischi o vantaggi?

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Sin dalla notte dei tempi le azioni hanno costituito il “nocciolo duro” di ogni mercato finanziario ed il fulcro intorno al quale ruotava ogni strategia, sia essa posta in essere da società quotate, sia da comuni investitori e risparmiatori che da forti lobbies finanziarie, fondi d’investimento, banche d’affari e semplici speculatori.

Attualmente la realtà su cui poggia il meccanismo dei mercati è leggermente mutata; innanzitutto con l’avvento della tecnologia che attraverso i software governa ogni transazione ma soprattutto per effetto di una costante introduzione di nuovi strumenti finanziari alternativi, complementari o di copertura (leggi protezione), ed anche per la rapidità con cui la finanza moderna processa una singola transazione, frazioni di secondo contro ore o addirittura giorni fin quando i mercati non si sono digitalizzati e diventati appunto telematici.

La definizione per eccellenza di un’azione è che costituisce la titolarità di un pezzo di società, non in tutti i casi però comporta per i possessori il diritto di voto nelle assemblee dei soci al fine di partecipare attivamente a politiche e strategie aziendali proposte dai vertici nonché di decidere i vertici stessi.

Per i possessori di azioni risparmio, ad esempio, non è previsto il diritto di voto ma una maggior aliquota dei dividendi ove mai distribuiti; allo stesso modo le azioni privilegiate conferiscono il diritto di voto limitatamente alle assemblee straordinarie ed attribuiscono diritto di precedenza nella distribuzione degli utili.

Abbiamo inoltre azioni a voto plurimo ed a voto maggiorato di solito in società non quotate che conferiscono rispettivamente diritto di voto superiore alle azioni possedute (ovvero peso del voto è maggiore del valore, in percentuale, delle azioni possedute) e possibilità, per le azioni a voto maggiorato, di avere diritto di voto fino a due volte rispetto al numero di azioni possedute.

Naturalmente per investitori comuni, traders e per la maggior parte degli operatori sono le azioni ordinarie a destare il maggior interesse mentre le risparmio e le privilegiate contemplano altro tipo di strategie non comunemente adottate.

Focalizziamo quindi l’attenzione prevalentemente sulle ordinarie.

Di solito l’investimento in azioni (non speculativo puro) comporta un termine medio o lungo che dipende innanzitutto dalle società alle quali si è deciso di dare fiducia, pertanto è opportuno conoscere i fondamentali ovvero i dati essenziali dai quali si può evincere la solidità di un’azienda e la sua propensione alla crescita ed anche, attraverso l’analisi tecnica, comprendere quale potrebbe essere il momento più indicato per entrare perché, come specificato nei precedenti articoli, il tempismo in finanza è quasi sempre l’anticamera del profitto.

Investire in azioni comporta una costante e quasi maniacale informazione in merito ad ogni società oggetto d’interesse ed uno degli svantaggi rispetto ad investire in strumenti legati ad indici e materie prime è che nel secondo caso, sebbene si tratti solitamente di asset più rischiosi delle azioni, l’informazione è per così dire limitata a dati relativi a dinamiche di mercato globali e non specifiche in quanto gli indici, nel 90% dei casi, si muovono all’unisono e la quotazione delle materie prime è unica in tutto il mondo.

Con una minore quantità d’informazioni quindi, di solito di carattere economico-finanziario e geo-politico si è in grado di avere un quadro abbastanza chiaro della situazione; cosa che non è possibile se si investe in azioni per il solo fatto che soltanto nei principali mercati mondiali abbiamo una quantità tale di società quotate che dovremmo dedicare almeno 8 ore al giorno ad informarci per trovare l’opportunità migliore, a meno che non si rivolga l’attenzione alle cosiddette big che costituiscono l’ossatura di tutti i listini ed in tal caso è solo una questione di momenti, fermo restando che l’informazione è sempre un obbligo se non si vogliono avere spiacevoli sorprese.

Un altro punto fondamentale è la diversificazione dei settori che se ben configurata in termini di peso può restituire interessanti ritorni nel medio-lungo in quanto ogni settore funge anche da copertura o protezione perché, escludendo catastrofi finanziarie globali, ci sono sempre settori che performano mentre altri calano; ovviamente una gestione attiva e costante, come diminuire o aumentare il peso di un settore all’interno del portafoglio garantisce una minore esposizione a rischi.

Inoltre bisogna prestare massima attenzione ad operazioni come OPA, OPV e date di distribuzione di dividendi perché queste circostanze comportano quasi sempre speculazione ed alta volatilità.

Investire quindi in azioni comporta un certo impegno che non bisogna mai delegare come purtroppo spesso accade per clienti fidelizzati a banche tradizionali che pensano di poter considerare la loro persona di fiducia come un consulente personale; ciò non è affatto possibile soprattutto in base alla normativa che vieta a qualsiasi consulente o dipendente di consigliare i clienti in merito ad azioni da acquistare o vendere.

Altro discorso se di decide di acquistare azioni in maniera indiretta, ossia all’interno di fondi d’investimento la cui gestione è appunto demandata ai gestori ed in questo caso il consulente ha la facoltà di consigliare il cliente in base alla sua propensione al rischio.

In definitiva, un fondo d’investimento (nel nostro caso azionario) ha delle spese di gestione annue che appunto remunerano il lavoro dei gestori che non solo devono essere H24 sul pezzo, evitando quindi a noi tutto il lavoro di cui sopra, ma hanno anche l’obbligo di amministrare al meglio i nostri capitali affinché crescano ed è un lavoro di grandissima responsabilità.

I costi però non mancano neanche nella gestione diretta in quanto per ogni eseguito sia acquisto che vendita, vi sono delle commissioni ed in una gestione personale attiva non ci si limita ad operare una sola volta in un anno ma spesso, soprattutto se si ha un portafoglio diversificato; inoltre operando in proprio ci si assume il 100% del rischio in maniera diretta.

Un fondo azionario che costa il 2% l’anno, poniamo il caso 2.000 euro su un nominale di 100.000, è molto probabile che renda più di quanto possiamo fare autonomamente e probabilmente avendo quasi le stesse spese; la vera differenza sta nel rischio perché per quanto possiamo essere ferrati e competenti non avremo mai i mezzi a disposizione di grandi banche d’affari o SGR.

In definitiva chi ha tempo e competenze, nonché finanze per sostenere i costi di piattaforme avanzate ed abbonamenti a testate specifiche per informazioni in tempo reale ha i requisiti minimi per poter operare con una certa tranquillità, per i comuni risparmiatori ed investitori è preferibile un fondo d’investimento azionario oppure, in ultima analisi, operare come cassettista a lungo termine il che significa investire e tenere i titoli nel cassetto per anni sfruttando la tendenza dei mercati a crescere.

 

Antonino Papa, 20 aprile 2022