Economia

Bonanza, l’uscita dal tunnel della crisi

Contro il ritornello delle cassandre e dei profeti di sventura

Economia

Bonanza non è solo il titolo di una emozionante serie di film western che ha animato le serate televisive negli anni ’60 del secolo scorso. Bonanza è anche un termine usato nei paesi di lingua spagnola e negli Stati Uniti per indicare un giacimento di minerali, in particolare oro e argento, eccezionalmente ricco.

Ebbene Bonanza è la parola usata da un settimanale autorevole e solitamente ben informato come l’Economist, per indicare la nuova fase che sta attraversando l’economia mondiale dove, soprattutto nei paesi occidentali, l’esito positivo delle vaccinazioni di massa sembra aprire la concreta possibilità di considerare sostanzialmente superata l’emergenza della pandemia da Covid 19.

I segnali favorevoli non mancano: non solo i ristoranti e i grandi magazzini che tornano ad essere affollati o le prenotazioni per le vacanze estive che stanno crescendo nonostante le incertezze sulle procedure di controllo, ma anche gli indici di fiducia di persone e imprese così come le quotazioni delle Borse valori che hanno largamente superato i livelli di due anni fa.

Che non si tratti di un fragile rimbalzo, anche se fare previsioni è sempre difficile, lo dimostra un dato importante sottolineato dall’Economist: la crescita degli investimenti fissi delle imprese, cioè i flussi di cassa che vengono impiegati per acquistare terreni, fabbricati, impianti e soprattutto attrezzature comprese quelle immateriali come il software.

Il dato interessante è che non siamo di fronte solo ad una crescita per colmare il vuoto che si era creato con la pandemia, ma anche ad una tendenza complessiva più sostenuta rispetto alla risposta che vi era stata dopo la grande crisi finanziaria del 2008. E anche se la recessione provocata dal virus, e soprattutto dalle misure per combatterlo, era stata più forte e più estesa dei diversi settori economici, la ripresa che è in corso sembra aver tutte le caratteristiche per avere basi più solide e prospettive più sicure, ovviamente salvo imprevisti.

Bisogna forse osservare che le due crisi hanno avuto cause e percorsi di uscita profondamente diversi. Contro il virus sono arrivati i vaccini, contro la speculazione finanziaria qualcosa di simile ai vaccini non è stato, né probabilmente sarà mai inventato. E’ stato così che negli anni successivi al 2010 gli investimenti, la produttività e la crescita del Pil hanno mantenuto ritmi più bassi di quelli prevedibili per i prossimi mesi grazie alle scelte di investimento delle imprese.

Scelte che derivano da un insieme di fattori. In primo luogo il costo del denaro quindi i tassi di interesse che la Banche centrali promettono di mantenere bassi ancora a lungo, come continuano a sottolineare i responsabili delle banche centrali, dalle più grandi alle più “piccole”, ma importanti, come il presidente della Banca nazionale svizzera, Thomas Jordan, che ha gettato acqua sul fuoco sulle prospettive di ritorno dell’inflazione e quindi di politiche monetarie più restrittive.

Poi la grande liquidità a disposizione di banche e sistema finanziario per gli interventi dei governi che hanno rotto gli argini del debito pubblico sia per evitare una crescita del disagio sociale, sia scommettendo sul fatto che lo sviluppo dell’economia permetterà di mantenerlo sostenibile anche a lungo termine.

E infine la grande potenzialità degli investimenti nelle nuove tecnologie e nella rivoluzione digitale, investimenti capaci di rendere più competitive le imprese, di migliorare la qualità della vita e del lavoro, di rispondere alle esigenze sempre più pressanti di sostenibilità ambientale e di lotta ai cambiamenti climatici.  

Probabilmente è temerario affermare che siamo alla vigilia di una nuova età dell’oro, ma cercare di smentire i facili profeti di sventura, è già fare un passo avanti per avere fiducia in un futuro che dipende anche dalle nostre decisioni. Decisioni che potranno essere più coraggiose se potranno essere basate su di una visione realisticamente positiva.

 

Gianfranco Fabi