Mario Draghi ha comunicato la decisione del governo di introdurre il green pass. Il giorno dopo le richieste di vaccinazioni sono quasi raddoppiate in tutte le regioni italiane. La stretta correlazione fra il rischio di perdere la propria agibilità sociale (andare al ristorante o al bar, allo stadio e agli eventi culturali) e la decisione di proteggersi dal rischio di essere contagiati e di contagiare se da un lato è incontrovertibile e dimostra come la spinta gentile del governo sia stata corretta per ottenere l’obiettivo di incrementare i vaccinati e tentare di raggiungere il prima possibile l’immunità di gregge, senza essere costretti a introdurre il contestato obbligo vaccinale, dall’altro apre uno squarcio inquietante sulle reali capacità cognitive in possesso di molti italiani per assumere comportamenti razionali e logici.
L’incentivo a proteggersi dal virus ed evitare così il rischio di ammalarsi e morire o di contagiare i propri cari o le persone con le quali si entra in contatto non fa premio quanto quello di non vedersi limitata la propria vita sociale. Questo è un dato di fatto. Per i cinici, una semplice ovvietà. Per chi ritiene che il benessere non può mai essere solo individuale, ma sempre il risultato collettivo prodotto dalla somma dei singoli stati personali, è invece un pericoloso campanello d’allarme. Cosa ci dice il fatto che per molti nostri concittadini è più incentivante poter bere un caffè al bar o vedere un gol allo stadio piuttosto che correre in prima persona e far correre agli altri il rischio di emulare la traiettoria esistenziale di oltre 128.000 italiani morti dopo aver contratto il covid?
Al governo hanno valutato questo istinto individualistico degli italiani e hanno optato per la strategia della spinta gentile. Nei vecchi manuali di diritto penale si insegnava che “la norma o è sanzionatoria o non è”. Qui il governo non sanziona, non punisce, ma incentiva al comportamento virtuoso tutti i ritardatari che non hanno ancora scelto di proteggersi utilizzando lo strumento offerto loro dalla ricerca scientifica.
Del resto la teoria del nudge, come dicono nel mondo anglosassone gli esperti di economia comportamentale, si basa proprio sull’idea che i decisori pubblici per cercare di migliorare il benessere delle persone possono farlo senza imporre nulla, ma orientando le loro decisioni e mantenendo allo stesso tempo la loro libertà di scelta. I decisori pubblici non obbligano, ma incidono nell’architettura delle scelte dei singoli, alterandone il comportamento in modo prevedibile senza proibire la scelta di altre opzioni. La strategia adottata per primo da Macron in Francia ha prodotto gli stessi risultati anche in Italia. Più richieste di vaccini da parte delle medesime persone che solo il giorno prima valutavano il rischio di contrarre il virus accettabile e che il giorno dopo, in considerazione di una serie di limitazioni nelle quali sarebbero incorse, non l’hanno ritenuto più tale.
I giornali già parlano di effetto Draghi. Il boom di richieste in realtà se da un lato dimostra la capacità di incidere sui comportamenti individuali e di massa da parte dei decisori politici, come fatto in questo caso dal presidente del consiglio dei ministri italiano, dall’altro evidenza l’analfabetismo di logica comportamentale di una considerevole fascia della popolazione, incapace di prendere le proprie decisioni in base a corrette valutazioni di merito, basate su dati scientifici, fattuali e di calcolo ponderato del rapporto costi/benefici.
Non è il caso si scomodare il concetto di equilibrio nella teoria dei giochi di John Nash, ma certamente deve preoccupare la scarsa capacità di una comunità di attuare scelte sulla valutazione complessiva del beneficio che tale azione produce a sé e agli altri. Una comunità che perde la capacità di attuare scelte basate sull’empatia, sul principio di precauzione, sull’attitudine alla cura dei beni primari a discapito di quelli voluttuari e edonistici è destinata a produrre minore benessere collettivo. Non si tratta di un approccio etico alla vita sociale, ma piuttosto la constatazione che gli pseudo liberali o pseudo libertari hanno davvero capito ben poco, delle lezioni contenute nei libri, se mai li avessero letti, dei filosofi e degli scienziati sociali della scuola liberale.
Chi in questi giorni cita John Stuart Mill, il filosofo britannico considerato tra i più influenti esponenti del pensiero liberale, giustificando la propria ritrosia alla vaccinazione dovrebbe ricordare come egli affermi che “il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. Il bene dell’individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente. Non lo si può costringere a fare o non fare qualcosa perché è meglio per lui, perché lo renderà più felice, perché, nell’opinione altrui, è opportuno o perfino giusto: questi sono buoni motivi per discutere, protestare, persuaderlo o supplicarlo, ma non per costringerlo o per punirlo in alcun modo nel caso si comporti diversamente. Perché la costrizione o la punizione siano giustificate, l’azione da cui si desidera distoglierlo deve essere intesa a causare danno a qualcun altro. Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri: per l’aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta”.
Di questo stiamo parlando: un individuo che in una società liberal-democratica scelga di non vaccinarsi e causi con la sua condotta un danno potenzialmente letale a qualcun altro è responsabile o no di tale evento? I decisori pubblici e la società tutta non hanno voluto porre questa domanda, perché la risposta più conseguente avrebbe portato all’inevitabile scelta dell’obbligo vaccinale. Stiamo preferendo invitare i nostri riottosi concittadini non a porsi la domanda giusta, ma a valutare solo il danno effimero che la loro scelta di non vaccinarsi produrrà alle loro vite sociali, piuttosto che alla loro salute e a quella degli altri. Con il green pass avremo anche un boom di nuovi vaccinati, ma senza l’obbligo vaccinale ogni morto in più causato dal covid va messo in conto alla nostra incapacità di farci le domande giuste e di analizzare le reali cause e gli effetti conseguenti dei nostri comportamenti.
E così possiamo solo registrare il paradosso che stiamo vivendo: ottenere risposte giuste a domande sbagliate, spinti da motivazioni irragionevoli.