Cosa c’è dietro la leadership di Draghi

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Sono ormai settimane, mesi che nutro il sospetto, ormai divenuto certezza, che siano in molti, come me, ad ammirare Mario Draghi. Non è solo una questione di ammirazione, è una questione di entusiasmo vero e proprio, quella che accomuna molti miei colleghi.

Dico entusiasmo perché a parlare con i consulenti finanziari, la sensazione diffusa è che molti non solo lo stimino come premier, ma lo vorrebbero anche come presidente della Repubblica, manager del proprio ufficio, direttore della banca dove lavorano e, se possibile, amministratore del condominio dove abitano.

Oltre che per mio interesse personale, ho quindi deciso di approfondire l’argomento e cercare di comprendere meglio le ragioni di tale successo, soprattutto per la risonanza che esso ha nella nostra società, nella politica e nel mondo della finanza.

Si sa, Mario Draghi nasce nel mondo dell’economia e della finanza, sia per gli studi intrapresi sia per gli incarichi svolti durante la sua carriera, Goldman Sachs, Banca Mondiale e Banca Centrale Europea per citarne solo alcuni. Forse proprio per questo background finanziario, molti nutrono il dubbio, o la speranza, che non possa svolgere un ruolo prettamente politico ma sia destinato a rimanere un “tecnico”, anche ora che è a Palazzo Chigi.

Quando però ci si sofferma sull’enorme portata del suo Whatever it takes non si può, a mio avviso, non scorgere il piglio e la fermezza di un uomo che è anche intimamente, innatamente, politico, nel senso che la sua presa di posizione ha necessitato allora, come ora, di leadership e non solo di conoscenza tecnica.

Credo sia universalmente condiviso il fatto che Mario Draghi, almeno per ora, non abbia alcun interesse a scendere nell’arena politica e fondare un suo partito, ed è proprio questo che, pur votandolo agli occhi di molti come un ”tecnico”, gli permette di svolgere al meglio il suo compito, quello di aiutare l’Italia a recuperare il PIL e i fasti di un tempo; d’altra parte, se fosse un semplice tecnico, come il nostro Paese ne ha già visti negli anni passati, nessuno si aspetterebbe da lui ciò che invece tutti, più o meno segretamente, si aspettano: l’impossibile.

Era il 2011, poco prima di intraprendere, come governatore della BCE, quella serie di azioni che permisero di salvare l’euro e l’Europa, quando disse: “Gli amici mi dicono che raramente mi tiro indietro davanti ad un compito impossibile”. Prese quella sfida sul serio, per dare una svolta agli equilibri e alle forze che in quel momento evidenziavano una profonda crisi, e decise di farlo “a qualunque costo”, imponendosi anche sulla Germania, che all’epoca non era certamente d’accordo con la sua manovra. Rese così possibile qualcosa che sembrava impossibile.

Questo orizzonte fa da precursore all’impossibile che tutti oggi si aspettano da lui e che solo lui, a mio avviso, può rendere possibile. Perché?

Perché ci ha dimostrato, e continua a farlo, che sa tenere posizioni scomode e prendere decisioni impopolari senza scendere a compromessi con le altre parti in causa. Proprio come sta facendo al Governo, dove ascolta le ragioni di tutti ma poi tira le fila del discorso e si assume la responsabilità di una decisione.

Perché sa assumere la leadership in ogni situazione, e non solo in via teorica o per una questione di “ruolo”, bensì nel concreto e mirando al risultato da ottenere. Perché sa essere pragmatico, ovvero sa guardare al problema con lo sguardo di chi è già alla ricerca della soluzione più efficace possibile. Perché predilige i fatti alle parole, anche se quando parla sa essere preciso e puntuale come una lama.

Perchè, forse per indole o per l’educazione ricevuta dai gesuiti, ha un’etica del lavoro ferrea, una disciplina e un’abnegazione che lo portano a credere di dover portare a termine il suo compito come una missione, anche e soprattutto quando richiede coraggio. Lui stesso dichiarò che a dare forma al suo modus operandi e alla sua visione del mondo fu l’idea che se perdi il denaro o l’onore in qualche modo, per quanto difficile, puoi recuperarli, ma se perdi il coraggio hai perso tutto.

Perché, memori della sua preparazione e del suo coraggio, l’Europa e il mondo intero lo stimano e lo tengono in grande considerazione.

Ecco, quindi, che per tutti questi motivi, che non sono altro che la capacità di essere a capo e di guidare le istituzioni de facto, che oggi l’Italia ha una chance autentica di tornare ad essere il grande Paese che è e ad assumere una leadership sulla scena politica europea anche per merito di Draghi, come attraverso il riflesso della sua stessa leadership e grandezza.

In effetti, è con questa chiave che leggo il plauso che gli è riservato: quello che ci colpisce e ci dà speranza per un’Italia migliore è il fatto di vedere scendere in campo non solo uno dei tanti tecnici o politicanti, quelli a cui siamo abituati da troppi anni, bensì un leader, qualcuno in grado di guidare la sua “squadra” verso la salvezza… whatever it takes.

Vito Ferito, 16/11/2021

 

 

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