L’ultimo e più importante rapporto mensile sull’inflazione uscirà alle 8:30 ora di New York oggi giovedì 13 ottobre. Le azioni sono già state abbastanza nervose ieri con il dato sulla produzione (producer price index) peggiore rispetto alle attese e alcuni analisti hanno previsto che un risultato negativo oggi potrebbe far crollare le azioni anche del 5%.
Ma sarà vero? Cosa ci si aspetta dal dato CPI di settembre? E come reagiranno i mercati?
Per rispondere andiamo a vedere come hanno reagito i mercati i mesi scorsi e commentiamo insieme i diversi scenari che si potrebbero verificare oggi
Cos’è successo nei mercati i mesi scorsi quando è uscito il dato sull’inflazione? Lo possiamo vedere nella tabella in allegato
Fonte dati articolo Bloomberg, rielaborati da https://www.mytradingway.it/
Andiamo a vedere perché ci sono stati questi dati quest’anno.
Prima del 2020, i risultati sull’inflazione non erano di certo il dato più atteso dei rapporti economici che escono ogni mese. Le variazioni dei prezzi erano basse e prevedibili da decenni, quindi a nessuno importava davvero.
Ma dopo oltre 2 anni di inflazione in aumento, carenza di beni dal lato dell’offerta e problemi di supply chain, con inflazione in costante aumento, il CPI è la lettura più importante per i mercati ogni mese.
La posta in gioco è alta oggi. Un analista di JPMorgan ha previsto un calo fino al 5% subito se ci fosse un altro rapporto sull’inflazione “surriscaldata”, mentre il VIX (ricordiamo che è l’indice della paura) indica una potenziale mossa di poco inferiore al 3% entro la fine della settimana che si chiude domani.
In gran parte a causa dell’inflazione incontrollata nell’ultimo anno, le azioni sono crollate nel 2022, annullando tutti i guadagni del mercato rialzista del 2021 e minacciando di rallentare anche i guadagni del 2020.
L’inflazione rallenterà mai?
Nella lettura di settembre non saremo ancora per nulla vicino all’obiettivo della Fed del 2% di inflazione “core” annuale.
Mentre la Fed aumenta i tassi di interesse, la domanda nella mente di ogni investitore è quando si fermerà, perché questo dice loro qual è il prezzo equo da pagare per le azioni. Nessuno conosce con certezza il percorso dell’inflazione e dei tassi, ma possiamo fare alcune ipotesi plausibili.
Vari analisti utilizzando modelli econometrici pubblicamente disponibili stimano la necessità probabile di un tasso di interesse compreso tra il 4 e il 4,5% circa e un inasprimento quantitativo (Quantitative tightening) incessante.
Il mercato ora ha già dato un prezzo a questo, lo ha già “scontato”. La domanda ora è se funzionerà o se la Fed sarà costretta a salire ancora di più di fronte a un’inflazione ostinata e resistente, in quanto dovuta non solo ad un eccesso di domanda ma ad una carenza di offerta.
La Fed non può gettare la spugna qui e lasciare che l’inflazione sia dell’8% all’anno o più per sempre. Sarebbe la rovina per tutti noi e ciò alla fine farebbe perdere all’America il suo più grande privilegio: avere la valuta di riserva mondiale e l’aumento del tenore di vita che ne deriva.
Il modo principale in cui la Fed reprime l’inflazione è l’inasprimento delle condizioni finanziarie (titoli più bassi, yields più alti, dollaro più forte).
Il CPI positivo di agosto è stato uno shock brutale per le azioni perché ha mostrato che gli sforzi della Fed non stavano funzionando.
Ma perché non stavano funzionando?
Il motivo principale per cui non stavano funzionando era che i mercati si erano innamorati dell’idea di un atterraggio morbido (soft landing) della Fed da giugno a metà agosto, acquistando titoli, facendo crollare i rendimenti obbligazionari e spingendo il dollaro al ribasso. Ma i mercati sono riflessivi.
Con le azioni in rialzo del 17% circa in un paio di mesi da giugno ad agosto, le persone hanno sicuramente colto l’impulso che aumentare la spesa e il calo del dollaro ha reso le importazioni più costose, portando a un pessimo risultato sull’inflazione e di conseguenza sui mercati che hanno reagito con le seguenti consistenti perdite in un singolo giorno
The Dow Jones Industrial Average, il 13 Settembre, quando sono usciti I dati sull’inflazione di Agosto, è sceso di 1,276.37 punti, ovvero del -3.94%.
L’S&P500 di 177.72 punti, ovvero del -4.32%.
Il Nasdaq Composite Index di 632.84 punti, ovvero del -5.16%.
Quel giorno, tutti e tre gli indici hanno avuto la loro peggiore performance da Giugno 2020.
Tutte queste condizioni hanno reso impossibile finora per la Fed l’ottenimento dell’obiettivo di diminuzione dell’inflazione, ma a sua volta quello che è successo a Settembre potrebbe creare le condizioni affinché l’inflazione di Settembre possa essere migliore del previsto, o almeno non così grave come si temeva.
Se ciò accadesse, tutti potrebbero riversare nuovamente denaro in azioni, solo per essere schiaffeggiati nuovamente da un rapporto di inflazione scadente in un mese o due a causa del rialzo dei mercati e del calo del dollaro.
E quindi cosa ci aspettiamo oggi?
Alta volatilità con un’inflazione ancora molto lontana dall’obiettivo della Fed del 2%, ma si spera non così terribile, a causa dell’inasprimento delle condizioni finanziarie già in atto da svariati mesi.
In tutti i casi, allacciate le cinture perché fare trading in giorni come questi è come lanciare una monetina o peggio ancora come andare in un campo pieno di mine.
Fonte Bloomberg, rielaborati da https://www.mytradingway.it/
Silvia Vianello, 13 ottobre 2022