Crisi da Covid-19. La crisi da Covid-19 che la società italiana sta affrontando è oltremodo complessa. I suoi profili sanitari si legano indissolubilmente con quelli sociali ed economici e da ciò sono nati alcuni pregiudizievoli ritardi, i molti apprezzabili risultati e la diffusa e crescente incertezza che la connota.
Com’è giusto che sia il diritto alla salute è stato, è e dovrebbe essere il primo obiettivo del decisore politico. La crescente riallocazione di risorse finanziarie verso la salute pubblica ha tamponato dignitosamente, anche e soprattutto per la dedizione alla sua missione del personale sanitario, l’emergenza nei punti di maggiore crisi del Nord Italia. Sta procedendo con l’adeguamento dei presidi sanitari in tutto il territorio nazionale. La speranza mai celata è che la linea Gotica regga impedendo al virus di accedere indisturbato nelle regioni meridionali dove le scelte delle classi politiche del passato hanno consapevolmente depotenziato un sistema sanitario locale oggi poco attrezzato a combattere un nemico visibile solo quando colpisce inesorabilmente.
I profili sociali sono nati dall’isolamento degli anziani e dalla frammentazione dei legami fra le giovani generazioni. Di assistenza alle fasce più fragili della popolazione non si è proprio parlato. I bisogni dei nostri padri e dei nostri nonni si sono accresciuti con le quarantene e, salvo l’eccezione dell’estensione della legge 104, le nuove necessità, acuite dai vincoli agli spostamenti, sono state affrontate dal welfare familiare o dai corpi intermedi della società quali le associazioni del terzo settore. La chiusura delle scuole ha interrotto il principale e sano canale di socializzazione fra i giovani. L’utilizzo delle tecnologie dell’informazione nella didattica a distanza ha aumentato sicuramente, in un paese nel quale solo il 69 per cento della popolazione – contro l’81 per cento della media europea- ha accesso ad Internet, il digital device fra gruppi sociali. Questo è tanto più vero ove si consideri che gli studenti più giovani, gli alunni delle elementari, per quanto nativi digitali, devono essere assistiti e che non in tutte le famiglie esiste la disponibilità di una pluralità di strumenti di navigazione.
La valenza economica del Covid-19 è innanzitutto collegata al clima di aumentata incertezza connessa all’intensità e alla durata attesa del contagio. Il contenimento e la revisione merceologica dei consumi delle famiglie ed il rinvio nella realizzazione di progetti d’investimento delle imprese, comprime la domanda aggregata dell’economia, dunque i ricavi degli operatori e la riduzione della liquidità accresce la vulnerabilità di interi settori produttivi, in primis quelli che hanno subito maggiormente gli effetti della ricomposizione della domanda (edilizia, commercio, ristorazione e turismo), successivamente gli altri. Non solo quelli dei prodotti finali ma anche quelli dei prodotti intermedi. La diffusione del contagio è capace di interrompere la divisione internazionale del lavoro e con questa le catene del valore globale. Un blocco, anche solo parziale, nel mercato della componentistica aggiunge una crisi d’offerta a quella da domanda. Il contesto macroeconomico richiede per la sua correzione politiche monetarie e fiscali espansive pur nella consapevolezza che potrebbero essere, se non riviste nei loro strumenti tradizionali, inefficaci o addirittura controproducenti.
La sospensione del Patto di stabilità, la possibilità di erogare aiuti di stato ed una politica monetaria oltremodo espansiva della BCE hanno permesso di guadagnare tempo. Due decreti legge governativi sono intervenuti nei punti di maggiore illiquidità del sistema paese, garantendo i redditi dei lavoratori dipendenti, lo slittamento degli adempimenti tributari ed il potenziamento del Servizio sanitario nazionale. La proroga, al febbraio 2021, del sistema di allerta previsto nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha reso meno drammatica ed attuale l’accresciuta probabilità di default delle imprese.
Le previsioni economiche per il 2020, sempre meno robuste nella loro formulazione, indicano una possibile caduta del PIL ben superiore a quella registrata nel 2009 connessa alla crisi originatasi dai mercati finanziari internazionali. Il paese non può permettersi una riduzione maggiore del 5 per cento della nuova ricchezza prodotta. E’ chiamato a rivedere la sua politica di spesa pubblica e rilanciare gli investimenti in infrastrutture. Troppe grandi opere strategiche, almeno trenta, sono bloccate per procedure amministrative ingabbiate da 220 articoli e 25 allegati del Codice degli appalti, sono un’occasione da non perdere. In una situazione di emergenza la nomina di Commissari sul ”modello Genova” dovrebbe essere la norma.
L’articolo è stato scritto in collaborazione con il Prof. Mauro Marconi