“L’asso pigliatutto” è una variante della “Scopa” tradizionale in cui calando un asso si prende tutto ciò che c’è sul banco. Facendo un parallelismo con il mondo digitale, potremmo paragonare l’asso ad Amazon e alla sua strategia d’espansione che, sempre più tentacolare, mira semplicemente a diventare leader in ogni settore in cui si inserisce.
Avendo in anticipo capito che il futuro del commercio sarà phygital, dopo l’esperimento degli Amazon Go, il colosso di Jeff Bezos – secondo quanto anticato dal Wall Street Journal qualche tempo fa – sta programmando di aprire negli USA delle vere e proprie mini catene di negozi specializzati in marchi di alta qualità o nei prodotti a marchio proprio, soprattutto nell’abbigliamento, negli articoli per la case o nell’elettronica.
Nulla di più naturale a ben vedere utilizzando una sorta di “manovra a tenaglia” fisica e digitale nei confronti dei competitor che non sono in grado di stare nel mercato, i quali dovranno poi decidere se abbandonarlo o unirsi ad Amazon stesso.
Un approccio di questo genere è stato adottato poi, anche in Italia, nell’ambito della logistica B2C (un comparto che vale il 51% del fatturato globale dei pacchi), in cui Amazon ha contribuito fortemente a creare tanto la domanda quanto l’offerta, essendo di fatto sia il principale operatore del commercio elettronico nel nostro Paese sia anche un importante soggetto (diretto e indiretto) della logistica.
Secondo, infatti, alcuni dati citati dall’Agcom (relativi però al 2019 e quindi ad una condizione persino meno favorevole), Amazon vendeva in Italia per un valore di 2,9 miliardi di merci, coprendo il 17% delle vendite online. Nell’attuale scenario, quindi, Amazon è contemporaneamente il principale concorrente e il primo cliente degli altri operatori. Una situazione che però non si sa quanto potrà ancora durare.
Nel segmento dei pacchi consegnati a casa, infatti, la sua crescita è stata finora inarrestabile. Partito col 4% del 2016, si stima che nel 2022 avrà il 66% del mercato ed è evidente che la crescita del commercio elettronico del 2020 non abbia fatto altro che favorire la rapida evoluzione dello scenario.
Il fenomeno, per i piccoli e gli operatori alternativi, va affrontato in scala di grigi e non con un approccio da bianco o nero che non condurrebbe da nessuna parte, consapevoli che una liberalizzazione imposta senza vera concorrenza è nociva tanto quanto il monopolio che, è evidente, in questo settore non può considerarsi “naturale”.
Quello che serve è collaborare da un lato e creare alternative credibili ed efficienti dall’altro. Ovvero, in sostanza, utilizzare lo stesso principio che Amazon per primo ha adottato, magari federando le piccole imprese e offrendo loro un servizio altrettanto efficiente. Una soluzione potrebbe essere quella di andare in controtendenza e puntare sulle aree in cui i grandi ancora fanno fatica: sul commercio locale, la capillarità e la valorizzazione del territorio.
Già nel breve periodo, i progetti di successo saranno quelli capaci di innescare un reale legame tra acquirente, prodotto e venditore, offrendo anche la possibilità di aderire a progetti etici e di valorizzazione territoriale. Questo vale sicuramente per quanto riguarda l’approccio phygital al mercato dei piccoli e dei medi operatori ma vale anche per tutti quelli attivi nella logistica, mantenendo la consapevolezza che le dimensioni contano ma non sono tutto.
Maurizio Pimpinella