Economia

Diplomacy is back, il G7 del multilateralismo e della globalizzazione matura

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In Cornovaglia è finita la parentesi della “Zoom diplomacy”. Ed è tornata la diplomazia. Quella vera. Fatta di sguardi, pacche sulle spalle, prossemica da decifrare. Tatto e contatto. L’unica diplomazia che possa esistere ed essere davvero efficace. Dopo un anno di schermi pieni di caselline tristi dentro le quali si vedevano i volti impacciati dei leader mondiali costretti a videochiamate spesso imbarazzanti, come quando la Merkel spense la webcam e suoi colleghi furono costretti ad ascoltare la sua voce guardando solo una sua foto ieratica, finalmente i sette grandi del mondo si sono incontrati di persona in Gran Bretagna per il canonico G7 di giugno. 

Un evento che oltre l’importanza consueta ha questa volta anche un significato più che simbolico. I leader delle più grandi economie e democrazie del mondo hanno lanciato un messaggio: l’incubo è passato. Possiamo sederci attorno a un tavolo senza mascherina, chiacchierare, sfiorarci. Un messaggio potente inviato ai cittadini del pianeta, nello stesso giorno in cui uno stadio, l’Olimpico di Roma, ha riaperto le porte ai tifosi, primo fra tutti il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, per dare il via a Euro2020. E che sia l’estate del 2021 ad ospitare un evento nel cui logo resiste un anno già tramontato non importa. Anzi è il giusto e rispettoso omaggio che il tempo presente, pieno di speranza, ha concesso al tempo passato, così carico di lutto, di dolore e di incertezza.

Il mondo è pronto a ripartire. I leader hanno lanciato i loro messaggi, nel modo più semplice. Gesti immortalati da foto e video e poi postati su profili ufficiali di Twitter, il social preferito dalla politica e dal mondo dell’informazione. Perché sempre di più la comunicazione politica è giocata da frame che definiscono una cornice di senso immediatamente comprensibile dalle masse, decifrabile senza sforzi di astrazione. Così Biden da un lato posta la “foto di famiglia” del G7 e gli inchioda sotto una didascalia fulmina: diplomacy is back. Dall’altro Mattarella sul profilo del Quirinale si mostra mentre si dà di pugno, una volta sarebbe stata una stretta di mano, nel palco autorità dell’Olimpico con il presidente della Uefa Aleksander Ceferin.

La normalità è a portata di mano. La macchina dello spettacolo, quello sportivo, ma anche quello politico, può essere rimessa in moto. Le mascherine riposte nei taschini delle giacche. Il mondo può riprendere a girare. Ma vogliamo che giri alla velocità e con il ritmo di prima? Forse l’esperienza pandemica ha fornito una maggiore consapevolezza ai leader mondiali: essere pronti agli imprevisti globali e coordinare gli sforzi è ineludibile; investire e tanto per una transizione ecologica vera non più procrastinabile; le grandi Corporation devono contribuire alla ripresa economica attraverso un contributo fiscale consistente, omogeneo a livello globale, consapevole. 

L’era della globalizzazione dopo l’esperienza pandemica entra dunque in una fase più matura. Ed è la sua concretizzazione l’unico strumento ideologico capace di fermare i rigurgiti nazionalistici, protezionistici, illiberali. Il multilateralismo su temi come clima e gestione delle materie prime non può essere eluso. Sul punto USA e Cina saranno costretti a trovare un’intesa. Le filiere di produzione dovranno essere accorciate o comunque duplicate con modelli di riserva a funzionamento non più globale, ma continentale. La solidarietà e la cooperazione internazionale, a partire dalla distribuzione dei vaccini al mondo in via di sviluppo, sarà una necessaria, prima che doverosa, esigenza che le economie avanzate dovranno concretizzare. La globalizzazione resta l’unico strumento ideologico per dare risposte efficaci a problemi che riguardano tutti gli abitanti del pianeta. Risposte parziali, nazionali, egoriferite in tema di sostenibilità ambientale e sviluppo sociale non sono sufficienti a garantire un futuro possibile per il pianeta. 

I leader del mondo dalla pandemia hanno almeno compreso che restare rinchiusi dentro un quadratino di uno schermo non è bello ed efficace, umanamente e diplomaticamente, come stare dal vivo tutti fisicamente gli uni vicini agli altri. Un sentimento umano che non andrebbe mai dimenticato. Il prossimo ci è necessario. 

 

Antonello Barone