Taiwan: sotto assedio l’isola dei semiconduttori

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E’ stato l’incontro tra la Presidente di Taiwan Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera dei rappresentanti usa Kevin McCarthy ad alzare  nuovamente la tensione nell’Indo Pacifico, un’area interessata negli ultimi anni da un crescendo di nervosismi che avevano raggiunto livelli di guardia quando nell’agosto del 2022, la speaker statunitense Nancy Pelosi per difendere a suo dire  la democrazia dell’isola dalla minaccia cinese atterrò a Taipei, fu la visita di più alto grado dal 1997, ma forse quella visita  fu più di ordine economico,  al fine di  coltivare e rafforzare gli interessi americani nell’isola soprattutto  nel forte settore tecnologico che  in quel territorio è molto all’avanguardia ma non solo anche per assumere un maggiore controllo sull’area del Pacifico.

In questi giorni  ad alzare la tensione nello stretto più “affollato” del mondo è stata la presenza di  8 navi   da guerra cinesi e  di un numero considerevole di  aerei intorno all’isola di Taiwan, un’esercitazione militare quella della Cina nei pressi dell’isola che è più un monito rivolto alla Presidente dell’isola dopo l’incontro con lo speaker statunitense che un’esercitazione militare; ma non è solo Pechino  ad affollare quell’area di mondo anche il passaggio di un cacciatorpediniere statunitense agli inizi di gennaio ha solcato quelle acque, scatenando l’incitamento da parte della Cina verso Washington a smettere di aumentare le tensioni e  minare la stabilità.

Da  sempre la Cina rivendica la sovranità sull’isola più democratica se non l’unica  dell’area asiatica e per Pechino significa riunificare l’isola alla Cina anche se di fatto Taiwan non è mai stata sotto il controllo della Repubblica popolare cinese.

Ma perché l’isola di Taiwan è così importante per la Repubblica popolare cinese e perché Washington in caso di bisogno è pronto ad intervenire anche militarmente in sua difesa  cosa che non ha fatto con l’Ucraina.

I  colossi tecnologici attivi nel cruciale settore dei semiconduttori hanno un ruolo determinante.

Ed è proprio Taiwan  che ad opera del gigante Taiwan semiconductor manufacturing company, meglio conosciuta come TSMC,  sta raggiungendo  il traguardo della produzione di massa di semiconduttori a 2 nanometri.

Stiamo parlando di microchip e la TSMC ha dimostrato di saperli produrre  e ha anche  dimostrato di  avere quelle capacità tecniche di molto superiori  ai concorrenti del settore.

Per rendere l’idea di cosa sia il colosso TSMC di Taiwan, basta dire che è il più grande produttore di chip a contratto del mondo ed entro il 2025  inizierà la produzione di massa di chip a 2 nanometri,  si tratta di chip più veloci del 10% a parità di potenza e risparmieranno il 25 – 30% di energia al pari di  velocità rispetto a quelli da 3 nanometri, e saranno contraddistinti dalla nuova tecnologia “transistor nanosheet”    per migliorare le prestazioni e l’efficienza energetica, e  porterà il colosso TSMC a divenire la seconda azienda del settore dei semiconduttori dopo Samsung.

Per avere l’idea del perché vi sia tanto interesse intorno alla TSMC, basta considerare che circa due miliardi e mezzo di persone,  ogni giorno,  utilizzano prodotti contenenti semiconduttori prodotti dal colosso di Taiwan tra le sue commesse è opportuno ricordare Apple, Media Tek, Qualcomm…

Il mondo e la gente comune  ha avuto contezza dell’importanza dei microchip quando ve ne fu carenza   durante la pandemia da covid 19.

Taiwan è la ventiduesima economia al mondo ed è la patria della produzione dei semiconduttori il colosso TSMC è il fuoriclasse.

Nei prossimi anni TSMC ha come obiettivo la produzione di chip da 1 nanometro e tanto per avere un parametro i competitor cinesi hanno abbattuto solo di recente i 10 nanometri, la dice lunga che in Cina le industrie di semiconduttori sono passate in un anno da 66 a 91 ed è per questo che il colosso di Taiwan vuole  rendere sempre più micro i loro chip.

Ma Taiwan non è solo microchip, è fondamentale anche a livello strategico vista la sua posizione geografica,  se fosse conquistata da Pechino diventerebbe una sorta di trampolino  sul Pacifico e questo gli Stati Uniti non possono permetterlo. Il  paese di Xi Jinping  aumenterebbe di molto la sua influenza militare sull’area dell’Oceano Pacifico, prendendo il controllo pure dello Stretto di Luzon, un punto di passaggio determinante  per le navi che portano il gas liquefatto in Asia nordorientale e Pechino potrebbe adottare politiche di restrizione in merito alla libertà di navigazione in quelle acque a sfavore ovviamente anche dell’America.

In quel mare passa un terzo del commercio totale globale e in quell’area vi sono riserve ittiche e giacimenti di idrocarburi  e con il valore aggiunto per la Cina di  aver inglobato quella che è al momento la ventiduesima economia mondiale impadronendosi della fondamentale industria di microprocessori di Taiwan che è unica al mondo e strategica per lo sviluppo tecnologico globale.

Da parte sua  Taiwan sta cercando di preservare e mantenere il proprio status democratico che le ha permesso di progredire, che oggi sembra essere sempre più a rischio.

Un rischio così importante da far scorgere alla Presidente dell’isola un’analogia con quello che sta accadendo in Ucraina, dove si sta consumando una guerra che nasce da desideri imperialistici.

E su questo fronte il governo di Taiwan si muove per non rimanere isolato  anche  alla ricerca di investitori per poter sviluppare un proprio sistema di comunicazione satellitare per far sì che i media  possano raggiungere il territorio di Taiwan in un’eventuale momento di emergenza ad imitazione di quanto sta facendo Zelensky e considerato che Xi Jinping ha di recente ricordato  come la riunificazione della madrepatria sia un’aspirazione condivisa dalla popolazione di entrambe le sponde dello stretto di Taiwan fa ben pensare che ci troviamo davanti ad un  “copia e incolla” di  quanto  sta accadendo  tra Russia e Ucraina solo che in questo caso specifico l’intervento militare dell’America sarà scontato.

Un impatto questo lontano migliaia di chilometri che avrà ripercussioni di non poco conto e non proprio positive sullo sviluppo economico internazionale non lo osserviamo cosi tanto da lontano perché ci è più vicino che mai.

Lorena Polidori, 9 aprile 2023

 

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