Ci sono tutte le ragioni per crederci. Grazie ad una sempre più efficiente campagna vaccinale, all’effetto delle drastiche misure di contenimento, questa primavera sarà la stagione di un progressivo, pur cauto e prudente, ritorno alla normalità. Proprio per questo appare utile, certo con cautela e prudenza, cambiare la linea di navigazione, impostata su blocchi, rinvii, e proroghe, che è stata perseguita in quest’ultimo anno sotto l’onda drammatica della pandemia.
Alcuni esempi. E’ stato giusto, doveroso e coerente vaccinare subito medici e personale sanitario che sono rimasti e hanno continuato a curare i malati e a vivere negli ospedali. Poi sono stati vaccinati i professori delle scuole di ogni ordine e grado, università comprese. Ma perché le scuole continuano ad essere chiuse e non c’è alcun progetto di riapertura collegata all’avanzamento delle vaccinazioni?
Un altro esempio. Nell’ambito delle misure per contenere gli effetti della crisi è stata decisa, non solo in Italia, la possibilità di chiedere una moratoria sui prestiti bancari. L’Italia è stato il Paese che ha maggiormente usufruito di questa possibilità con la Banca d’Italia che ha stimato in 300 miliardi il valore delle richieste per almeno tre quarti ancora in essere. E la scadenza prevista per il 31 marzo è già stata prorogata a fine giugno.
Ma, c’è da chiedersi, non sarebbe il caso di valutare misure differenziate a seconda dei diversi gradi di rischiosità dei settori economici per non ritrovarsi all’improvviso in mare aperto?
Lo stesso dovrebbe avvenire con il blocco dei licenziamenti, con la promessa di una gradualità come preannunciato dallo stesso presidente del Consiglio nel discorso per la fiducia. Bene. Intanto il blocco è stato prorogato anch’esso a fine giugno.
Un provvedimento che è stato preso immediatamente nei mesi del lockdown nella primavera scorsa e che si è ripetuto subito in autunno al manifestarsi della seconda ondata è stato il blocco degli spostamenti non solo tra regioni, ma nelle zone rosse e arancioni anche tra i comuni.
Una misura che se poteva essere giustificata nei momenti più difficili, diventa un’inutile vessazione se viene prorogata e diviene una regola e non un’eccezione. I rischi di contagio nascono dagli assembramenti e dai contatti stretti non certo nel fare due passi nei boschi del comune a fianco o anche a 50 km. di distanza e in un’altra regione.
La Svizzera, che ha imposto misure rigide come la chiusura totale di negozi, bar e ristoranti, non ha mai minimamente limitato la libertà di spostamento all’interno della Confederazione. Per l’Italia sbloccare con gradualità e prudenza le possibilità di movimento sarebbe un segno di fiducia nel futuro e di speranza nella possibilità di far rispettare le necessarie regole di igiene e sanità.
Avviarsi verso una nuova normalità non sarà certo facile, ma … se non ora quando? Anche perché solo con misure concrete e costruttive si potrà riavviare non solo l’attività economica, ma anche quella dinamica sociale che sta alla base della crescita e della risposta ai bisogni delle persone.
Gianfranco Fabi