Economia digitale: grandi cambiamenti entro il 2022

Il digitale si è sviluppato molto nel corso degli ultimi due anni, ma non ha ancora espresso il suo pieno potenziale. Secondo la presidente del B20 Emma Marcegaglia sarà il 2022 l’anno del cambiamento e a farlo saranno le nuove industrie che conquisteranno il mercato.

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Stiamo vivendo un periodo in cui ogni attività lavorativa si sta convertendo al digitale. Negli ultimi due anni, spinti anche dalle circostanze avverse, quasi tutti i settori del mercato hanno dovuto adattarsi a grandi cambiamenti per venire incontro alle necessità della popolazione e dell’economia globale. Quello che però è avvenuto finora non è che una parte della vera rivoluzione digitale: c’è ancora molto potenziale inespresso che aspetta di essere sviluppato e messo a frutto.


Il futuro del digitale

Per chi di voi non ne fosse a conoscenza di recente si è svolto il B20, il business summit legato al G20 e riservato ai protagonisti del panorama economico internazionale. Per la prima volta dalla sua creazione quest’anno è toccato all’Italia assumere la Presidenza dell’evento, la cui guida è stata affidata all’industriale Emma Marcegaglia. I temi scelti come argomenti principali per questa edizione sono stati Trade & Investment, Energy & Resource Efficiency, Integrity & Compliance, Employment & Education, Digital Transformation, Finance & Infrastructures, Health & Life Sciences e Sustainability & Global Emergencies.

Proprio in ottica di digital transformation la presidente Marcegaglia, aprendo il forum “Digital transformation in production for sustainable growth”, ha affermato che «Entro il 2022 il 60% del Pil mondiale dipenderà dalle tecnologie digitali», facendo riferimento come fonte ai dati stimati dal Wto. Nell’ottica del raggiungimento di tale obiettivo, ha continuato l’ex presidente di Confindustria, lo scopo di questo B20 è «quello di promuovere una cooperazione pubblico-privato nella ricerca tecnologica, ma anche garantire uno sviluppo e una diffusione delle tecnologie etica e responsabile».

L’imprenditrice ha proseguito poi esponendo i principali fattori per i quali la trasformazione digitale del nostro paese non ha ancora raggiunto il suo massimo nei due anni trascorsi dall’inizio del processo, additando l’eterogeneità dei servizi di rete a livello nazionale (argomento che avevo già trattato in un altro mio articolo), la mancanza di fiducia nelle tecnologie digitali e un bagaglio di competenze digitali insufficienti tra i cittadini e le imprese come i problemi da superare per poter giungere all’obiettivo pronosticato.


Un cambiamento profondo

In linea di principio non posso che essere d’accordo con quanto affermato dalla Marcegaglia: il digitale già nel prossimo futuro diverrà il motore centrale dell’economia e i risultati raggiunti fino ad ora sono stati limitati dalla carenza di infrastrutture e sistemi adeguati distribuiti uniformemente sul territorio unita ad una formazione digitale da parte della popolazione spesso lacunosa e non all’altezza degli standard richiesti. Tali ostacoli, se i vari piani per la digitalizzazione proposti a livello nazionale e internazionale verranno portati a termine, saranno eliminati entro breve termine e perciò si potrà assistere alla piena realizzazione del potenziale digitale.

Quello che però prevedo avverrà, a differenza di quanto pronosticato, è che non assisteremo ad un adeguamento delle vecchie industrie al nuovo standard ma una vera e propria sostituzione di queste imprese da parte di nuove realtà più giovani e al passo coi tempi. Per capire la mia affermazione basta riflettere un attimo sull’intera faccenda: i costi necessari ad adeguare ai nuovi standard le vecchie linee produttive e formare i dipendenti sono decisamente alti, mentre le odierne startup necessitano di meno capitali per essere avviate: dovendo sostenere solo le spese necessarie per acquistare macchinari già al passo coi tempi e potendo assumere fin dall’inizio personale già formato queste nuove società partono in posizione di vantaggio rispetto alle altre e, proprio in virtù di questo, saranno loro a imporsi sul mercato che verrà.

A questo bisogna inoltre aggiungere che queste startup spesso propongono soluzioni innovative tali da rivoluzionare il proprio stesso settore di business, creando nuovi paradigmi di mercato e obbligando i concorrenti ad adattarsi o fallire. Di fronte ad una simile disparità è chiaro che le probabilità di una completa rivoluzione digitale sono molto maggiori rispetto a quelle di un adeguamento della vecchia economia. Prendendo oltretutto in considerazione che i dati mostrati da Maximo Ibarra, presidente in carica della Task force Digital Transformation del B20, che stimano un aumento del Pil compreso tra il 0,5 e l’1,5 per cento per ogni 10% in più di diffusione di banda larga è evidente come il mercato stesso e anche i governi sarebbero più inclini a seguire questa strada.

Di certo quello che avverrà sarà che, entro la fine del prossimo anno, il processo di trasformazione digitale avrà raggiunto nuovi picchi e si assisterà ad una nuova fase del mercato internazionale. Come questo avverrà si potrà scoprire solo a tempo debito, quello che è possibile fare adesso è cercare di mantenersi il più possibile al passo con le ultime tecnologie e migliorare costantemente la propria formazione digitale.

 

 

Umberto Macchi

 

 

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