Export made in Italy in stallo e la Germania taglia gli acquisti

Ma rispetto al pre Covid c’è un balzo del 30%. Centrali le infrastrutture

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export made in italy container

All’interno dell’Unione europea solamente la Germania e i Paesi Bassi battono il nostro Paese sul fronte dell’export. Per l’esattezza lo scorso anno le imprese della Penisola hanno venduto all’estero per un controvalore di 626 miliardi.

Il dato è sostanzialmente invariato rispetto al 2022. Il motivo è il rallentamento della domanda internazionale e lo sgonfiamento dei prezzi alla produzione. Rispetto al 2019, comunque, le nostre esportazioni hanno fatto un balzo del 30% e del 70% rispetto a 15 anni fa. Naturalmente complice anche la corsa dei prezzi.

A conquistare i mercati internazionali, scrive la Cgia di Mestre nel proprio studio, continua a essere la manifattura made in Italy che da sola esporta per 595 miliardi, quindi vale il 95% di tutto l’export tricolore. Sarebbe però sbagliato pensare che ci siano solo la Moda o il lusso.

In cima alla classifica per controvalore si posizionano infatti i macchinari industriali, quindi la farmaceutica e gli autoveicoli. Mentre perdono posizioni i prodotti chimici, la metallurgia, i prodotti in metallo e la pelletteria/calzature.

In ogni caso a essere apprezzate di più all’estero sono quelle che gli esperti identificano come le “4A”: ovvero Automazione/Meccanica, Abbigliamento/Moda, Alimentare e Arredo/Casa. In sostanza l’Italia conquista per qualità, gusto, design, bellezza e cura dei dettagli.

Ma dove sono i grandi acquirenti del made in Italy? I principali mercati di sbocco restano:

  • Germania (74,6 miliardi)
  • Stati Uniti (67,3 miliardi)
  • Francia (63,4 miliardi)
  • Spagna (32,9 miliardi)
  • Svizzera (30,5 miliardi).

Una cinquina che da sola assorbe quasi la metà del export totale (43%).

Ma proprio il nostro principale partner commerciale, Berlino, ha ridotto gli acquisti (-3,6%) a causa della recessione in cui è piombato. La colpa è dei cavalieri del rigore della Bundesbank che hanno imposto alla Bce di Christine Lagarde di alzare il costo del denaro senza guardare ai danni all’economia. Ma anche noi ne subiamo il fio quando paghiamo il mutuo sulla casa così come le nostre imprese sempre più a secco di liquidità.

 

Tornando allo studio, a livello regionale le aree più vocate al commercio estero sono state la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto insieme fanno più della metà dell’export tricolore. Più precisamente la locomotiva è la province di Milano, che da sola fa come la Toscana e il doppio del Lazio.  Seguono, sempre a livello provinciale, Torino, Vicenza, Bergamo e Brescia.

In queste cinque realtà territoriali, tutte posizionate lungo l’autostrada A4, si produce quasi un quarto dell’intera produzione nazionale di beni esportati all’estero. Una dimostrazione di cui le grandi infrastrutture siano fondamentali per la logistica e quindi per la competitività del Paese.

Per approfondire leggi anche: Ponte sullo Stretto di Messina, in estate al via i cantieri. Qui, invece, come gli attacchi degli Houthi nel canale di Suez mettono nei guai le pmi italiane.

Un messaggio implicito ai talebani del green che non vogliono il Ponte sullo Stretto e che ancora combattono contro la Tav, i gasdotti o il ritorno al nucleare. Vedremo come andrà quest’anno con l’incognita della crisi del Mar Rosso.

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