Senza conoscenza non ci può essere consenso. E nell’era dei social media il primo dato per fotografare il reale stato di conoscenza di un politico o di un partito è guardare al numero di follower sulle principali piattaforme social: Facebook, Instagram e Twitter.
Da un’analisi condotta per il sito nicolaporro.it, reperendo i dati ufficiali sul numero di seguaci che i leader, i ministri e i partiti politici italiani possono contare sui loro profili social, attraverso due scatti ravvicinati, uno prima delle vacanze di Natale e uno all’inizio dell’anno, emerge un dato chiaro: il consenso politico passa sempre di più attraverso un consenso personale che rafforza le leadership e sempre meno attraverso l’adesione degli elettori all’ideologia propugnata dalle forze politiche.
I profili dei leader battono i profili dei partiti. Matteo Salvini, nonostante il notevole calo dei sondaggi a partire dalla crisi politica dell’agosto 2019, resta il leader italiano più seguito sui social. Con oltre 900mila follower di distacco su Facebook lo seguono due esponenti del M5S che della democrazia diretta su internet hanno fatto il loro punto di forza: Giuseppe Conte che ha sfruttato al meglio la finestra temporale alla guida del governo dall’inizio della pandemia al febbraio 2021 per incrementare in modo esponenziale il suo pubblico social e Luigi Di Maio, che in modo costante dal principio della sua avventura politica iniziata nel 2013 ha utilizzato la rete come principale veicolo di comunicazione.
Il primo politico donna in questa speciale classifica, subito fuori dal podio, è la leader dell’opposizione Giorgia Meloni, prossima a superare i due milioni di follower su Facebook. Eppure i due politici che attualmente godono del maggior livello di conoscenza e di gradimento da parte dell’opinione pubblica nazionale, Sergio Mattarella e Mario Draghi, non possiedono alcun profilo social personale. Non li trovate nella nostra classifica, del resto i loro ruoli non sono stati decisi da passaggi elettorali.
Politica e social network in Italia
Secondo i dati dell’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications nel 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2021, diffuso all’inizio di dicembre sulle Agenzie di comunicazione in Italia, sono 14,5 milioni gli italiani che utilizzano Facebook per leggere notizie e 4,5 milioni che si informano solo attraverso i social network.
Il capitolo Comunicazione e media svela che, mentre i telegiornali sono al primo posto come fonte d’informazione per il 60,1% degli italiani subito dopo, la seconda fonte informativa principale è proprio Facebook con una penetrazione media del 30,1%. Datamediahub rileva che “complessivamente Facebook come fonte d’informazione ha una penetrazione di circa il doppio rispetto ai siti web d’informazione e di quasi il triplo rispetto a quotidiani cartacei e quotidiani online”.
Il 16,8% ritiene che il ruolo oggi svolto dai social network nella comunicazione politica sia prezioso, perché così i politici possono arrivare direttamente al cittadino. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano nei giornali e in tv. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In sintesi, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.
I social network hanno così raggiunto un ruolo centrale nella comunicazione politica ponendosi come principali obiettivi quello di informare e persuadere. Come per la vendita di un prodotto, ma se mentre per un acquisto si può valutare a seguito dell’utilizzo, la “promozione politica” è molto più complessa esigendo la creazione di un rapporto di fiducia ed empatia, che passa attraverso un utilizzo corretto e coerente dei social network.
Su questo versante si rivela apparentemente vincitore Matteo Salvini, il leader della Lega che con il suo social manager Luca Morisi aveva messo in piedi una macchina da guerra, chiamata “La Bestia” fino alla sua recente uscita di scena.
Secondo i dati emersi sul sito del Master in comunicazione e Marketing politico e istituzionale della LUISS, tra il 2019 e il 2020, in meno di un anno, ha speso 253.466 euro solo per sponsorizzazioni su Facebook. Pagina in cui vengono pubblicati anche 10 post al giorno, dai selfie mentre mangia alle dirette dall’aula di Palazzo Madama, confermandosi il leader più presente su Facebook. Su Twitter invece vanta “solo” 1,3 milioni di follower nonostante sia il politico più prolifico con una media di 20 tweet al giorno. Ma è su Instagram che ha registrato la più grande crescita. Come? Quadruplicando quasi le sue interazioni negli ultimi tre anni passando dai 520 mila follower nel 2018 ai suoi attuali 2,2 milioni.
Sulla pagina Facebook di Luigi Di Maio vengono pubblicati, con cadenza quotidiana, 2 o 3 post, pochi tweet, generalmente dedicati a pubblicizzare le sue apparizioni sui media tradizionali ed un seguito relativamente basso, in confronto ai primi due in classifica, su Instagram, il social del momento, che ha soppiantato di fatto Twitter e Facebook e che riesce ad arrivare ed intercettare la fascia dei più giovani con 29.6 milioni di utenti in Italia (contro i 38,2 milioni di Facebook) ed entrando nella élite dei “big four” dei social insieme a Facebook, Whatsapp e YouTube. Insomma, 3 su 4 fanno capo a Mark Zuckerberg.
Giorgia Meloni, che su Facebook ospita mediamente 6 post al giorno, pubblica contenuti simili a Salvini mantenendo un approccio spontaneo sui social. Seguendo poi una linea da “opposizione” contestando le decisioni prese dal governo sul profilo twitter con i suoi 1,1 milioni di seguaci.
La sinistra invece deve aspettare in quinta posizione con Matteo Renzi che risulta però essere il personaggio politico più seguito su Twitter con 3,336.852 milioni di follower tuttavia su Instagram si rivela deludente: se nel 2016 i suoi 88 mila utenti gli consentivano di essere il secondo politico italiano più influente su Instagram, oggi con 244 mila crolla nella classifica. Il secondo esponente di sinistra, Zingaretti, si posiziona solo all’ottavo posto.
E Berlusconi? La sua pagina si presenta poco prolifica, anche se in alcune giornate arriva ad ospitare fino a 4 post. Il suo stile si mostra più istituzionale, caratterizzato dall’omogeneità della grafica, linguaggio moderato e poca improvvisazione distinguendosi alla comunicazione “di pancia”.
La politica però si dimostra un gioco individuale e non di squadra. I social hanno definitivamente decretato e messo pragmaticamente in evidenza quanto la politica sia personalistica. I numeri parlano chiaro: mentre il capitano ingaggia 4.66 milioni di fan, la Lega si ferma ad 1,1 milioni, ancora più netto il rapporto su Instagram in cui con 324 mila follower la Lega è 7 volte meno seguita dal suo leader. La giovanissima Italia Viva, nata solo a settembre 2019 può contare su soltanto 96 mila seguaci, ed ancora meno su Twitter con poco più di 37 mila, piattaforma in cui il suo Leader è primo in Italia con 3,33 milioni.
A Di Battista invece piace il ruolo del fantasista, che vagando per il mondo con il suo 1,5 milione di follower si pone al quinto posto. Ma i tempi di Roberto Baggio sono finiti ed infatti su Twitter, la vera arena competitiva della politica, in cui a colpi di Tweet si è spostato buona parte del dibattito politico italiano (e mondiale) si deve accontentare dei suoi 260 mila follower.
Su una classifica di 15 politici, solo due sono le donne, dopo Giorgia bisogna scendere fino al 13° posto per trovare Emma Bonino che va controcorrente rispetto al rapporto tra Follower personali e di partito, con i suoi 100 mila contro 142 mila di Più Europa, ma Della Vedova, diventato segretario nazionale solo a luglio 2021, si ferma a 20 mila follower posizionandosi all’ultima posizione della nostra classifica.
Dalle candidature per l’elezione del Presidente della Repubblica alla pausa natalizia
Sia Salvini che la Lega confermano il loro consenso con una crescita di rispettivamente 8 mila e 9 mila follower in meno di 20 giorni. Scendono i numeri di Conte, Di Maio, Meloni. Mentre i numeri dell’unico candidato a Presidente della Repubblica della lista, Berlusconi, prosegue con la sua crescita guadagnando soprattutto nella piattaforma dei giovani, Instagram, con 4 mila e “solo” 2 mila in più sul social più politico, Twitter.
La squadra del Governo Draghi
Le uniche presenze ufficiali del Presidente del Consiglio si limitano alle pubblicazioni del canale ufficiale di Palazzo Chigi, tenendo una comunicazione sobria ed istituzionale, seguono il suo esempio buona parte dei ministri del suo governo. Tuttavia i partiti a cui appartengono non rispettano la loro linea strategica.
ANSA e DataMediaHub hanno analizzato la presenza su Facebook dei principali partiti politici da poco dopo l’inizio del Governo Draghi, precisamente dal 13 febbraio al 20 marzo 2021.
Il partito con il maggior numero di follower è il Movimento 5 stelle con oltre 1,4 milioni di follower, seguito dalla Lega che con 1,1 milioni di follower ed una media giornaliera di oltre 71 post sulla propria pagina Facebook, per una somma di 2.943 i post pubblicati nel periodo oggetto dell’analisi. Segue con uno stacco importante il Partito Democratico che si ferma a soli 367 mila circa.
A rischio la democrazia?
La politica cambia al ritmo dei social stravolgendo radicalmente la relazione con gli utenti, nonché cittadini ed elettori. L’uso dei media nel “marketing” dei politici ha una storia antica, tuttavia i social portano una grande novità, dirompente: la profilazione dell’utente.
Hanno infatti gli strumenti per segmentare e conoscere preferenze, interessi, posizioni degli utenti ad un livello profondo mai visto prima ma soprattutto la capacità di creare contenuti targettizzati sui singoli, studiati scientificamente per avere massimo effetto nello sfruttare l’emotività irrazionale e gli automatismi del numero più elevato possibile di cittadini al fine di influenzare (o manipolare) le loro scelte.
Una analisi pubblicata su Nature, di Stewart e colleghi (2019), mostra come i social network siano in grado di manipolare il flusso di informazioni e le connessioni sociali tra individui, distorcendo la loro percezione su come altri, appartenenti alla medesima comunità elettorale, voteranno, alterando di conseguenza l’esito elettorale.
L’ utente (ed elettore) si trova inconsapevolmente isolato in una bacheca plasmata appositamente per lui in cui ha la possibilità di vedere contenuti in linea solo con le proprie preferenze ed al contempo è escluso da qualsiasi informazione in contrasto con il proprio orientamento. Il caso di Cambridge Analytica e Facebook all’inizio del 2018 hanno dimostrato il valore costituzionale, prima ancora che economico, dei dati degli utenti.
Sono state raccolte informazioni riservate provenienti da 87 milioni di account senza il consenso degli utenti di Facebook al solo fine di influenzare l’esito delle elezioni presidenziali americane del 2016, indirizzando contenuti mirati agli elettori in base al loro profilo psicologico. È dunque evidente come le piattaforme online svolgano un ruolo estremamente importante nel plasmare il pensiero politico dell’elettorato.
Dopo gli assalti al Campidoglio del 6 gennaio, Twitter e gli altri social network hanno dovuto riconoscere che le loro piattaforme venissero utilizzate anche per incitare violenza, applicando restrizioni ai profili social di Donald Trump mentre era ancora Presidente in carica. Il blocco del suo account si è rivelato un atto politico a tutti gli effetti spaccando l’opinione pubblica in questo dilemma tra libertà di espressione ed informazione e manipolazione ed incitamento all’odio aprendo una riflessione sul ruolo di queste piattaforme nelle democrazie occidentali.
I legislatori stanno lavorando a possibili soluzioni, come la proposta a fine novembre 2021 dalla Commissione Europea, ponendo limiti alle piattaforme digitali in merito al targeting delle pubblicità a sfondo politico, basati su una lista di categorie ritenute particolarmente sensibili, come l’etnia, le convinzioni politiche, l’orientamento sessuale e lo stato di salute.
L’obiettivo delle nuove norme è quello di contrastare l’effetto negativo della personalizzazione dei target politici per le libere elezioni e sul sano dibattito politico. Gli annunci a sfondo politico, infatti, come dimostrato dalla cronaca, possono portare ad estreme polarizzazioni del dibattito politico, oltre alla pericolosa diffusione di fake news. Secondo le ricerche svolte dagli esperti sul tema, i political ads sono stati utilizzati persino per scoraggiare specifici gruppi di elettori dall’esprimere il proprio voto politico, influenzandone l’opinione.
Deborah Ullasci, 8 gennaio 2022