Economia

Germania ancora in recessione. Il made in Italy trema

Il Pil tedesco flette di un altro 0,2%, Berlino studia un piano di intervento

Germania scholz © Muhammad Waqas e STILLFX tramite Canva.com

Il muro (delle speranze) di Berlino si sgretola: per la Germania quello in corso sarà un altro anno in recessione. Anche il governo di Olaf Scholz lo deve ammettere: tagliate le stime del Pil, che è atteso ora in calo dello 0,2% che si somma alla contrazione dello 0,3% accusata lo scorso anno.

Per trovare un altro smacco simile nella storia dell’ex locomotiva d’Europa occorre risalire al 2002-2003, quando l’Economist definì la Germania di Gerhard Schroeder la “malata d’Europa“. D’altronde i principali istituti di analisi tedeschi avevano lanciato un chiaro avvertimento alla fine di settembre,  peggiorando le rispettive previsioni rispetto ad aprile, quando ancora si pensava di poter ottenere una  crescita dello 0,3%. Un risultato modesto ma che sarebbe stato sufficiente per liberarsi dallo stigma della recessione. 

L’appuntamento con il riscatto ora per la Germania è spostato nel 2025, quando alla ripresa del Pil  è appeso anche l’esito delle urne in agenda a settembre per eleggere il nuovo esecutivo. E che il governo semaforo del cancelliere Scholz non abbia finora brillato è lapalisse.

Berlino spera in un rimbalzo dell’1,1% nel 2025, quindi in una progressiva accelerazione del Pil fino all’1,6% nel 2026 che ristori l’orgoglio teutonico. In parallelo l’inflazione, schiacciata dai maxi-tassi Bce tenuti stretti tra gli artigli dei falchi del rigore, riporteranno l’inflazione prima al 2,2% e poi al 2%.

E’ noto che la corsa dei prezzi resti per i tedeschi il Leviatano da uccidere, ma in realtà tutto dipende se la Bce di Christine Lagarde proseguirà, come auspicati, il taglio dei tassi. Lo stesso ministro dell’Economia Robert Habeck ha dovuto ammettere che occorrono riforme strutturali. E anche essere un po’ meno occhiuti sul debito. In realtà la locomotiva tedesca ha perso slancio dal 2018 e ora sya deragliando definitivamente.

Pesano la guerra commerciale in corso di Europa e Stati Uniti contro la campagna di invasione della Cina, di cui l’ultimo atto è stato la ritorsione doganale del Dragone contro il brandy europeo e l’accresciuta competizione internazionale.

Protezionismo che, è noto già agli studenti del primo anno di  Economia, di rado fa bene al Pil mondiale. Ora si attendono le mosse del governo Scholz per provare a risalire la china, con misure speciali che sostengano sia i consumi sia settori un gravissima crisi come quello dell’auto a causa del dicktat elettrico.

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Delle difficoltà tedesche non c’è nulla da stare allegri. Sia per il peso che la Germania ha sul Pil europeo sia perchè quello tedesco è un importante mercato di sbocco per le imprese del made in Italy: dall’alimentare alla moda, dai vini all’arredo, dalla meccanica alla tecnologia, dalla chimica alla componentistica. Molti di questi settori vedono da mesi rilevanti flessioni nell’export.

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