Economia

Gli immobili rappresentano ancora un bene rifugio?

Rassegna del 17 aprile 2019

Economia

La casa, in gergo finanziario denominata immobile, è sempre stato il target principale di circa 80 italiani su 100 sia a scopo abitativo e, per coloro che avevano qualche risparmio in più, anche per accrescere il capitale nel tempo, proteggerlo da inflazione e crolli di mercati finanziari o anche per avere una rendita pressoché costante.

Se questi presupposti sui quali si sono sempre basate le decisioni strategiche in materia d’investimenti immobiliari hanno costituito le linee guida per decenni, praticamente dal dopoguerra fino all’avvento dell’era di internet, oggi, che l’era di internet è stata ampiamente superata e si è entrati nel mondo del trasferimento di energia ad induzione, del metaverso, e soprattutto di una finanza globale connessa a volatilità estrema ed instabilità politica e sociale in gran parte del pianeta, le basi di riflessione su ci poggia la tesi dell’investimento in immobili quali beni rifugio devono essere necessariamente riconsiderate.

Tutti siamo a conoscenza che il mercato immobiliare, sebbene non risenta di tutte le turbolenze economico-sociali di un paese, dipende innanzitutto dalla famosa legge della domanda e dell’offerta ma anche dalla rapidità con cui sempre più aree urbane si sviluppano espandendo i limiti territoriali delle città ed abbassando sensibilmente i prezzi, soprattutto degli immobili non recenti e non rispondenti neanche ai requisiti energetici in primo luogo, e di dimensioni perché il trend, da moti anni a questa parte, è il cosiddetto small loft in città e non mega appartamenti, anche perché le unità immobiliari fino ai 75 metri quadrati tengono il prezzo in confronto a più ampie metrature.

 

La domanda  che un comune risparmiatore di solito si pone è la seguente: se ho 300.000 euro da investire, avendo già una prima casa, conviene acquistare un secondo immobile affinché il mio capitale sia protetto ed allo stesso tempo aumenti di valore nel tempo e produca anche una rendita?

La risposta non è così scontata come magari lo era fino a venti anni fa, e neanche … se consideriamo le grandi crisi immobiliari con conseguenti bolle speculative che sono esplose all’improvviso; tutti ricordiamo il 2008 ma possiamo benissimo anche citare Dubai in cui si è giunti ad un iper-costruito tale da avere interi quartieri praticamente invenduti che hanno fatto inevitabilmente crollare i prezzi, o pensate semplicemente a chi ha investito in immobili in Russia ieri tenendo conto di ciò che sta accadendo oggi.

La prima riflessione da fare, tenendo presente che stiamo argomentando in merito ad un risparmiatore comune, è che un investimento immobiliare è innanzitutto, come insito nel termine, un capitale immobilizzato e difficile da rendere liquido in tempi brevi, come può essere ad esempio un fondo d’investimento dal quale possiamo uscire in tre giorni in caso di necessità improvvise ed anche soltanto per una parte del capitale investito, cosa che non è possibile se possediamo un immobile.

In parole povere ciò significa che in caso di veri e propri crolli di mercato, con un fondo d’investimento in tre giorni siamo fuori attenuando le perdite (se proprio decidessimo di disinvestire ma potremmo anche cambiare linea, cosiddetto switch), con un immobile no e non conosciamo, oltre alle dinamiche di mercato, neanche quale sarà la domanda nel periodo immediatamente successivo alla crisi.

E’ altresì naturale che gli immobili consentono di creare rendite se posti in locazione ed uno dei vantaggi è che nel malaugurato caso di una pesante svalutazione del valore di mercato la rendita in valore assoluto non muta, in pratica compenserebbe in piccola parte la svalutazione al netto delle tasse sulla rendita e sull’immobile; diciamo che potremmo paragonare un’immobile ad un’obbligazione a tasso fisso con cedola su valore nominale che nel nostro caso sarebbe il valore di acquisto del cespite.

E come le obbligazioni il valore di mercato può oscillare al di sotto della pari o al di sopra di essa che per i bond è il prezzo di emissione a 100 e per l’immobile il valore di acquisto (al quale dobbiamo aggiungere le spese notarili che assorbirebbero parte della cedola del primo anno, assumendo che intendiamo per cedola la somma dei canoni di locazione di un intero anno, o semestre se preferite).

Alla luce di queste brevi considerazioni è logico asserire che investire in immobili principalmente a fini di protezione, visto che stiamo analizzando l’oggetto del contendere come bene rifugio, conviene a chi ha disponibilità di liquidità in eccesso che può parcheggiare per almeno 5/7 anni, o per chi ha deciso abbracciare il settore del real estate come professione ma ciò comporta enormi disponibilità che un risparmiatore medio non può permettersi e tantomeno immobilizzare tra il 70 ed il 90% del capitale liquido detenuto.

Le strategie d’investimento e protezione tendono sempre di più a diventare dinamiche e non statiche, a mutare nel tempo ed abbreviare le duration, cosa che non si addice al mercato immobiliare riferito all’investitore medio.

In questo periodo in continua e rapida evoluzione in cui non siamo a conoscenza di cosa accadrà di qui alle 24 ore successive è vivamente sconsigliabile immobilizzare i capitali, meglio preferire strumenti finanziari a medio o basso rischio che in caso di necessità sono disponibili in pochi giorni.

 

Antonino Papa, 16 marzo 2022