Derivati, un termine che riporta alla mente crisi finanziarie che hanno innescato reazioni a catena, gigantesche istituzioni finanziarie ad un passo dal default e miliardi di dollari ed euro bruciati in pochi minuti; sono queste le prime associazioni che si formano nella mente del 90% delle persone che conoscono, anche sommariamente, cosa sia uno strumento finanziario derivato.
Ed è chiaro che la causa di tutti i maggiori crolli finanziari dell’era moderna non è addebitabile ai derivati bensì all’utilizzo senza regole di questi strumenti ed a gigantesche e rischiosissime esposizioni aperte dai cosiddetti giganti della finanza senza tener conto di ciò che sarebbe potuto accadere in circostanze avverse, in parole povere libertinaggio finanziario al quale si è posto rimedio dopo la crisi del 2008 con il crollo Lehman il cui nome paga per tutti; ed è anche il caso che ha portato di recente (2018-2019) Deutsche Bank ad un passo dal pre-default a causa di enormi esposizioni le cui conseguenze sono state quantificate in tagli al personale per circa 18.000 unità e circa 74 miliardi di titoli ad alto rischio da allocare in una bad bank appositamente costituita per riordinare i conti.
Per titoli ad alto rischio detenuti da grosse banche d’affari e società d’investimento o istituzioni intendiamo asset al cui interno troviamo i cosiddetti titoli tossici che nella maggior parte dei casi non sono altro se non strumenti derivati strutturati con attività sottostante abbastanza volatile con altissimo coefficiente di rischio diventati “trash” ovvero “spazzatura” dato il loro valore prossimo allo zero e conseguente rating annesso.
Questa avidità a rimpinzarsi di derivati non sarebbe dovuta esser tale in quanto l’utilizzo di questi strumenti è principalmente dovuto, soprattutto per le banche, ad una funzione di copertura temporanea quale protezione di altre attività in portafoglio; invece, come spesso accade, ed è accaduto prima della ri-regolamentazione dei mercati, la sola idea di poter moltiplicare i profitti esponenzialmente (perché con i derivati ciò è possibile) ha spinto questi giganti della finanza ed esporsi più del dovuto senza protezione alcuna ed in questi casi è sufficiente una piccola crisi per mandare sul lastrico i più deboli ed in gravi difficoltà i più forti.
Veniamo al sodo e cerchiamo di comprendere cosa sia uno strumento derivato nel cui termine è insito il significato: strumento il cui prezzo deriva dall’andamento di un’attività sottostante che può essere sia di natura finanziaria, come azioni, indici, tassi, sia di natura reale, materie prime come petrolio, oro e così di seguito.
Tra gli operatori finanziari il derivato puro, sebbene il termine sia improprio, viene identificato nel future che in realtà, come tutti i derivati, è un accordo tra due parti per comprare e vendere una certa attività (sottostante) ad una data futura ad un prezzo stabilito; i futures, al contrario dei forwards che sono quotati nei mercati secondari OTC (over the counter), sono trattati nei mercati regolamentati per cui le istituzioni finanziarie che ne gestiscono la quotazione (esempio CME) ne garantiscono il pagamento attraverso meccanismi denominati anche di onorabilità in quanto tra le parti, che non necessariamente si conoscono tra loro, si interpone un soggetto terzo intermediario automatizzato denominato clearing house che assicura i pagamenti attraverso la richiesta dei margini di garanzia ai soggetti ammessi al mercato.
I futures ed i forward sono entrambi contratti a termine e si distinguono, oltre che per la quotazione in differenti tipologie di mercati, anche perché i forwards prevedono la negoziazione diretta tra i contraenti ed, in molti paesi, un intermediario che si interpone tra loro (simile alla clearing house) definito CCPs (central counterparties) al fine di evitare che nessuna delle controparti si assuma il rischio d’insolvenza nei confronti dell’altra.
Di solito i forwards sono utilizzati in larga parte da banche d’affari per coperture su rischi di cambio a margine di operazioni che comportano differenti valute o da grosse società multinazionali che si accordano con istituzioni finanziarie in tal senso.
Idem i contratti spot non sono altro che accordi per regolamento immediato tra le parti.
Abbiamo infine gli swap ovvero accordi tra le parti per lo scambio dei flussi di cassa generati da due diversi prodotti finanziari e le opzioni che comportano il diritto di acquistare o vendere un’attività entro una certa data ad un certo prezzo; tipologie queste da approfondire in altra sede in quanto abbastanza complesse.
Come si traduce tutta questa teoria in Pratica ?
“Semplicemente” stabilendo il fine finanziario che si intende perseguire attraverso tre differenti strategie:
- Speculazione ovvero aprire posizioni (long o short) assumendosi rischi elevati per sfruttare i movimenti delle attività sottostanti dei derivati che si allocano in portafoglio.
- Copertura (o Hedging) al fine di ridurre il rischio finanziario di portafoglio in alcuni determinati momenti, possiamo definire in questo caso i derivati come contrappesi che generano profitti in direzione opposta a quella del nostro portafoglio esistente per il quale intendiamo ridurre temporaneamente il rischio.
- Arbitraggio che consiste nel bloccare un profitto privo di rischio entrando simultaneamente in transazioni su due o più mercati.
Tra i traders comuni non professionisti di solito l’utilizzo dei derivati, nella maggior parte dei casi futures, è a fini speculativi e raramente di copertura e spesso si protende verso prodotti ad elevata leva finanziaria che tradotto significa assumersi un rischio tot volte maggiore del valore assoluto del capitale (minimo) destinato al mercato; in questi casi accade non di rado che si perdano cifre maggiori di quelle investite ed è questa la principale ragione dei citati crolli in quanto i rischi assunti erano molto più elevati delle capacità di rientrare delle esposizioni attraverso il reintegro dei margini necessari allo scopo. A tal proposito esiste un film emblematico sull’argomento dal titolo Margin Call che consiglio di guardare.
Naturalmente, dopo il 2008, per via di una regolamentazione più stringente finalizzata ad evitare tali disastri, molte banche e trading companies impongono ai loro clienti che operano in derivati, oltre al consueto margine di garanzia, dei limiti superati i quali le posizioni vengono chiuse automaticamente proprio per evitare improvvisi e dolorosi dissanguamenti difficili da arrestare.
Operare in derivati è molto rischioso ma esiste paradossalmente un lato della medaglia che ne neutralizza il rischio in parte ed è il dato di fatto che per i derivati su indici e materie prime, ad esempio, uno dei fattori fondamentali come l’informazione può essere assunta a livello globale in quanto gli indici si muovono all’unisono e le materie prime hanno una sola quotazione di riferimento valida per tutto il mondo; pertanto, e questo è il paradosso, speculare tramite alcune tipologie di derivati è più “semplice” dal punto di vista informativo in quanto è sufficiente seguire i dati macro a livello mondiale piuttosto che reperire informazioni dettagliate per settori e società considerando le decine di migliaia di aziende quotate in tutti i mercati del pianeta.
La speculazione pura sui derivati è consigliabile a brevissimo termine data l’elevata volatilità dei mercati di riferimento, è tacito quindi che una volta giunti ad un minimo di profitto che soddisfa le attese bisogna chiudere la posizione e materializzare i guadagni.
Antonino Papa, 5 maggio 2022