Il caro-vita e l’ossessivo rialzo ai tassi di interesse deciso dalla Bce di Christine Lagarde hanno fatto “sparire” 152 miliardi dai conti correnti delle famiglie e delle imprese italiane.
Un mix micidiale, quello dell’inflazione e del costo del denaro pesante come piombo, che ha costretto le famiglie a prelevare per fare fronte alle spese di casa e ha portato gli imprenditori del made in Italy a raschiare il fondo del barile delle riserve bancarie pur di contenere il più possibile la soma dei debiti. Questo anche al punto di penalizzare gli investimenti, la ricerca e sviluppo, quindi la crescita.
La nube tossica dei tassi è quella che sta rendendo impossibile per tante famiglie pagare le rate del mutuo e sta frenando le erogazioni, al punto da rendere zoppicante lo stesso mercato immobiliare, costringendo chi vuole vendere ad aumentare lo sconto sui prezzi. Con il risultato da rendere mefitica l’aria che dovrebbe ossigenare il Pil per consentirgli di tornare a correre.
Ma torniamo allo studio di Unimpresa: le disponibilità bancarie degli italiani sono scese del 10,5% da ottobre del 2022 allo stesso mese di quest’anno, riducendosi da 1.452 a 1.300 miliardi.
Vista la debole raccolta messa a segno dai fondi di investimento negli ultimi mesi, difficile pensare che il denaro prelevato dai conti correnti possa essere stato investito in Borsa, come sarebbe stato invece auspicabile per una sana gestione della liquidità.
Al contrario, sui 152 miliardi complessivi “spariti” dai conti correnti circa 85 miliardi sono stati “traslocati” sui conti di deposito, dove le banche riconoscono una remunerazione in media superiore al 3%, cioè il triplo di quella dei conti correnti. Altri sono stati spesi e lo stesso è probabilmente avvenuto durante queste feste, quando otto milioni di italiani hanno deciso di concedersi una vacanza.
Unimpresa, che ha rielaborato i dati di Banca d’Italia, stima in particolare che a fine ottobre il totale dei depositi dei privati sia calato di 78 miliardi (-4,5%), passando da 1.701 miliardi a 1.623 miliardi. I salvadanai delle famiglie hanno perso 66 miliardi (-5,6%), quelli delle aziende di 7 miliardi (-1,7%), e quelli delle imprese familiari di 5 miliardi (-5,7%); inalterata invece la riserva delle onlus.
L’inflazione è calata nell’ultimo anno dal 10 al 5 per cento, ma il danno ormai c’è ed è sotto gli occhi di tutti, così come la consapevolezza che l’euforia post Covid del Pil sia svanita.
Per approfondire la corsa dei prezzi leggi anche: l’inflazione ha bruciato anche sulla tavola di Natale e ha spinto al rialzo la spesa per comprare i regali da mettere sotto l’albero; qui invece come è aumentato il costo al chilogrammo di panettoni e pandori mentre le confezioni diventavano sempre più piccole.
“La cura della Bce si è rivelata limitata e limitante: a questo punto serve una inversione di tendenza e il costo del denaro va tagliato già nel primo semestre del 2024”, esorta la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.