Economia

I mercati fibrillano? Basta saper aspettare

“Era una notte buia e tempestosa

Potrebbe essere questo l’incipit di questo ultimo numero (preso in prestito da uno dei miei fumetti preferiti): veniamo infatti dall’ennesima settimana di passione in questo tormentato 2022; la tregua sui mercati è durata solo pochi giorni – nei quali peraltro c’era stato un discreto recupero – per poi tornare al tono di fondo, pioggia e grandine, che sta caratterizzando questo periodo.

Proprio in questa settimana si è chiuso un cerchio iniziato esattamente dieci anni fa quando alla guida della Banca Centrale Europea c’era lui, Mario Draghi.

In quei caldi giorni di giugno del 2012 Italia e Spagna – a pieno titolo inseriti in quel gruppo insieme a Portogallo, Grecia e Irlanda e chiamato dispregiativamente con l’acronimo PIGS – vedevano i loro titoli di stato sotto pressione e il settore bancario soggetto a vendite copiose e perdite in borsa.

Lo spread riesplose salendo ben oltre i 400 punti e sarebbe stato destinato a salire ancora molto prima che arrivasse il famoso Whatever It Takes” di Mario Draghi a smorzare la speculazione e a riportare il sereno sui mercati.

Proprio in quei mesi vennero infatti varate le misure di “allenatamento quantitativo” (o Quantitative Easing, QE) che sarebbero state per 10 anni la cifra distintiva della politica monetaria della Bce.

 

When the music’s over

“Quando la musica è finita”, così cantavano i Doors nel 1967 e così è andata in questi ultimi giorni in cui la Presidente della Bce, Christine Lagarde, ha comunicato la fine della politica espansiva della banca centrale interrompendo gli acquisti di titoli del debito pubblico dei Paesi dell’eurozona nell’ambito del programma denominato App (Asset Purchase Programmme) varato proprio da Draghi nel 2015 con l’intento di stimolare l’inflazione.

La Lagarde ha inoltre annunciato l’avvio del ciclo di rialzo dei tassi in Eurozona; tanto è bastato perché i mercati reagissero in modo violento e a tratti scomposto: lo spread tra i Btp e i Bund è schizzato fino a 234 punti, il rendimento del Btp a 10 anni è volato fino al 3,85% (un tasso che non si vedeva dal 2014) e le borse sono crollate, lo Stoxx 600 delle più importanti aziende europee ha lasciato sul terreno il 2,7% (Milano è addirittura scesa del 5% e oltre); sembra di essere tornati a dieci anni fa.

Dimenticavo forse il dato più importante: l’inflazione è stata rilevata oltre l’8% in Europa e negi Usa, un dato che in America non si vedeva dal 1981. 

Conclusioni

E quando ci sono queste situazioni nei risparmiatori riaffiorano le paure di sempre, quasi fossero state emesse delle condanne definitive: nella testa di molti semplicemente non ci riprenderemo mai, non c’è proprio la speranza.

Ed ecco perché uso – volutamente – il sostantivo maschile “risparmiatore”, ovvero (definizione Treccani): in economia, chi risparmia e gode dei frutti del suo risparmio, in genere prestandolo (attraverso il deposito in banca o l’acquisto di un’obbligazione) a chi produce.

Eh sì perché, nonostante siano passati appunto decenni da quando i depositi bancari e le obbligazioni rendevano a due cifre, la mentalità è rimasta quella e quando il risparmiatore medio si avventura nel mercato azionario provando, a quel punto, a mettere i panni dell’investitore (chi investe somme di denaro in imprese direttamente o attraverso fondi di investimento) è impreparato; così che, finché le cose vanno bene tutto fila liscio ma, quando si presentano momenti come questi, la pancia prevale sul cervello: improvvisamente gli obiettivi vengono rivisti, i cinque anni di tempo diventano cinque mesi se va bene e si esce dai mercati fotografando una perdita che a quel punto diventa difficilmente recuperabile.

Nella testa c’è sempre l’idea che il cammino sia una linea retta (come se poi nella vita fosse così) e invece non lo è, lo sappiamo ma non vogliamo vederlo.

Ci si continua a dimenticare che per ottenere quel premio al rischio che ha permesso all’S&P 500 e ai mercati azionari in generale di dare ritorni del 10% medio annuo dal 1928 a oggi (o dell’8,5% per rimanere agli ultimi 25 anni) si deve sopportare anche questo.

E oggi purtroppo anche sul mercato obbligazionario, normalmente non uso a questi drawdown.