Il coronavirus sta incidendo in modo rivoluzionario nelle abitudini di vita delle persone nelle città grandi, così come nelle piccole. Da anni i piccoli negozi di alta qualità che vendono prodotti agroalimentari lottano contro la crisi cercando di adeguarsi ai livelli di servizio e alle modalità di comunicazione proposte con successo dai giganti dell’ecommerce e dalla grande distribuzione, finora senza troppa fortuna. Ma proprio un evento così catastrofico come la pandemia di coronavirus sta portando nuova linfa ai piccoli esercizi e alle micro-imprese commerciali facendo leva su uno strumento innovativo eppure antico, l’home delivery, e utilizzando dello strumento dei marketplace.
L’e-commerce in questo settore è destinato a crescere “man mano che i consumatori eviteranno i negozi fisici”. Già i tre quarti (74,6%) degli utenti di Internet hanno dichiarato che probabilmente non si recheranno nei centri commerciali e “oltre la metà eviterebbe i negozi in generale” (dati Nielsen)
Amazon, è noto a tutti sta incontrando criticità negli Stati Uniti ma anche in Europa. Alcuni ordini subiscono forti ritardi a seconda del luogo e della merce.
All’inizio della quarantena da coronavirus, nel mondo della grande distribuzione organizzata in Italia, si è registrata una prevedibile impennata di vendite. Per tre settimane di fila dall’inizio dell’emergenza c’è stato trend positivo a doppia cifra. In particolare, nella settimana dal 9 al 15 marzo, le vendite nei negozi della GDO sono aumentate del 16,4% rispetto allo stresso periodo del 2019. La corsa dell’ecommerce (dati spesa online) ha avuto un incremento addirittura del 142,3%, in rialzo di 45 punti percentuali rispetto al trend della settimana precedente.
Uno studio del centro studi R&S di Mediobanca segnala che nel 2018 il tasso di penetrazione degli acquisti online food and grocery sul totale del settore era intorno all’1% e prendevano a campione i 10 maggiori gruppi italiani e stranieri della grande distribuzione. Con la pandemia la percentuale di persone che ordinano online è evidentemente schizzata in alto, la GDO è stata colta impreparata e a questo stanno sopperendo, in parte, le startup dell’home delivery e del food delivery. Stanno ricavando benefici anche realtà più recenti e l’home delivery comincia ad attecchire in zone dove prima non esisteva, anche e soprattutto al sud e in zone molto distanti dai centri urbani più grandi
Il DPCM dell’11 marzo 2020 stabilisce la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e “di prima necessità” individuate in un allegato a parte, siano esse esercitate nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, nell’ambito della media e grande distribuzione o ricompresi nei centri commerciali. Le botteghe di quartiere rimaste aperte stanno incrementando le attività.
Ogni giorno di più continua l’ascesa dei negozi di vicinato, che si trovano nei pressi delle abitazioni e permettono quindi di limitare il tragitto per spesa.
Il trend, come detto, favorisce naturalmente i punti vendita di generi alimentari. Sembra essere molto probabile che, all’indomani della fine dell’epidemia di coronavirus, parecchi negozi, purtroppo, non riusciranno a riaprire. Ma l’ingegno e la disperata volontà di sopravvivere dei micro-imprenditori stanno contribuendo a disegnare alcune possibili strade per il futuro. In particolare alcuni esercizi stanno tentando la strada dell’home delivery: con le serrande abbassate per decreto ministeriale, hanno deciso di provare a consegnare a casa la propria merce. Soprattutto i negozi di agroalimentari di alta qualità, che propongono i loro prodotti ad alto prezzo, hanno bisogno di far sapere ai clienti che ci sono e sono disponibili a recarsi al loro domicilio.
Hanno perciò necessità di pubblicizzare questa nuova immagine della loro attività e lo stanno facendo attraverso i mezzi che hanno a disposizione: innanzitutto i social network e le piattaforme di messaggistica. Sono stati attivati gruppi Facebook per la segnalazione degli esercenti che fanno consegne a domicilio, sono stati creati gruppi WhatsApp per lo scambio di informazioni e contatti. In modo sostanzialmente improvvisato i negozi di vicinato stanno imboccando una nuova strada, quella del marketplace. In maniera probabilmente inconsapevole stanno attivando un’operazione di digital marketing.
Possiamo oggi affermare che un nuovo mondo è alle porte, soprattutto per i negozi e gli ecommerce che propongono e vendono prodotti agroalimentari d’eccellenza
Laddove la concorrenza della grande distribuzione ha distrutto, il coronavirus potrebbe paradossalmente ricostruire. Finora piccoli e piccolissimi negozi sfiancati dalla concorrenza della grande distribuzione e dei centri commerciali, senza alcuna presenza su Internet o poco abituati al commercio elettronico, rischiavano di scomparire uno dopo l’altro. Da domani in Italia qualcosa potrebbe cambiare. Le leve si chiamano consegna a domicilio (home delivery) e marketplace economy.
L’home delivery è il passaggio, prima di tutto culturale, dal negozio fisico statico a un negozio, dinamico. L’esercente, che venda salumi, prodotti confezionati di alta qualità o i prodotti della linea del fresco sarà portato, all’indomani della fine della pandemia, a ripensare il proprio business. Non sarà più il cliente a dover entrare in negozio, ma sarà l’esercente a dover andare con maggiore frequenza dal cliente. Una parte delle risorse umane impiegate per stare dietro il bancone potrebbe essere riconvertita per le consegne a casa. L’esercente ha un vantaggio rispetto all’ecommerce: è radicato nel territorio, conosce personalmente il cliente, è in grado di instaurare con lui una relazione diretta e fisica. Il delivery è l’ultimo passo necessario di questo rapporto di costruzione della fiducia.
Il marketplace può diventare un’efficace vetrina per i negozi di vicinato e le micro-imprese. La qualità del prodotto e del servizio si riesce a “vendere” meglio in prossimità, quando c’è il tempo di comunicare l’eccellenza. Ora è il momento: chi lo ha capito e ha gli strumenti per sviluppare il proprio progetto avrà certamente un vantaggio competitivo. Bisogna, in questo settore, riconquistare l’economia del territorio che è fondamentale per dare fiducia e un futuro al nostro paese.