La rapida risposta del Blocco Occidentale nei confronti della Russia, rea di aver aggredito l’Ucraina, ha innescato una seconda guerra che si combatte su scenari economici e che mira ad indebolire l’economia dell’ex Unione Sovietica al fine di condurre l’indecifrabile Putin a miti consigli.
Compito non semplice e soprattutto delicato in quanto le sanzioni adottate andranno inevitabilmente a colpire anche la popolazione; famiglie che andranno in difficoltà, aziende esposte impossibilitate a rientrare nei limiti degli affidamenti o essere in regola con i pagamenti e Governo con poche frecce al proprio arco in aggiunta ad un (per ora) tiepido supporto garantito dalla Cina.
Di solito le crisi di carattere socio-economico si riescono a prevedere con largo anticipo tenendo sotto controllo i parametri fondamentali dell’economia di un paese, ovvero costo del denaro, svalutazione, occupazione, debito pubblico e solvibilità di un Governo o le capacità dello stesso di far fronte a scenari fortemente ostili.
E probabilmente il Governo russo, dallo scoppio della crisi del 2008, ed in previsione di momenti come questi, conseguenza dei piani segreti d’espansione territoriale, ha adottato una politica economica finalizzata alla riduzione del debito tanto che nell’estate del 2019 è stata una delle poche nazioni al mondo in cui le riserve di liquidità hanno superato il debito raggiungendo il limite dei 500 miliardi di dollari “conferendo così stabilità e solvibilità in caso di sanzioni” come affermato in un’intervista dell’epoca da Gaidar Gasanov, analista ed esperto in materie economiche dell’International Financial Center di Mosca.
Questa politica è stata portata avanti a scapito dei cittadini, puntando su aumento delle tasse e tagli alla spesa sociale, aumento dell’età pensionabile (2018) nonché una politica del costo del denaro elevato considerando che alcune banche sono partecipate in quota di maggioranza dallo Stato attraverso istituzioni finanziarie, come il caso della Sberbank, ad esempio, per il 53% in mano alla Banca Centrale russa.
Inoltre nel corso degli ultimi anni parte della liquidità (detenuta in valute straniere) è stata convertita in oro proprio a fini di protezione. In questo momento storico le sanzioni arrivano subito dopo due anni difficili dovuti della pandemia (dalla quale non siamo ancora completamente usciti) che a sua volta ha già causato disoccupazione e recessione.
Cosa accadrà all’economia reale russa se persisteranno le sanzioni ? Quanto i meccanismi di protezione pensati dal Governo saranno efficaci ?
Questi due quesiti sono da sempre le fondamenta del pensiero economico dei governanti russi i quali hanno sempre avuto dimestichezza con le sanzioni ed hanno di conseguenza imparato a difendersi ma non a difendere economicamente il popolo i cui sacrifici decennali imposti hanno consentito l’accumulo di ricchezze nelle tasche di pochi, i cosiddetti oligarchi all’interno del cerchio magico di Putin.
E le risposte a questi due interrogativi non possono non tener conto di un dato di fatto: finché non vengono intaccate le esportazioni di gas e petrolio la Russia può dormire relativamente tranquilla ed il peso di questi provvedimenti del Blocco Occidentale sarà catapultato in gran parte sulle spalle dei cittadini.
Infatti il costo del denaro è balzato in su del 20%, una cosa simile nel nostro Paese significherebbe catastrofe ed usura ma lì i tassi elevati sono un male necessario cui i cittadini si sono abituati; a ciò si aggiunga un rublo sul fondo del barile (120 per un euro contro i circa 78 pre-invasione) ed un tasso d’inflazione al 9% circa con stipendi e pensioni che restano sempre allo stesso livello ed in valore assoluto molto bassi.
Se consideriamo inoltre che circa il 43% dei russi non ha risparmi ma debiti (ai tassi di cui sopra!) la situazione si aggrava perché si giungerà al famoso momento in cui non si avranno neanche i soldi per fare la spesa, a maggior ragione se si prevede anche un aumento dei prezzi al consumo dovuti alle criticità nell’import/export e dalle difficoltà che alcune aziende saranno costrette ad affrontare con probabili licenziamenti.
Tutto ciò mentre una esigua parte privilegiata di cittadini, i famosi oligarchi ed entourage, ha ancora abbastanza ossigeno grazie alla partecipazione, o proprietà (reale o fittizia ben ricompensata) in società petrolifere o di gas naturale e parte dei patrimoni in forzieri dei cosiddetti paesi canaglia che sarebbero quegli stati ad alto rischio di riciclaggio ed inseriti in una Black List dalle istituzioni finanziarie internazionali, vedi Cayman, Vanuatu, Bahamas e così via; paesi questi che non adottano alcuna sanzione nei confronti della Russia e tantomeno congelano patrimoni perché vivono proprio con l’accumulo di ricchezza importata offrendo in cambio cittadinanza, tasse a zero e paradisi terrestri.
In fine, e non da sottovalutare, la Cina quale solido alleato, sia finanziario che militare, che all’uopo con interventi di liquidità può sostenere sia il rublo che il debito pubblico e garantire supporto, anche dal punto di vista strategico in quanto è notorio che detiene gran parte del debito USA e, viceversa, molte aziende americane e banche d’affari hanno ingenti esposizioni in Cina e ciò potrebbe costituire un’arma di ricatto per spezzare una lancia a favore della Russia e costringere l’Occidente ad assecondare Putin.
Antonino Papa, 6 marzo 2022