Il debito si può cancellare. È già successo

Cancellare il debito è qualcosa di inaudito? La storia dice di no

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2020 Annus Horribilis, non solo per l’orrenda pandemia che si è abbattuta sul nostro pianeta come una scure carica di tragedia, ma anche per i danni causati ad un’economia globale in difficoltà già da prima; per via da un lato, delle guerre commerciali tra Cina e Stati Uniti e dall’altro ad un rallentamento della crescita mondiale quasi sincronizzato.

La risposta di tutte le banche centrali del pianeta questa volta non si è fatta attendere, come invece accadde nel 2008-9, ed un profluvio di migliaia di miliardi è stato iniettato nel sistema per scongiurare il peggio. Soldi però che hanno fatto lievitare il debito oltre ogni misura.

L’Institute of International Finance, ha dichiarato che alla fine del 2020 il debito mondiale è cresciuto di oltre 15.000 miliardi di Dollari per toccare la cifra “monstre” di 277.000 miliardi di Dollari complessivi. Qualcosa di inimmaginabile fino a qualche tempo fa e che vale già ora il 370% del PIL globale in crescita di oltre il 10% rispetto al 2019. Colpiti in particolar modo, i paesi emergenti ma anche l’Italia, la Grecia ed il Giappone per citarne altri, i quali quest’anno dovranno rimborsare più di 7.000 miliardi di Dollari già a partire dai prossimi mesi. Una cifra, per molti proibitiva che potrebbe portare diversi paesi in default.

Per capire quanto ulteriore debito è stato prodotto, basti pensare che i governi dell’Eurozona, a causa delle misure di contrasto al Coronavirus, hanno aumentato in maniera smisurata il loro deficit che raggiungerà complessivamente un 1 trilione di Euro nel 2021.

Per esser ancor più precisi, il deficit di bilancio del 2020 è stato 10 volte superiore a quello dell’anno precedente, con un’attesa d’incremento nel 2021 di ulteriori 700 miliardi di Euro ossia il 6% del PIL totale…sempre che tutto vada secondo i piani. Ma come diceva il mitico Murphy nelle sue leggi: “quasi nulla va come dovrebbe andare e nel caso va peggio.”

Anche la virtuosa Germania non se la passa per niente bene ed il Draft Budgetary Plan indica che il rapporto tra debito pubblico e PIL aumenterà dal 59,6% del PIL alla fine del 2019 al 70,25% nel 2021. Inoltre la nazione Teutonica ha chiuso l’anno con un deficit pari al 5.8% del PIL e stima una sua ulteriore crescita nel 2021 del 4.2%. Berlino ha dovuto mettere da parte la sua famosa austerità  per far fronte alla crisi pandemica conferendo quasi 1.000 miliardi di Euro in aiuti alle imprese, sotto forma di riduzione dell’orario di lavoro, prestiti garantiti e aiuti a fondo perduto.

La Germania è stata duramente colpita dalla seconda ondata del Covid, che ha portato a estendere i lockdown oltre la durata prevista, frenando lo slancio economico nel primo trimestre del 2021, dopo aver contenuto i danni a fine 2020. Per quel che riguarda l’Italia invece? il Draft Budgetary Plan ha indicato che il rapporto tra debito pubblico e PIL è aumentato dal 134,7% nel 2019 al quasi 158% nel 2020 per salire ulteriormente ad un enorme 159,7% nel 2021.

In effetti, la sostenibilità del debito nazionale non dipende solo dall’ammontare, ma in misura rilevante anche dal suo costo ed i tassi negativi o prossimi allo zero stanno aiutando a scongiurare il peggio. Non tutti, però, hanno lo stesso lusso delle economie avanzate. I paesi emergenti, in particolare, hanno fatto affidamento su un debito a costi molto più elevati e a scadenze più brevi. Ed infatti Argentina, Belize, Libano, Ecuador, Suriname e Zambia in questi primi mesi dell’anno non sono riusciti a ripagare i loro debiti o sono stati costretti a ristrutturarli.

 

Ma come ne usciamo quindi da questa situazione?

Qualcuno da più parti ha iniziato a far ventilare la possibilità di una cancellazione anche solo parziale di questa massa gigantesca di debiti. Un giubileo laico insomma. Ma è qualcosa di inaudito ed irrealizzabile? Beh rileggendo la storia direi proprio il contrario. Già oltre 3500 anni fa, si conoscevano gli effetti nefasti dell’eccesso di debiti sull’economia a lungo termine. Il Codice Hammurabi che si trova oggi nel Museo del Louvre, ne parla apertamente. Il regno di Hammurabi, re di Babilonia, oggi regione dell’Iraq recentemente visitato da Papa Francesco, iniziò nel 1.792 a.C. e durò 42 anni, un periodo lunghissimo per l’epoca. Quello che la maggior parte dei manuali di storia non dice è che Hammurabi, come altri governanti delle Città-Stato della Mesopotamia, proclamarono in varie occasioni un annullamento generale dei debiti dei loro cittadini.

Grazie alla decifrazione dei numerosi documenti scritti in caratteri cuneiformi, gli storici hanno trovato la traccia incontestabile di almeno quattro annullamenti generali del debito ed in particolare in una delle tavole si cita testualmente: “Il Potente non può opprimere il debole, la giustizia deve proteggere la vedova e l’orfano al fine di rendere giustizia agli oppressi”. Questa frase suona ancor più eclatante se si pensa che l’impossibilità di ripagare i debiti poteva portare alla tortura e addirittura alla riduzione in schiavitù di commercianti e contadini, non solo per loro ma anche per i membri delle loro famiglie.

Queste grazie non si limitarono al regno di Hammurabi ma continuarono in svariate occasioni. Esistono prove documentali di almeno una trentina di annullamenti generali in Mesopotamia tra il 2400 e il 1400 a.C.. Ma gli Assiri furono solo i primi tra i popoli antichi a concedere una moratoria ai loro sudditi. La stele di Rosetta, che si trova oggi nel British Museum, fu scoperta da Napoleone nel 1799 durante la campagna d’Egitto, e riporta chiaramente numerosi Giubilei anche sotto i Faraoni. Il lavoro di traduzione fu facilitato dal fatto che la lastra presenta lo stesso testo in tre lingue: l’Egizio antico, l’Egizio popolare e il Greco dei tempi di Alessandro Magno. Ma quello che può stupire alcuni, è che anche il “popolo eletto” per eccellenza aveva accettato e favorito questo pratica.

Nella tradizione Ebraica infatti a partire dal V secolo a.C., venne proclamato l’anno sabbatico. Ovvero quel periodo durante il quale, in onore a Dio e secondo le leggi di Mosè, si lasciava riposare la terra, si condonavano i debiti e venivano liberati gli schiavi, che molto spesso erano persone che, non avendo pagato i loro debiti, dovevano lavorare per la famiglia del creditore fino a risarcirgli i danni. Durante questo periodo il creditore provvedeva al mantenimento dello schiavo, versandogli una somma che gli consentisse di riprendere una vita normale alla sua liberazione.

La restituzione, tuttavia, si concludeva in ogni caso nell’anno sabbatico, che cadeva ogni sette anni. Anche la storia recente fornisce numerosi esempi di paesi che sono usciti da situazioni di debito pubblico elevato, anche molto elevato, imboccando soluzioni alternative come ho raccontato in un altro mio articolo di recente. Basti pensare all’esperienza di Germania, Francia e Inghilterra alla fine della prima guerra mondiale oppure all’Australia al Canada ed ancora allo UK ed alla stessa Germania fino addirittura agli USA post seconda guerra mondiale.

Dunque una strada sarebbe percorribile se non altro per evitare che prima o poi quell’immane massa di debiti contratti da tutte le nazioni del mondo imploda su se stessa creando una detonazione dagli esiti del tutto imprevedibili e certamente devastanti.

 

Ma quali potrebbero essere le conseguenze di una tale decisione?

Beh una cancellazione “toutcourt” penalizzerebbe i creditori che in larga parte sono rappresentati dai piccoli riparmiatori e dai pensionati. Per questo una soluzione meno dirompente potrebbe essere quella di trasformare in obbligazioni irredimibili quelle con scadenze medio lunghe. Ciò consentirebbe una gestione sicuramente meno traumatica di un azzeramento in blocco, permettendo di continuare a riconoscere gli interessi, su debiti non più disinvestibili e che verrebbero cancellati alla morte del beneficiario.

Un po’ aveva intuito il Napoletano Lorenzo DeTonti che nel 1653, passato in Francia sotto l’ala protettrice del Cardinal Mazzarino, istituì delle rendite vitalizie non trasferibili: “le Tontine” appunto, che presero il suo nome. In antichità le proclamazioni di annullamento del debito erano occasione di grandi festeggiamenti, generalmente durante il periodo di primavera, e come detto seguivano periodi di 7 o 10 anni anche perchè la vita media delle persone era assai più breve.  

Chissà che a migliaia di anni di distanza da quegli eventi, in virtù di una pandemia che ha portato via già oltre due milioni di persone nel mondo, non sia possibile ripartire proprio da una grande festa che oltre a mettere le basi per un rilancio nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, porti via anche una parte di debiti che comunque non sarebbero mai potuti essere ripagati.

Forse un’utopia penseranno in molti, eppure come disse il mitico John Belushi: “Se pensi che a nessuno interessi se sei vivo, prova a saltare il pagamento di un paio di rate del mutuo”. Ma è parimenti vero che un eccesso di debiti porta inevitabilemente al rischio che non vengano mai più ripagati, mettendo in difficoltà non solo il debitore ma anche e soprattutto il creditore, perchè come disse una volta un saggio: “Nella vita il denaro non è la cosa più importante, ma la sua mancanza ti impedisce di occuparti delle cose che sono indubbiamente molto più importanti.”

 

Alex Ricchebuono

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