Nella stessa settimana in cui il senato ha stroncato il ddl Zan, legge che intendeva tutelare con maggiore forza le vittime di omobitransfobia, misoginia e abilismo, l’Agicom ha sanzionato la trasmissione radiofonica lo Zoo di 105 per “i ripetuti turpiloqui che possono nuocere ai minori e per le offese alla dignità della persona, i messaggi di intolleranza e il lessico omofobico” utilizzato dai conduttori del più ascoltato programma radiofonico italiano.
Esiste dunque un limite al diritto ad essere volgari? La volgarità in uno stato democratico e laico deve ricadere nell’ambito della sanzione giuridica o in quello della condanna sociale? Violare il “comune sentire” cosa comporta? E chi lo impone? La legge degli uomini o l’arbitraria traduzione di alcuni che si fanno custodi di una presunta legge divina divenuta convenzione?
La volgarità la si trova in un rossetto su labbra contornate da una barba folta, nella diversità di una minigonna su gambe muscolose e pelose in marcia durante un gay pride o piuttosto nell’esultanza sguaiata di chi attraverso il voto segreto raggranellando una maggioranza d’occasione ha deciso di impedire l’introduzione di una legge che intendeva reprimere in modo più severo chi odia il presunto diverso?
Mentre il paese fa di conto per capire chi si gioverà dei miliardi previsti dalla prima legge di bilancio firmata da Mario Draghi, garantiti dal rimbalzo poderoso del PIL italiano dopo la pandemia, ci sono due pezzi di paese che hanno ripreso ad odiarsi e a detestarsi. Ciascuno convinto che la diversità dell’altro sia oscena. L’oscenità della sessualità fuoriuscita dal recinto della presunta normalità e l’oscenità gratuita del negare agli altri la libertà di amare chi si desidera, essere ciò che si desidera e il diritto di non sentirsi per questo additati dai membri più retrogradi della comunità come diversi e subire violenze per la propria identità sessuale.
Esiste una gerarchia dell’odio? Un odio accettabile e uno illecito? Odiare chi odia e limita senza alcun beneficio per sé le libertà degli altri è legittimo? Ha ragione Mattia Feltri che provoca gli intellò italiani di sinistra a tenersi ben stretto il diritto all’odio che gli consente di mettere all’indice il selfie esultante del senatore Pillon dopo il voto sul ddl Zan o bisogna riprendere la lezione di Zygmunt Bauman quando affermava che l’unica intolleranza accettabile è quella contro gli intolleranti?
Dobbiamo chiederci se in senato gli applausi chiassosi e fragorosi di chi ha posto su un binario morto il ddl Zan siano stati leciti. In uno stato democratico quella oscena esultanza è, nonostante la sua volgarità, una manifestazione del libero, anacronistico e odioso certamente, ma del libero pensiero di rappresentati del popolo democraticamente eletti. Volgare, ma insindacabile.
Ciò che è diverso da noi, dalle nostre credenze, dalle nostre convinzioni il più delle volte rientra nel nostro perimetro di volgare e di odioso. Eppure ciò che ci ripugna fino a quando non ci reca un danno concreto, fino a quando non supera il limite dell’illegalità non può essere limitato o sanzionato.
Quegli applausi in senato hanno ferito una comunità, milioni di persone? Sì, certo. Sono stati volgari e gratuiti agli occhi della maggioranza degli italiani? Sì, lo sono stati. Sono passibili di un giudizio politico negativo? Assolutamente. Ma il giudizio di volgarità non può essere sanzionato dalla controparte politica in assenza di norme che impongano un processo e un giudizio, ma lo dovrà essere dall’elettorato. L’unico giudice che può emettere la sentenza con la sanzione più dura: quella espressa con il voto.
L’elettorato nelle urne o i consumatori nella scelta delle trasmissioni radiofoniche e televisive devono farsi carico di rendere contemporaneo il proprio armamentario di valori. Una sfida titanica in una società che ha visto venire meno il ruolo della cultura e della scienza, della competenza e dell’impegno. Ma è solo attraverso la libera scelta che si possono punire i comportamenti giudicati non più tollerabili.
Le leggi possono agevolare i processi di evoluzione dei costumi di un paese, ma è solo il comune sentire che si radica attraverso le agenzie formative operanti nelle comunità dove vengono formati i giovani che può davvero modificare i comportamenti delle persone e rendere più tollerabile la vita di chi ha, fino al giorno prima, subito il giudizio odioso degli altri.
Un processo che deve avvenire con saggezza, senza cadere nell’eccesso opposto di una contro intolleranza. Siamo già entrati in un’epoca di cancel culture. Statue di vecchi eroi vengono abbattute per omaggiare il politicamente corretto. Libri che hanno forgiato intere generazioni sono messi all’indice perché contengono parole oggi considerate offensive. Attori popolari costretti, pur di conservare il consenso popolare, a dissociarsi da spezzoni e battute dei propri film che li hanno resi famosi, perché oggi giudicati offensivi verso alcune sensibilità.
La sola volgarità intollerabile è quella della intolleranza che si fa omologazione e potere. Per questa ragione occorre fidarsi del paradosso di dover tollerare le volgarità altrui, così da poter essere in diritto di tutelare le diversità di chiunque, che potranno anche essere giudicate volgari, senza però essere sanzionate.
Antonello Barone