Economia

Il fisco cambia passo: basta cartelle a Natale e durante le ferie

Dichiarazione dei redditi più semplice e nuovo calendario per gli adempimenti. Arriva il Garante del contribuente

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Nuovo calendario delle scadenze fiscali, possibilità di dichiarazione precompilata per tutti e il “Garante” del contribuente: sono le principali novità contenute nei due decreti legge appena approvati dal consiglio dei ministri. L’obiettivo è quello di cambiare l’approccio del fisco e il suo percepito tra la popolazione davanti all’imbuto delle scadenze di tasse e imposte, consegnando al passato sia le norme più contorte sia la tempesta di cartelle davanti alle quali il contribuente rischiava di sentirsi più un suddito che un libero cittadino. Vediamo in sintesi che cosa cambia.

 

Primo punto. In base al nuovo impianto l’Agenzia delle Entrate diretta da Ernesto Maria Ruffini, che la scorsa estate discettava con il Corriere della Sera sulla impossibilità di instaurare un “fisco amico” in Italia,  non potrà più scriverci nè ad agosto nè a dicembre. Insomma, in ferie e davanti al panettone non dovremo più pensare a Pec e raccomandate per contestare le cartelle nè preoccuparci di chiamare il commercialista o destinare la tredicesima a chiudere i conti pendenti con lo Stato.

 

Secondo punto. Dal 2024 la dichiarazione precompilata verrà estesa e si semplificherà, anche nel linguaggio. Cambierà, inoltre, il calendario degli adempimenti: l’anno prossimo persone fisiche e società dovranno trasmettere la dichiarazioni dei redditi non più entro fine novembre ma entro il 30 settembre. E dal 2025 si anticiperà ulteriormente la scadenza.

 

Terzo punto. Nasce il Garante dei contribuenti: Sarà scelto dal ministero dell’Economia, resterà in carica quattro anni e sarà chiamato a tutelare ed aiutare i cittadini dinanzi alle richieste dell’erario. Un passo quest’ultimo finalizzato a instituire un rapporto più paritetico e cordiale tra lo Stato da un lato e le famiglie e le imprese dall’altro.

 

I decreti rappresentano una svolta nella direzione auspicata, ma non risolutiva. La pressione fiscale resta infatti attestata al 43,5% del Pil. Un macigno sulla schiena delle famiglie alle prese con il carrello della spesa e una palla al piede per lo sviluppo delle imprese: non viene meno quindi l’urgenza di completare la riforma fiscale avviata di recente con i nuovi scaglioni dell’Irpef.  Lo Stato, insieme alla lotta all’evasione, dovrebbe poi pensare al danno più che doppio provocato dalla malaburocrazia.  Altrimenti il magazzino dell’erario continuerà a essere pieno zeppo di cartelle inevase, non solo per cattiva volontà ma anche per l’impossibilità di famiglie e imprese a saldare il conto. Pena non pagare più le rate del mutuo sulla casa, rese sempre più pesanti dalla Bce  o di chiudere bottega davanti alla corsa dei tassi di interesse. Non esattamente quello che occorre al Pil per superare di slancio, dopo l’esame di S&P, anche quello delle altre agenzie di rating.