Lo scorso anno il fisco ha prelevato 77 miliardi dalle tasche degli automobilisti, si tratta dell’8,5% in più rispetto ai 71 miliardi del 2022, che già avevano rappresentato un macigno per le tasche di famiglie e imprese. Concorrono a realizzare il salasso da un lato le accise sui carburanti dall’altro l’IVA su manutenzione e riparazione, acquisto ricambi, accessori e pneumatici. Tutti in aumento.
Al momento si tratta di una stima, ma basta guardare come è andata nel 2022 per capire che non siamo lontani dal vero. In particolare, dei tre momenti impositivi del ciclo di vita degli autoveicoli, è ancora l’utilizzo a pesare maggiormente sul contribuente, quindi le tasse su benzina e gasolio, quindi l’Iva.
Premesso che nel 2023 il mercato auto ha registrato poco più di 1,56 milioni di unità (+19%), si può stimare che il generalizzato aumento dei prezzi di nuovo e usato a causa dell’inflazione si sia tradotto in un gettito di oltre 7,5 miliardi tra IVA, diritti di motorizzazione ed emolumenti PRA.
A fare il calcoli è l’Anfia, l’associazione che raccoglie la filiera dell’industria automobilistica italiana, secondo cui se le tasse provinciali (Ipt) si sono attestate a 1,7 miliardi, molto peggio è andata sui carburanti, al centro di una fiammata dei prezzi almeno per tutto il primo trimestre dello scorso anno.
In sostanza, il prezzo medio della benzina a fine 2023 era pari a 1,86 euro, quello del gasolio 1,79 euro e quello del GPL 0,74 euro. Visti consumi rilevati dal ministero, si può quindi concludere che le pompe abbiano fruttato allo Stato più di 36 miliardi. Per il ministero del Tesoro meglio che prelevare al “bancomat”, insomma.
Poco meno di un miliardo potrebbe invece essere arrivato dall’Iva sui lubrificanti, per non parlare del salasso fiscale sugli interventi di manutenzione dell’auto o di carrozzeria. Voce che, con l’invecchiamento del parco circolante, continua ad aumentare in termini di spesa per gli automobilisti.
Ma visto che la gran parte delle officine dichiarano un aumento dei carichi di lavoro, è probabile che l’IVA applicata sulle attività di autoriparazione a fine 2023 segni un nuovo record. Ci sono quindi: i pedaggi autostradali (2,3 miliardi di gettito stimato), gli introiti derivanti dai premi assicurativi per RC, furto e incendio (3,8 miliardi), parcheggi e le contravvenzioni (4,3 miliardi sempre in termini di gettito fiscale) .
“Nel 2022 il settore automotive genera un gettito fiscale superiore ai 70 miliardi. La variazione negativa rispetto al 2021 (-1,4%) non va letta come un alleggerimento programmato della pressione fiscale sul comparto. Deriva, invece, da fattori congiunturali come la riduzione delle accise introdotta a partire da marzo, per calmierare l’impennata dei prezzi alla pompa innescata dalla crisi energetica, e come la contrazione del mercato delle auto nuove e usate”, precisa Roberto Vavassori, presidente di Anfia.
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La percentuale del gettito fiscale derivante dal comparto sul PIL si attesta al 3,6%, la più alta tra i maggiori Paesi europei, la cui media è attorno al 2,1% E appunto per il 2023 si stima che il carico fiscale sulla motorizzazione segni il record di 77 miliardi.