Il Fisco propone una nuova pace a piccole imprese, partite Iva e forfettari: tasse fisse per due anni e uno sconto sulle eventuali sanzioni, ma a patto di accettare precisi paletti. Tutto è contenuto nella riforma del concordato preventivo giunto oggi sul tavolo del consiglio dei ministri. In estrema sintesi, si tratta di un meccanismo che vede i contribuenti accordarsi in anticipo con l’Erario sui redditi e quindi sulle tasse da pagare nei due anni successivi. O meglio dovranno accettare la proposta che il fisco inoltrerà loro in base a reddito e valore della produzione presunti, in cambio si vedranno applicare il trattamento riservato ai contribuenti più affidabili e avranno la serenità di non subire altri accertamenti. Se non in casi estremi.
Il governo, con il viceministro all’Economia Maurizio Leo, compie quindi un altro passo sulla strada del cosiddetto “Fisco amico“, la stessa che nelle scorse settimane ha visto stoppare l’invio delle cartelle a Natale e istituire il garante del contribuente. Quando si tratta di tasse e quindi di gettito per lo Stato, il gioco è però sempre molto duro. Il nuovo concordato biennale prevede quindi regole ferree ed esclude per esempio da subito chi non ha presentato la dichiarazione dei redditi negli ultimi anni o chi ha subìto una condanna per dichiarazione fraudolenta o false fatturazioni. Resta fuori anche chi ha debiti con l’Agenzia delle Entrate oltre i 5mila euro o ha un “rating fiscale” (misurato con l’Isa, l’Indice sintetico di affidabilità fiscale) inferiore a otto.
In parallelo parte un meccanismo per sanare i problemi con il fisco, pagando sanzioni ridotte. Il concordato preventivo, nelle previsioni del governo, dovrebbe fruttare all’erario poco meno di 750 milioni nel 2024 e un’altra dozzina l’anno successivo. Già questo la dice lunga di quale lo Stato spera sarà l’effetto finale della riforma, anche perché il Fisco userà ogni mezzo per fare i controlli e scovare gli evasori, compresa l’intelligenza artificiale.
E’ però un altro il rischio più elevato che devono essere disposti a correre i contribuenti che aderiranno al concordato preventivo: anche se nei due anni oggetto dell’accordo avranno guadagni effettivi più bassi, non otterranno infatti alcuno sconto sulle tasse da versare rispetto a quanto precedentemente pattuito. Unico modo di uscire dal concordato, sarà dimostrare di aver subìto un crollo dei redditi o della produzione di oltre il 60 percento. Un percorso quest’ultimo di certo costoso in termini di tempo, visto la nostra burocrazia, per un imprenditore che starebbe forse già lottando con clienti e fornitori per non fallire.
Incassato il via libera del governo al nuovo concordato preventivo, la parola passa alle Camere. Quanto alla tempistica, ad oggi la normativa prevede che il fisco inoltri la proposta entro aprile del 2024, ma negli anni successivi tutto è anticipato al 15 marzo e che le piccole imprese, le partite iva e i forfettari interessati accettino entro il luglio successivo.