Economia

Il lusso accessibile e inclusivo: anche il cibo stellato diventa democratico

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Sul principio di rarità la Chiesa Cattolica Apostolica Romana ha fondato il proprio potere. In The Young Pope di Paolo Sorrentino vi è un illuminate monologo del personaggio Lenny Belardo appena divenuto Papa che spiega in cosa questo consista dal punto di vista comunicativo e che potere abbia sulle masse. Ma se la rarità è finora stata considerata un presidio del lusso, l’accessibilità è un’aspirazione delle società democratiche che vogliano favorire imprese eticamente responsabili.
 

Nell’era della sostenibilità ambientale, definita dai valori di una nuova generazione consapevole che il gesto del singolo produce impatti decisivi all’intero pianeta, il paradigma del lusso inevitabilmente cambia di senso. E se i nuovi ricchi dei paesi emergenti hanno spesso ancora bisogno di ostentare la loro opulenza, rifacendosi a modelli dell’immaginario collettivo dell’occidente del boom post bellico o edonistico degli anni ottanta, i capitalisti consapevoli percepiscono come irrinunciabile vestirsi di understatement più essenziale, responsabile, minimalista.

Appare così in questo nuovo scenario, che definisce in modo differente il vero fasto del presente, emblematica una storia imprenditoriale di successo tutta italiana che sta conquistando il mondo e che capovolge gli stereotipi del lusso inteso come esclusivo e inaccessibile.

 
Un ragazzo, Niko Romito, per un classico caso di sliding doors, un natale all’inizio del nuovo millennio invece di divenire un broker finanziario si ritrova suo malgrado senza alcuna esperienza a dover improvvisarsi cuoco nel ristorante di famiglia. 20 anni dopo quel ragazzo è uno degli chef più famosi al mondo. Firma con il suo nome, in una catena di hotel di lusso, ristoranti a Dubai e Pechino, a Milano e Shanghai. Altri presto apriranno a Parigi, Roma, Mosca, Tokyo, Miami.
 

Il suo quartier generale resta però un piccolo paese dell’Appennino abruzzese dove non ha mai smesso di voler restare. Qui ha conquistato le 3 stelle Michelin, le più a sud d’Europa. Qui guarda al futuro del ruolo del cibo come motore di potere, sostenibilità, benessere, credendo che solo la formazione e la condivisione del sapere con i più giovani possano essere la risposta giusta alle crisi che ogni generazione è chiamata a vivere.

Qui lo scorso anno per festeggiare il ventennale della carriera crea un menù esclusivo e irripetibile, attraverso 15 piatti iconici del suo percorso creativo. Sceglie di proporlo ad un prezzo speciale per consentire anche ai giovani di approcciarsi all’alta ristorazione. Un breve periodo per partecipare al momentum, dopo il primo lockdown. Richieste immediatamente superiori ai posti disponibili.

 
Allora lo chef imprenditore si chiede: rarità e lusso o accesso e responsabilità? La riflessione porta a decidere di ampliare uno spazio temporale ed economico di accesso e rendere la rarità partecipazione accessibile, dunque più democratica e responsabile. Poi di nuovo la pandemia colpisce duro. La chiusura prolungata: da ottobre a giugno. Un tempo non disperso però, ma spesso per ridefinire una visione creativa e provare ad addentrarsi ancora più in profondità nel sentiero della propria identità ideale del gusto.
 

Così nascono dieci piatti inediti per il menù degustazione 2021. Dopo un viaggio nel passato, ora una accelerazione verso il futuro. E la coerenza lo spinge a non interrompere la relazione potenziale costruita con i giovani ed entusiasti ospiti che lo ha scoperto per la prima volta l’anno passato, senza togliere nulla alle altissime attese del fedele pubblico dei gourmet. Prezzo invariato, relazione confermata. Di nuovo verso il sold-out. Il lusso diviene dunque inclusivo. Democratico. Ma questo è possibile perché dietro c’è una logica economica che supporta il modello.

I prodotti semplici del territorio diventano più preziosi degli esotici alimenti rari, fuori stagione, lontani che via aereo riempiono, a caro prezzo, le celle frigorifere delle cucine di tanti ristoranti nel mondo. Perché per mangiare bene e far mangiare bene occorre arrivare al gusto netto, preciso e a tratti prepotente di ingredienti, anche semplici e umili, che trasformati e distillati possono arrivare alla quintessenza del sapore. Alla quintessenza del lusso.

La dimensione economica di un processo creativo che è capace di abbattere gli sprechi e gli scarti facendo propri i dettami dell’economia circolare, di valorizzare i prodotti locali, di rinnovare la tradizione di antichi saperi utilizzando ricerca e tecnologia in grado di impattare sulla salute produce un margine operativo che può essere o semplicemente incamerato o condiviso con una platea di fruitori più ampia. Questa condivisione crea consapevolezza, sensibilità in un pubblico che dall’esperienza vissuta modifica i propri canoni del gusto, di selezione del cibo, di comportamenti gastronomici, ma anche etici, quindi politici.

L’accesso democratico al cibo di qualità, buono e salubre, diventa così un atto economico e politico. E il lusso nel mangiare sempre di più non sarà legato allo scegliere il cibo più costoso, più raro, più esotico, ma ad avere le competenze per optare per quello più buono perché nitido nell’essenza del suo sapore, quello più fresco perché di stagione, quello più sano perchè meglio trasformato grazie alla ricerca e alla tecnologia. Su questo cambio di paradigma del sistema economico primario l’Italia può rinnovare la propria leadership nel mondo, confermandosi come il luogo dove il cibo è emblema di uno stile di vita.


Un lusso, nuovo, che ci possiamo e dobbiamo permettere.
 
 
Antonello Barone