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Il Nobel Michael Spence: “Scommettere sull’Italia”

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“Scommettere sull’Italia”. E’ questo il titolo di un lungo articolo firmato da Michel Spence, Economista, premiato con il Nobel nel 2001. Una lunga analisi che Evidenzia come il nostro Paese sia al centro di un forte processo di trasformazione che lo sta portando verso una forte crescita. Ve ne regaliamo alcuni stralci che partono dalle buone notizie dell’ultim’ora sui dati di crescita, per chiudersi con gli impegni che governo e Paese sono chiamati a prendersi.

 

MILANO – Il 18 settembre ho avuto il privilegio di partecipare all’Assemblea Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, la federazione italiana delle élite imprenditoriali, dove ogni anno vengono premiati 25 imprenditori per la loro leadership, innovazione e contributo alla società. L’atmosfera era sorprendentemente ottimista.

L’ottimismo sulle prospettive economiche dell’Italia – che vanno da prudenti a quasi vertiginose – non si limita a questo gruppo. Né è difficile identificare cosa stia guidando il sentimento ottimista. Ma arriva in un momento insolito. Dopotutto, l’economia globale sta lottando non solo per riprendersi dallo shock pandemico, ma anche per adattarsi a una nuova difficile normalità, caratterizzata da venti contrari climatici, congestione della catena di approvvigionamento e crescenti tensioni geopolitiche

Dopo oltre due decenni di lenta crescita economica e prestazioni al di sotto del potenziale, l’ottimismo dell’Italia è tanto più sorprendente. Ma ora due fattori che si rafforzano a vicenda sembrano cambiare le carte in tavola: un governo credibile ed efficace, guidato dal primo ministro Mario Draghi e una ritrovata volontà dell’Unione Europea di fornire un solido sostegno fiscale agli investimenti. Questi due non sono estranei.

In una ripresa economica sostenuta e robusta, gli investimenti del settore privato sono il motore prossimo della crescita e dell’occupazione. Ma il settore pubblico deve creare un ambiente favorevole investendo in risorse chiave materiali e immateriali, nonché agendo come riformatore e regolatore credibile.

La fiducia nella capacità dell’attuale governo italiano di ricoprire questi ruoli è forte. Per cominciare, il record di Draghi ispira rispetto. In qualità di presidente della Banca centrale europea, ha mostrato un fermo impegno a promuovere l’integrazione e la prosperità europee e la volontà di intraprendere azioni coraggiose quando necessario.

 

Non solo buone notizie, però. Spence si sofferma anche sugli aspetti più problematici che affliggono il Paese. I problemi, soprattutto quelli strutturali, sono ancora ben lontani dall’essere stati risolti.

 

Nonostante tutti i suoi punti di forza, tuttavia, il governo italiano deve ancora affrontare rigidi vincoli fiscali. Con il debito sovrano che sale al 160% del PIL durante la pandemia, il governo troverebbe difficile investire adeguatamente nella crescita futura, per non dire altro.

È qui che entra in gioco l’UE. Se la pandemia tiene una lezione per il mondo, è che nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro. Allo stesso modo, nessuna parte dell’UE può raggiungere costantemente il proprio potenziale economico se altre parti stanno lottando per finanziare gli investimenti e sostenere la crescita.

Così, l’anno scorso, il blocco ha deciso di istituire un fondo di recupero da 750 miliardi di euro (870 miliardi di dollari), noto come Next Generation EU, per finanziare investimenti in aree vitali come il capitale umano, la ricerca e sviluppo, la trasformazione digitale e l’energia pulita in transizione. Il fondo potrebbe fare davvero la differenza non solo per le sue dimensioni, ma anche perché il finanziamento è condizionato a piani credibili a livello nazionale e perché è subordinato ad una effettiva attuazione.

Next Generation EU segna una nuova direzione per il blocco. Dopo che il crollo finanziario globale del 2008 ha provocato una serie di crisi del debito in tutta Europa, le proposte di trasferimenti fiscali sono state ferocemente respinte. I sostenitori dell’austerità hanno vinto.

Non questa volta. La differenza può essere in parte spiegata dal fatto che la pandemia ha colpito l’intera economia globale, mentre le crisi del debito che hanno seguito la crisi del 2008 sono state attribuite alla “irresponsabilità fiscale” dei singoli paesi. 

Inoltre, all’epoca c’erano seri dubbi sulla capacità di alcuni governi di utilizzare saggiamente i fondi trasferiti. Qualunque sia la sua motivazione, l’UE ha sofferto enormemente del suo approccio post-2008, che ha gravemente minato la coesione e la solidarietà, specialmente nelle travagliate economie dell’Europa meridionale.

Oggi sembra che stia accadendo il contrario. Nel caso dell’Italia, la fiducia nell’integrità e nella competenza del governo si sta già traducendo in maggiori investimenti esteri e interni, anche se il programma di riforma è ancora nelle sue fasi iniziali. La stessa impressione – indubbiamente rafforzata dalle impeccabili credenziali europee di Draghi – sta anche spingendo l’UE ad essere più disponibile con il suo sostegno fiscale, rafforzando ulteriormente la fiducia degli investitori.

L’Italia mette in luce come, nelle giuste condizioni, come l’ottimismo possa diventare una profezia che si auto avvera. C’è una tendenza a pensare alle aspettative come un riflesso della realtà sul terreno. Ma, dato che le aspettative guidano le decisioni di investimento, possono anche aiutare a plasmare quella realtà. In termini economici sono endogeni al sistema: sono sia risultati che input.

 

Michael Spence è professore emerito in Management presso la Business School dell’Università di Stanford. Da Settembre 2010 ricoprirà l’incarico di professore di Economia alla Stern School of Business della New York University.

Nato nel 1943 ha ottenuto il Ph.D. all’Università di Oxford nel 1972. Nel 2001 è stato insignito del Premio Nobel per l’Economia insieme ad Akerlof e Stigliz per gli studi sui mercati in presenza di asimmetrie informative.

Michael Spence presiede la Commissione sulla crescita e lo sviluppo, un organismo di ricerca indipendente, sostenuto dalla Banca Mondiale, per lo studio di soluzioni che assicurino crescita economica rapida e sostenuta allo scopo di ridurre la povertà nei Paesi in via di sviluppo.