Economia

Il settore agroalimentare potrà farci ripartire subito se..

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L’agroalimentare italiano si è confermato nel 2019 traino dell’economia italiana, con un export che ha fatto la parte del leone. A dirlo è “Filiera Italia” sulla base dei dati a consuntivo del settore agroalimentare per il 2019. L’industria alimentare in Italia cresce a ritmo triplo rispetto al Pil del Paese, ed è la seconda dopo quella meccanica.

Questo settore cresce molto più del resto del manifatturiero italiano, in un contesto internazionale estremamente complesso in cui le guerre commerciali hanno creato incertezza nei flussi di investimento internazionali, raffreddando la macchina commerciale globale. I dati del settore pre-covid19, secondo “Filiera Italia”, dimostrano come il settore agroalimentare italiano era riuscito lo scorso anno a realizzare una buona performance a cominciare da una crescita record dell’export (+6,9%) sia rispetto all’anno precedente (che si era chiuso a +3,4%) che rispetto al resto del settore manifatturiero nazionale (+2,7%).

Un export alimentare che ha chiuso il 2019 a circa 35,2 miliardi di euro, raggiungendo quindi il 24,3%, di quota export sul fatturato. Sommando poi anche le esportazioni agricole, il totale export agroalimentare ammonta a circa 43 miliardi, che dalla produzione agricola, all’industria di trasformazione, alla distribuzione e ristorazione rappresenta oggi il primo settore economico e sociale del Paese con 538
miliardi di euro di fatturato e circa 3,6 milioni di occupati.  Ma soprattutto che con il suo valore aggiunto di 119 miliardi si conferma produttore ed utilizzatore di prodotti ad alto valore e non di commodities.

Per tutti i comparti vale però la necessità di implementare il canale dell’e-commerce: solo il 30% delle aziende prese in esame hanno investito sul canale delle vendite online. Fattore decisamente positivo, invece, è il fatturato portato dall’export: oltre il 30% delle realtà aziendali del settore realizza il 50% dei propri ricavi all’estero.

Il futuro del settore deve avere la capacità di rinnovare pratiche artigianali supportate da nuovi strumenti
tecnologici, e sviluppare al massimo la propensione all’internazionalità, per rendere l’industria alimentare italiana un settore strategico per la rinascita economica del Paese.

E tutta questa potenzialità non andrà certo perduta dopo questa epidemia. Limitata certamente, ridimensionata forse, ma da sempre in questo settore l’abilità che abbiamo avuto nel trasformare, riconvertire, innovare la produzione e la filiera che va dalla fonte, alla tavola dei clienti è la prova che si può fare. L’Italia deve porre maggiore attenzione al settore agroalimentare che rappresenta un patrimonio unico e inimitabile in tutto il pianeta e deve valorizzare il lavoro di tutte le professionalità che compongono il settore.

Come dice spesso Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly, in questo luogo speciale del mondo che rappresenta lo 0,50% della superficie terrestre e lo 0,83% della popolazione del pianeta la natura ci ha messo a disposizione una meraviglia che  abbiamo il dovere di valorizzare. Le azioni presenti e future messe in campo dal nostro Governo, dalla BCE e Commissione Ue dovranno avere l’obiettivo di evitare che l’inevitabile recessione di breve periodo non si trasformi in una depressione di medio-lungo periodo.In questo contesto molto negativo, per famiglie e imprese, ci sono alcuni fattori positivi dai quali necessariamente dovremo ripartire quando la pandemia avrà cessato i suoi effetti.

Il comparto dell’agroalimentare, sarà tra i pochi settori che molto probabilmente aumenterà il proprio fatturato, anche l’occupazione può migliorare i numeri già buoni, infatti gli addetti delle imprese del settore alimentare extra agricole sono circa 385mila di cui il 60% occupati in imprese localizzate nelle regioni del Nord Italia, il 27% in quelle del Sud e il 13% occupati nel regioni del Centro. Imprese che esportano, in questo segmento, prodotti per un valore pari a 34,4 miliardi di euro pari all’8% delle esportazioni totali italiane. Esportazioni che hanno come principale mercato di sbocco l’Ue (circa il 70% del totale), con Germania (22% del totale), Francia (10% del totale) e Regno Unito (13% del totale) che rappresentano i principali Paesi di riferimento. Fonte: Federalimentare.
Un comparto che nei prossimi mesi, insieme alla filiera dei prodotti farmaceutico-sanitari e dell’autotrasporto/logistica, certamente potrà contribuire a dare una importante spinta alla ripresa in termini di Pil e occupazione.

Per sostenere questi ed altri settori occorrerà principalmente favorire:

  • Le iniezioni di liquidità che vadano il più rapidamente direttamente alle imprese;
  • La riduzione e la sospensione degli oneri fiscali per tutto il 2020;
  • Il sostegno dei livelli occupazionali attraverso la cassa integrazione e politiche attive del lavoro.

In conclusione, la rapidità con la quale usciremo dalla crisi in Italia e in Europa, oltre che dipendere dalla durata della pandemia, sarà direttamente proporzionale al valore monetario e all’efficacia degli interventi di politica economica dei Governi e di quelli concertati tra gli Stati membri dell’Ue.
In caso contrario, la probabilità che il sistema economico crolli insieme alle Istituzioni europee sarà molto elevata con tutte le conseguenze drammatiche in termini sociali che esso comporterà.