Una delle più famose frasi di Prezzolini recita: in Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio. Una delle cose più stabili in Italia, ad esempio, fu il divieto di ingresso per i Savoia. Era infatti una norma inserita nella Costituzione come XIII disposizione transitoria, ma resistette per ben 54 anni e quando si decise di abrogarla, nel 2002, vi furono molto critiche, come se gli italiani non vedessero l’ora di tornare alla monarchia o quest’ultima fosse una minaccia per le istituzioni repubblicane.
Un sondaggio di quattro anni fa dà infatti come favorevoli alla monarchia non più del 10/15% degli italiani (e già mi sembrano dati generosi), quindi non mi sento di vedere rischi significativi all’orizzonte, come non vi erano vent’anni fa del resto.
Se il grande giornalista e scrittore avesse invece vissuto ai nostri tempi (comunque visse per ben 100 anni!), avrebbe potuto dilettarsi col tema della transitorietà dell’inflazione. Le Banche Centrali, infatti, nel periodo post Covid, hanno seguito una narrativa molto accomodante sul tema, definendola come un fenomeno transitorio. Esse, infatti, venivano da anni nei quali il Quantitative Easing non aveva praticamente avuto alcun effetto sul livello di inflazione nell’Eurozona, la quale rimaneva quasi sempre sotto il target del 2%.
Le Banche Centrali, poi, nelle loro consuete riunioni, ci narravano che per l’anno in corso essa era all’1%, ma il prossimo sarebbe sicuramente balzata verso il 2% (cosa che però non è quasi mai avvenuta!). I rari momenti in cui uscì dal target del 2% furono rigorosamente dovuti a fenomeni esogeni (vedi ad esempio 2008 o 2012, con picchi dovuti principalmente al prezzo delle commodity) non certo per l’impetuosa crescita economica.
La risposta della BCE a questi spike inoltre fu a volte addirittura erronea. Il governatore Trichet, infatti, nel 2008, preoccupato dagli elevati prezzi del petrolio e dei generi alimentari, non esitò ad alzare i tassi (diversamente dalla FED o dalla Bank of England!) per contenerla, provocando però (o quantomeno aggravando) una recessione. La BCE dovette poi fare precipitosamente marcia indietro per evitare un disastro economico. Trichet in quell’occasione commise un errore marchiano, sovrastimando il rischio temporaneo dell’inflazione, senza analizzare le magagne della finanza e le sue conseguenze sull’economia reale.
Forse a causa di questi ricordi, il rischio di inflazione nel periodo post covid è stato fortemente sottostimato. Per la prima volta dopo tanti anni veniva aggiunta ad una politica monetaria accomodante anche quella fiscale. In America in 12 mesi l’economia americana ha ricevuto stimoli per 5.000 miliardi di $, mentre l’Europa ha varato un Recovery Plan da 750 miliardi di euro. Pensare che queste misure non portassero dei rischi inflattivi era quantomeno ottimistico. Basti pensare che i paesi come la Cina, che non hanno approcciato il Covid con politiche così espansive, oggi l’hanno molto più sotto controllo (lì è infatti attorno all’1,5%).
Anche ai “piani alti delle Banche Centrali” bisognerebbe poi ogni tanto ricordarsi che l’economia non è una scienza esatta, è un insieme di teorie, ed il problema delle teorie è che non possono calcolare tutte le variabili. Le previsioni dovrebbero quindi essere fatte con una certa cautela viste le molte incognite che il futuro porta con sé! Chi si aspettava 2 anni fa che il costo di spedizione di un container aumentasse del 600%? Chi poteva immaginare che dopo il Covid un numero così importante di americani decidesse di andare in pensione o di non tornare al lavoro, creando tensioni salariali?
Ad esempio, oggi per assumere un camionista negli USA bisogna offrirgli uno stipendio di 100.000 $ l’anno e anche un dipendente di McDonald può arrivare a chiedere fino a 20$ l’ora di paga! In Europa le dinamiche salariali sono molto meno spinte, ma siamo molto più dipendenti dalle commodity ed è questo quello che sta danneggiando maggiormente l’economia da questa parte dell’oceano, anche a causa di una classe politica che, relativamente al tema energetico, un importante giornale italiano ha correttamente definito: passeggera della storia.
La cosa che mi lascia veramente senza parole però, è la facilità e leggerezza con cui chi fa forecasting, in particolare alla BCE, è passato dalla transitorietà dell’inflazione alla sua persistenza. È stata una manovra che si è cercato di far passare inosservata. Peccato che le sue implicazioni sull’economia reale (e quindi sulle tasche degli europei) siano notevolmente diverse! Un noto economista di fronte a questo scenario ha detto: non si può passare da transitory a permanent con noncuranza in poche settimane. Non ci sono solo due stati nel mondo!
Tempo fa chiesi al CIO di un’importante compagnia assicurativa come veniva calcolato il premio al rischio da parte di un asset manager in una presentazione. Mi mostrò il suo dito indice alzato, che si spostava a seconda del vento. Chissà come tirerà il vento a Francoforte nelle prossime settimane…
Alessio Benaglio 19 aprile 2022