Ilva, il governo blinda la vendita con il golden power

Garanzie su investimenti, lavoro e ambiente. Riparte l’Altoforno 1

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Urso Ilva

Chiunque sarà scelto come cavaliere bianco per rilevare l’ex Ilva, il governo ha tutta l’intenzione di ricorrere al golden power così da blindare il destino industriale del gruppo. Questo significa che, controvalore economico della transazione a parte, il ministero delle Imprese e del made in Italy pianterà dei paletti sugli investimenti, sui livelli occupazione e sugli obiettivi di sostenibilità ambientale che dovrà sostenere il compratore.

A dirlo è stato il ministro Adolfo Urso che è volato a Taranto per riaccendere, non senza qualche polemica degli ambientalisti, l’altoforno 1 del polo siderurgico. Riavviare l’impianto è l’unico modo per cercare di aumentare una produzione ridotta al lumicino durante la fallimentare gestione dell’indiana Arcelor Mittal affidata all’amministratore delegato Lucia Morselli.

Il big dell’acciaio estero è uscito di scena lo scorso luglio, facendo posto al salvataggio di Stato e all’arrivo dei commissari. Il tutto corredato da una indagine per truffa ai danni dello Stato, associazione a delinquere e disastro ambientale.

Fino a ieri la sopravvivenza dell’ex Ilva era appesa al solo altoforno 4; il primo era fermo da oltre un anno. Potendo ora contare su due altoforni, Ilva potrà far risalire la produzione verso quota 5 milioni di tonnellate il prossimo anno.

Entro marzo del 2025 dovrebbe ripartire anche l’altoforno 2; il piano di rilancio del gruppo siderurgico italiano si completa poi con la costruzione ex novo di due altoforni elettrici in nome della sostenibilità. Va ricordato che l’acciaio è un asset strategico per il Paese, anche in vista delle infrastrutture e delle grandi opere che saranno messe in cantiere nei prossimi anni.

Al momento sono 15 le manifestazioni di interesse per l’Ilva, tra cui si contano tre pretendenti esteri che vogliono rilevare l’intero perimetro, le altre invece puntano solo a singoli asset. Come per esempio il gruppo Marcegaglia o Sideralba.

A puntare a tutta l’Ilva sono invece l’indiana Jindal, la canadese Stelco e Baku Steel Company che ha sede in Azerbaijan, ma si attende ancora la mossa dell’italiana Arvedi, che ha già rilevato la ex AST-Acciai speciali Terni per rilanciarla.

Leggi anche il post di Nicola Porro: Giustizia folle, il processo sull’Ilva è tutto da rifare.

Entro la fine di novembre è attesa la seconda tappa dell’iter per la vendita di quello che resta del polo siderurgico italiano, con il deposito delle offerte vincolanti. Queste saranno poi analizzate dai commissari, così da scegliere a chi affidare le chiavi dell’impianto nel febbraio del prossimo anno.

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