Economia

In Italia, la certezza del diritto è insindacabile o è una chimera?

Il caso delle agevolazioni per le start-up e le PMI innovative

Economia

In Italia, vi è ancora la certezza del diritto?

Non sempre verrebbe da dire, soprattutto se si pensa alla recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (15 febbraio 2021) del decreto attuativo in materia di agevolazioni fiscali in regime de minimis per gli investimenti in start-up e PMI innovative che incomprensibilmente stravolge quanto previsto dal cd. “decreto rilancio” del maggio scorso cui dà attuazione.

Nello specifico, il decreto Rilancio è intervenuto nel potenziare le agevolazioni già previste per gli investimenti in start-up e PMI innovative riconoscendo alle persone fisiche, in alternativa all’agevolazione ordinaria pari al 30 per cento, una detrazione d’imposta pari al 50 per cento dell’investimento nel rispetto dei limiti de minimis.

A parte le tempistiche con cui siamo giunti, dopo ben nove mesi di gestazione, finalmente ad un decreto attuativo (cosa che già di per sé crea notevoli problemi e buchi normativi) siamo anche in presenza di un quasi totale cambio di rotta nei contenuti, ciò che crea i veri e propri danni. Sulla base di quanto previsto, infatti, l’investimento agevolabile può esser realizzato, direttamente o indirettamente, da parte di organismi collettivi del risparmio che investono prevalentemente in start up o PMI innovative.

Tuttavia, rimangono esclusi da questa fattispecie gli investimenti realizzati indirettamente tramite società di capitali che investono prevalentemente in start-up o PMI innovative: vale sia i business angel che realizzano i loro investimenti tramite veicoli dedicati (come nel caso delle più note associazioni di categoria) sia coloro che investono tramite portali di equity crowdfunding che raccolgono gli investitori in veicoli dedicati, nonché i sottoscrittori di alcuni importanti acceleratori anche quotati.

Una decisione difficile da comprendere, unita poi alle barocche modalità con cui si dovrebbe procedere agli investimenti, soprattutto se si pensa che una parte rilevante di questi viene oggi realizzata proprio secondo le modalità escluse dal decreto.

 

Ci troviamo quindi davanti ad una precisa scelta politica?  Ad una svista? O si tratta del frutto di un cattivo drafting legislativo?

Questo non è dato saperlo, fatto sta, però, che il decreto va ad incidere anche sugli investimenti già sostenuti nel 2020 producendo l’effetto di mettere in difficoltà decine e decine di start-up innovative, di investitori e di business angels che avevano investito sulla base di una norma e su di questa basato le strategie di sviluppo.

Se ciò non bastasse, in un Paese che di suo ha già una certa difficoltà nell’investire in innovazione, con tali restrizioni si rischia seriamente di minare la credibilità negli incentivi e nel sostengo all’innovazione, riducendo di molto anche la possibilità di accedere a preziosi investimenti. Si tratta quindi di un grave danno a tutta la filiera che sinceramente non possiamo più permetterci.

In definitiva, il decreto per restrizioni e difficoltà amministrative sembra essere in grado di produrre limitati effetti in termini di crescita degli investimenti e a poco serve la pur rimarchevole già citata retroattività per gli investimenti effettuati anche nel 2020. Così com’è, anche questo rimane un caso di come semplificazione e digitale vadano di pari passo e di come di pari passo siano spesso ignorati.

 

Maurizio Pimpinella