Il governo accende gli incentivi auto. Sul tavolo c’è complessivamente un miliardo, considerando anche i 50 milioni precedentemente stanziati, con l’obiettivo di svecchiare un parco circolante nazionale che in media ha almeno 12 anni di servizio.
Gli incentivi saranno in vigore, salvo esaurimento, fino al 31 dicembre. A comandare per i privati saranno sostanzialmente treparametri:
- la fascia di reddito del richiedente (cioè l’Isee);
- il tipo motorizzazione scelta (benzina, ibrida, elettrica).
- il prezzo di listino (optional compresi) non deve superare quota 35mila euro per elettriche e benzina, 45mila euro per i modelli plug in. Insomma niente sportive o supercar.
Il decreto, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è premiante per chi acquista un’auto con la spina rottamando le vetture sulla carta maggiormente inquinanti (da Euro 0 a Euro 2).
Chi ha un Isee sotto i 30mila euro e acquista un’auto elettrica può quindi beneficiare di un incentivo statale di 7.500 euro, che quasi raddoppia a 13.750 se rottama il suo vecchio veicolo. Oltre tale soglia di reddito il bonus cala a 6mila euro per il semplice acquisto, ma aumenta progressivamente da 9mila a 11 euro a seconda della vettura che si consegna allo sfascia carrozze. Anche in questo caso vale la classe Euro.
Gli automobilisti che scelgono una vettura ibrida plug-in hanno a disposizione bonus da 6 a 11mila euro mentre quelli che vogliono un motore a benzina tradizionale dovranno accontentarsi di un “aiutino” che varia da 2mila a 3mila euro. A comandare in ogni caso è l’Isee e “sacrificare” sull’altare dell’ecologismo quella che il governo considera una vecchia carretta da mandare al macero.
A fare la pratica saranno direttamente i concessionari: dal 3 giugno la richiesta potrà essere inserita nella piattaforma preposta ma la gran parte delle case ha già iniziato a raccogliere le prevendite e sta affiancando ai bonus statali le proprie iniziative commerciali.
In generale i bonus sono più alti delle precedenti edizioni e si rivolgono anche alla società di noleggio. Evidente, quindi, l’obiettivo di dare una spinta alla produzione nazionale.
Un terreno questo sul quale prosegue lo scontro tra il ministro Adolfo Urso e Stellantis, fino ad arrivare al blocco in dogana delle Fiat Topolino assemblate in Marocco perché hanno il tricolore sulla fiancata. E alle trattative che il governo ha avviato con la cinese DongFeng per realizzare un impianto lungo lo Stivale.
Ieri un timido spiraglio, con l’annuncio ai sindacati che dai primi mesi del2026 la catena di montaggio della 500 ibrida traslocherà da Tychy a Mirafiori. Resta un mistero come farà a resistere fino ad allora l’impianto torinese allo stato semi paralizzato e colpito da violenti tagli al personale per mancanza di modelli.
Per approfondire leggi anche la decisione di Volkswagen e Renault di divorziare sull’auto elettrica. Qui invece la retromarcia Mercedes che, alla faccia delle follie dei gretini, produrrà auto con motore tradizionale anche dopo il 2030.
Resta però il problema di concentrare gli aiuti su ibrido e elettrico in una Italia che resta a corto di colonnine di ricarica e la cui popolazione ha dimostrato di non amare molto le e-car. In sostanza, sarebbe forse stato meglio andare per gradi e iniziare a puntare a svecchiare il parco circolante.