Economia

Inflazione: ai bivi della storia

Rassegna stampa del 25 febbraio 2021

inflazione

L’anno, il 1981, era iniziato con l’elezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca; eravamo nel pieno della terza ondata di crescita del debito e inflazione.

La prima onda era seguita all’abbandono della parità aurea da parte degli Stati Uniti: il 15 agosto del 1971 il Presidente Nixon annunciava alla nazione che veniva temporaneamente sospesa la convertibilità del dollaro americano in oro: il valore del dollaro crollò, mentre il debito continuava a salire (continuava infatti il finanziamento della Guerra del Vietnam ma con dollari sempre più svalutati).

Nel 1974-75 arrivò la seconda onda: in seguito al primo shock petrolifero del 1973 i prezzi del petrolio e delle materie prime schizzarono alle stelle e con loro esplose l’inflazione; la Fed inasprì la politica monetaria alzando i tassi per contrastare le spinte inflazionistiche.

La terza onda, la più violenta, arrivò nel 1979-1982: nel 1979 la rivoluzione iraniana aveva esiliato lo Scià e portato al potere una maggioranza di stampo politico-religioso, era il secondo shock petrolifero; nuovamente tassi e inflazione schizzarono in alto.

Nel 1979 il Presidente Carter nominò Paul Volcker Governatore della Fed proprio per contrastare gli alti livelli di inflazione che si erano registrati e che, unitamente a una bassa crescita economica, aveva fatto coniare un nuovo termine: stagflazione, combinazione micidiale di stagnazione e inflazione. 

Volcker iniziò una politica monetaria restrittiva (il cosiddetto Volcker shock) innalzando i tassi di interesse: i Fed rates arrivarono al 20,5% nel maggio  1981 (l’inflazione era oltre il 13%); il 1° Settembre del 1981 i Treasury a 10 anni toccarono il livello più alto della storia: 15,8%.

 

Chi la dura la vince

Grazie a questa strategia straordinariamente aggressiva, pagata col prezzo di una salita forte del tasso di disoccupazione fino all’11%, Volcker riuscì a riportare il tasso di inflazione sotto controllo: in pochi anni quest’ultima scese al 3%; in corrispondenza, dal picco massimo del 15%, iniziò la secolare discesa dei tassi di interesse: dal 1981 a oggi infatti – tranne qualche parentesi di breve durata (v. grafico precedente) – i tassi dei titoli di stato hanno mantenuto un trend di costante calo, complici anche – ovviamente – gli effetti indotti dalla Grande Crisi Finanziaria del 2007-2008 che ha portato alle politiche monetarie ultra-accomodanti delle banche centrali che ben conosciamo, addirittura sperimentando i tassi negativi.

 

E i risparmiatori?

La figura del risparmiatore oggi è un po’ quella dell’attore che ha impersonato un ruolo di grande successo, che lo ha consacrato ma lo ha anche imprigionato (penso all’attore Daniel Radcliffe alias Harry Potter o a Elijah Wood alias Frodo Baggins).

Quando per tanti anni, agendo in un certo modo, hai raggiunto il successo, è difficile cambiare; è difficile comprendere che, a un certo punto, il contesto è cambiato e tu devi mutare il tuo comportamento se vuoi continuare ad avere i risultati cui, legittimamente aspiri.

Il 1° settembre del 1981 l’IBM lanciava sul mercato il primo Personal Computer, il PC IBM 5150: processore Intel 8088, scheda Ram 16 kB e memoria 1MB, floppy da 5,25 pollici.

Potreste pensare di lavorare oggi con una macchina del genere? Ovviamente no, i tempi sono cambiati e l’evoluzione tecnologica ha fatto passi da gigante.

In ambito obbligazionario nel 2001 potevo comprare un Treasury a 10 anni con una duration di circa 6 anni portando a casa un 5% di rendimento; oggi per portare a casa un 1,7% devo sopportare una duration di oltre 9 anni, con i rischi conseguenti (maggiore duration = maggior sensibilità ai movimenti dei tassi e quindi maggior rischio di oscillazione).

 

Le condizioni di partenza

Al solito, rovistando nelle memorie digitali (su Twitter) ho recuperato questa immagine del solito Charlie Bilello.

Cosa ci dice? Che il miglior predittore dei rendimenti dell’investimento in obbligazioni a lungo termine è il loro livello iniziale (dei tassi) e per questo gli investitori devono abbassare – e di molto – le loro aspettative.

 

 

Massimiliano Maccari