Economia

Italia avanti con le privatizzazioni per domare il debito. E’ il turno di Eni

Il Tesoro pensa di vendere il 4% e incassare 2 miliardi. Poi occhi su Poste e Fs, ma se non si abbassano le tasse il Pil non decollerà

Pronta la fase due per le privatizzazioni promesse dalla Nadef, la Nota di aggiornamento dei nostri conti pubblici. Dopo il collocamento lampo del 25% di Monte dei Paschi avvenuta a fine novembre, a breve dovrebbe essere il turno di Eni. L’idea del governo è quella di cedere il 4% del capitale del big dell’energia e incassare così 2 miliardi.

Fare cassa è, infatti, un imperativo per l’Italia. Il mostro del debito pubblico, che con i suoi 2.868 miliardi di euro è prossimo al 140% del PIl, rischia di lasciare un peso mortale sugli investimenti e quindi su una crescita economica già precipitata sotto la soglia dell’1 percento. E che, ha avvertito il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, resterà incerta anche quest’anno e il prossimo.

Il quadro è poi ulteriormente complicato sia dai tassi di interesse della Bce sia dal nuovo Patto di Stabilità europeo. Con i falchi del rigore tedeschi che, anzichè pensare che Berlino è precipitato in recessione e a rimediare alla raffica di fallimenti tra le sue imprese, spingono già perché Bruxelles avvii una procedura di infrazione contro i Paesi spendaccioni del Mediterraneo. Come appunto l’Italia.

La presidente Christine Lagarde ha detto che l’Eurotower probabilmente inizierà ad allentare la politica monetaria in estate. Un po’ più tardi, quindi, rispetto a quanto speravano gli analisti ma il fatto che il costo del denaro resti più alto più a lungo comporterà oneri aggiuntivi sulle casse dello Stato.

A questo si somma la crisi del Mar Rosso e gli attacchi dei ribelli Houthi alle navi che transitano lungo il canale di Suez. Una bomba a orologeria sulla catena degli approvvigionamenti globali che potrebbe tornare a dare alle fiamme l’inflazione. E indurre le banche centrali mondiali a cambiare idea: ieri Raphael Bostic, tra gli esponenti più duri della Fed statunitense, proponeva di spostare l’orizzonte del taglio dei tassi a settembre.

Ma torniamo all’Eni. L’idea del ministro Giancarlo Giorgetti sarebbe quella di  cedere un pacchetto prossimo al 4% ora in mano al Tesoro non appena la multinazionale guidata da Claudio Descalzi avrà completato il proprio piano di riacquisto di azioni proprie. Quello che in gergo borsistico si chiama buy back.

Malgrado la vendita del 4%, la presa della mano pubblica su Eni resterebbe quasi immutata e prossima al 30% perché in le azioni ritirate dal mercato con il buy back sarebbero annullate. Diminuendo i titoli in circolazione, salirebbero quindi matematicamente le quote di tutti gli azionisti; a partire dal primo socio Cassa Depositi e Prestiti.

Come detto, l’operazione potrebbe fruttare 2 miliardi, considerando che Eni ne capitalizza in Borsa poco meno di 50. Denaro che, insieme ai 200 milioni ricavati dal Tesoro con la prima fase della privatizzazione di Monte Paschi aiuterebbe ad affrontare i prossimi esami delle agenzie di rating, S&P e Moody’s in testa.

Quest’anno il dicastero di Via XX Settembre ha in programma di collocare da 340 a 360 miliardi di titoli a medio-lungo termine, a partire dai Btp. E per un soggetto molto indebitato è fondamentale mostrarsi affidabile per ottenere la fiducia di chi lo finanzia.

Ecco perché Giorgetti al forum mondiale in corso a Davos, tra le montagne della Svizzera, sta spendendo non poche energie per incontrare i signori delle grandi banche americane e dei fondi mondiali. Ultimi in ordine di tempo gli amministratori delegati di  JP Morgan, Bank of America e Bridgewater. Così come gli emissari dei grandi fondi sovrani di paesi come il Qatar o l’Arabia Saudita, sempre molto affascinati dal made in Italy. Come è di recente accaduto agli alberghi di lusso di Rocco Forte, in cui Riad ha investito 1,4 miliardi.

Completano la strategia del Tesoro i collocamenti del Btp Valore destinato al retail. Con cui Giorgetti punta a riportare “in casa” una parte del debito pubblico affidandolo alle famiglie, con la speranza che tengano i bond governativi fino alla scadenza, attratte dalle cedole generose e dal premio fedeltà.

Il percorso di privatizzazioni nei prossimi anni dovrebbe includere anche una quota di Poste Italiane e delle Ferrovie dello Stato, ancora non è chiaro se con un collocamento in Borsa o con la cessione di un pacchetto a un grande investitore. A cui dovrebbe affiancarsi la valorizzazione del patrimonio immobiliare e, forse, quella della gestione dei porti.

Per approfondire leggi anche: Venduto il primo pacchetto di Monte Paschi, ma lo Stato ha speso 7 miliardi nel salvataggio. Qui, invece, ecco Il nuovo Patto di Stabilità UE e che cosa dovrà fare l’Italia con il debito.

La Nadef ha posto l’obiettivo di incassare 20 miliardi. Privatizzare tuttavia non risolverà i problemi. I cantieri del Pnrr da soli non bastano, è necessario che prenda corpo una vera riforma fiscale che tolga il cappio al collo della classe media, oggi strozzata dall’Irpef. Solo così potranno ripartire i consumi e l’immobiliare. Con un effetto volano sul Pil.