Il comunicato dell’Istat è di quelli assolutamente scarni ed essenziali. Meno scarno ed essenziale è il dato che viene riportato all’interno del comunicato stesso: 11,9%, un numero che, se preso da solo, non sembrerrebbe neanche tanto importante, ma che se, invece, è riferito all’inflazione italiana, rischia di far tremare i polsi.
Secondo le stime preliminari, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra a ottobre un aumento del 3,5% su base mensile e dell’11,9% su base annua (da +8,9% del mese precedente).
Bisogna risalire al marzo 1984 per osservare un tendenziale aumento dell’indice generale NIC pari a +11,9%. La forte accelerazione si deve soprattutto ai prezzi dei Beni energetici (da +44,5% di settembre a +73,2%) e, in misura minore, ai prezzi dei Beni alimentari (da +11,4% a +13,1%). Secondo le stime inoltre i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano da +10,9% a +12,7%, e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +8,4% a +8,9%. I prezzi dei Beni alimentari (da +11,4% a +13,1%), sia lavorati (da +11,4% a +13,4%) sia non lavorati (da +11,0% a +12,9%). È necessario risalire a giugno 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +13,0%) per trovare una crescita dei prezzi del carrello della spesa, su base annua, superiore a quella di ottobre.
Va sottolineato che, in contrapposizione al dato Italiano c’è quello Spagnolo che sottolinea come, diverse politiche finanziarie e soprattutto di aprovigionamento energetico hanno portato l’inflazione sotto le attese al 7,3%.
28 ottobre 2022 Leopoldo Gasbarro