Rincuorata dal fatto che l’inflazione è ormai prossima all’obiettivo del 2%, la Bce dà un’altra mini sforbiciata ai tassi: via una altro quarto di punto, con un il tasso sui depositi che scende al 3% e quello sulle principali operazioni di finanziamento al 3,15%.
Cristine Lagarde e la sua squadra sono tutti soddisfatti di aver fatto il compitino, allineandosi al minimo delle aspettative del mercato. Assicurano che il voto sia stato unanime, si giustificano alzando trincee deboli come le loro parole: l’inflazione è sulla “traiettoria giusta” ma “la missione non è ancora compiuta”.
Ma fingono di non accorgersi che il Pil del vecchio continente è in stallo. Fingono di non ricordarsi che la Germania, il principale “socio industriale e primo contributore” dell’Unione, resta in recessione e che quattro Paesi europei non sono ancora riusciti a presentare le loro leggi di Bilancio. A partire dalla Francia stretta nella crisi di governo mentre i suoi titoli di Stato rendono ormai più di quelli della tanto vituperata Grecia.
Alla Bce fingono di non vedere che i Paesi che prima erano il traino della economia europea hanno grippato. E che a restare in piedi sono invece gli “spendaccioni” e indebitati Stati Mediterranei, come l’Italia che quest’anno – come ha ribadito ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – otterrà comunque una crescita del Pil pari allo 0,7%. Non molto, ma meglio di tanti altri. E un piccolo miracolo considerando il contesto dell’export.
Alla Bce fingono di non ricordarsi che la Cina è in panne da un anno, a causa del crollo del suo mercato immobiliare conseguente al crac di Evergrande. Fingono di non sapere che con Pechino è in corso una dura guerra commerciale imperniata sulle auto elettriche. Fingono di dimenticare che Donald Trump sarà presto presidente degli Stati Uniti e porrà nuovi dazi. O meglio, all’Eurotower pensano di blandire il tyconn al grido “Buy american”. Ma non sarà così.
Basterebbe che guardassero le loro stesse stime: quest’anno il Pil della zona euro, lontanissimo dal già modesto obiettivo dell’1,1%, non andrà oltre una progressione dello 0,7% e anche nel 2025 dovrà accontentarsi dell’1,1%, contro l’1,3% prima preventivato. Nel frattempo la corsa dei prezzi si attesterà al 2,4% quest’anno fino a rallentare al 2,1% il prossimo. Di un soffio sopra l’assioma del 2% scolpito nello statuto della banca centrale dallo scalpello del rigore tedesco.
Alla Bce però non basta, probabilmente ossessionata dal fatto che l’1,9% di inflazione sarà agguantato solo nel 2027. Così Cristine Lagarde, avvolta nel suo tailleur di ordinanza, spegne anzitempo le speranze del mercato che almeno a gennaio i tassi possano scendere dello 0,5%.
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Molto meglio aspettare. Nel frattempo la Banca centrale Svizzera ha già provveduto e ora si attende la Federal Reserve americana. Ma lo sappiamo, la Bce arriva sempre per ultima.