La Banca centrale europea rompe gli indugi: a giugno darà la prima sforbiciata ai tassi di interesse. Sarà una mini riduzione, probabilmente solo un quarto di punto, ma forse getterà una bacinella d’acqua sul fuoco delle polemiche appiccate dalle dieci strette consecutive con cui Christine Lagarde ha portato il costo del denaro al massimo storico del 4,5%.
Dopo le proteste della politica, infatti, anche all’interno del direttivo Bce si moltiplicano i dissensi al diktat del rigore imposto dai falchi tedeschi e dai paesi cosiddetti “frugali”. Per non parlare della sonora bocciatura rimediata da madame Lagarde persino dai suoi dipendenti, che la ritengono inadatta al suo ruolo.
Dal punto di vista macroeconomico, inoltre, anche i burocrati di Francoforte sono ormai persuasi che i prossimi dati dell’inflazione relativi alla euro zona confermeranno che il peggio è alle spalle, ma non si escludono improvvisi ritorni di fiamma.
Così Christine Lagarde ha già messo le mani avanti, specificando che dopo il taglio di giugno, che naturalmente dovrà essere corroborato dall’andamento dei prezzi, si vedrà come procedere.
In sostanza, è tracciata sulla sabbia la strada del ritorno alla normalità per il costo dei prestiti dei finanziamenti alle imprese e dei mutui erogati alle famiglie per comprare casa. Non è stata infatti ancora ordinata alcuna vera inversione di marcia dopo il passo indietro atteso a giugno. E l’ex numero uno del Fmi, anche ieri, non ha mancato di dispensarci un’altra perla di saggezza, questa volta scomodando una premio Nobel per la Scienza.
“Per prosperare negli alti e bassi della vita, dobbiamo avere perseveranza e soprattutto fiducia”, ha detto la presidente della Bce, trincerandosi dietro le parole di Marie Curie forse alla ricerca di una scusa per aver carbonizzato la crescita del Pil e distrutto il mercato immobiliare europeo. Germania compresa.
Quindi è stato ripetuto il solito mantra secondo il quale la Bce sceglierà “in base ai dati” che arriveranno sulle scrivanie “riunione dopo riunione”.
In realtà la vera bussola dei signori di Francoforte resta la Federal Reserve che ieri ha mantenuto i tassi invariati (al 5,25%-5,5%) e promesso tre tagli al costo del denaro nel corso di quest’anno.
Ci sarà, quindi, una sforbiciata in meno delle attese. Non solo, anche i toni del presidente Jerome Powell sono apparsi più prudenti rispetto al passato proprio per il rischio di un riaffacciarsi del carovita.
Peccato, però, che il Pil americano quest’anno dovrebbe mettere a segno una ripresa del 2,1% e non un risultato da prefisso telefonico come invece accadrà per l’economia europa e nella stessa Italia, che comunque resta davanti alla Germania finita in recessione.
Per approfondire leggi anche: Il Giappone depone il bazooka degli aiuti e chiude l’era del denaro gratis. Qui invece l’agonia del mercato immobiliare, soffocato dal caro mutui.
I grandi investitori lo sanno bene e hanno già spinto Wall Street al nuovo massimo storico. Nelle Borse europee per ora tutto bene, anche Piazza Affari continua a navigare nell’euforia generalizzata. Terminata la stagione dello stacco dei dividendi, si vedrà.