L’ottimismo è il profumo della vita. Nell’estate del 2007 il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra spopolava in tv con un felice tormentone e pochi immaginavano il contrappasso al quale erano destinate l’economia italiana e quella occidentale, che in quello slogan si rispecchiano euforiche e illuse. I guru della finanza erano certi che nulla avrebbe potuto fermare la crescita infinita dei mercati, quello immobiliare in particolare, sostenuto da un sistema creditizio avido, distratto e in particolar modo negli USA distorto dalla visione ideologica del democratico Clinton, che aveva allentato le maglie dei controlli della solvibilità degli acquirenti, convinto che dare una casa ad ogni americano, anche a quelli privi di garanzie, fosse un dovere politico.
Pochi mesi dopo il mondo intero era già entrato in uno dei periodi più turbolenti della storia moderna dell’economia. Un nuovo 1929. Il fallimento di Lehman Brothers aprì la voragine di una stagione di crisi concatenate che dagli USA rimbalzarono in Europa e Asia. L’ottimismo aveva perso il suo profumo. La vita divenne grama per milioni di lavoratori, di risparmiatori, di investitori, di proprietari di case indebitati oltre il valore di mercato delle loro proprietà. Gli Stati furono chiamati a intervenire per salvare il sistema bancario. Di fatto per salvare il sistema economico capitalistico.
Parafrasando un altro slogan di successo quando sull’economia capitalistica si abbatte una crisi sistemica la potenza del capitale è niente senza il controllo dello Stato. Subprime, spread, PIIGS: per anni in tv divennero le parole dominanti nei notiziari e nei programmi di approfondimento.
Risalire da quel baratro sembrava una sfida improba. Eppure le economie si ripresero. I mercati reagirono. Le fiamme dello spread greco e italiano furono spente e il progetto politico dell’Europa unita e la sua moneta salvate. Perché un italiano a Francoforte promise di fare “tutto ciò che fosse stato necessario”. Tanto bastò.
Il mondo uscito da quella lunga parentesi aveva ripreso a respirare un profumo di speranza e non immaginava che una crisi ancora più violenta, imprevedibile e devastante lo avrebbe colpito da lì a poco. La pandemia ha stravolto in modo ancora più profondo il sistema economico e sociale dell’intero pianeta. Si contano milioni di morti. Il blocco totale della vita per la paura del contagio ha sospeso l’esistenza di miliardi di persone, arrestando il sistema economico del globo.
Eppure dopo solo quindici mesi l’inebriante profumo dell’ottimismo è pronto a invadere la vita estiva degli italiani, dopo aver profumato la primavera israeliana, quella inglese e quella americana. La Borsa di Milano ha toccato per la prima volta i livelli pre-crisi del 2008. La Banca d’Italia stima un rimbalzo del PIL oltre le più rosee previsioni: superiore al 4,7%. Entro giugno l’Italia sarà tutta in zona bianca. La vita riprende, il coprifuoco è cessato. Piano piano si torna alla normalità. Gli italiani si vaccinano in massa, soprattutto i giovani che affollano gli open day. Senza timori, confortati dalle evidenze statistiche e dalla forza inoppugnabile della verità scientifica. I vaccini funzionano, proteggono dal contagio, piegando la curva dei malati e dei morti.
Per la prima volta nella storia umana la scienza ha saputo reagire all’attacco di un patogeno con una tale velocità. Per un vaccino mediamente occorrevano 12 anni di studio. In questa circostanza sono stati sufficienti meno di 10 mesi. Un esito insperato che si è reso possibile solo grazie alla volontà degli Stati di investire massicciamente nella ricerca scientifica.
Stati Uniti e Germania, Inghilterra e Svezia: queste le nazioni che hanno il merito di aver finanziato e prodotto i medicinali che al momento stanno salvando il pianeta. Come è stato possibile? Finanziamenti ingenti, strutture universitarie all’avanguardia costruite attorno a centri di ricerca e sperimentazione, apertura agli scienziati provenienti da ogni parte del mondo, dialogo costante con l’industria. Su questi presupposti si è costruita l’unica risposta possibile e vincente alla crisi pandemica.
Tutto il mondo ne beneficia. Ma pochi Stati hanno avuto il merito con le scelte del passato di aver costruito un modello in grado di produrre questo risultato, in così breve tempo. L’Italia sul punto è tragicamente arretrata. Gli investimenti in ricerca scientifica restano fra i più bassi di Europa. Anche il PNRR non ha recepito l’insegnamento più importante emerso da questa crisi. La potenza del capitale è nulla senza controllo dello Stato che indirizza le risorse e sceglie le priorità. Il profumo dell’estate italiana potrà svanire presto se non comprenderemo che l’ottimismo è nulla senza la volontà di incrementare gli investimenti in ricerca scientifica.
Antonello Barone