Nel porto di Livorno sono bloccate da giorni 134 Fiat Topolino. Le vetture del gruppo Stellantis sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza e dalla Agenzia delle Dogane perché “colpevoli” di esporre sulle loro fiancate (piccoli) adesivi della bandiera tricolore.
Un “inganno” o meglio una “fallace indicazione di provenienza” secondo la legge sull’Italian sounding visto che le micro-car, tutte rigorosamente elettriche e diffuse tra i giovanissimi visto che per guidarle basta avere compiuto 14 anni, sono sbarcate da una nave container che le ha prelevate dall’impianto Psa in Marocco.
In sostanza le 134 Topolino rappresentano agli occhi del governo un altro caso di “Parmesan a quattro ruote”. Come era avvenuto poche settimane fa sempre con Stelllantis con il crossover “Alfa Milano”, prodotto in Polonia e costretto a cambiare nome in “Junior”. Ma anche la cinese Xiaomi ha dovuto cancellare la denominazione “Modena” per la sua coupè.
Nel caso delle Topolino, Stellantis ha detto che rimuoverà gli adesivi con la bandiera italiana “per risolvere la questione” e di aver sempre dichiarato ai consumatori che le microcar sono prodotte nello stabilimento di Kenitra: le Fiat Topolino, infatti, altro non sono che una riproposizione della Citroen Ami con una livrea leggermente modificata.
Conoscendo la burocrazia italiana, i tempi del dissequestro promettono di essere molto lunghi. Quello che più conta però è il livello dello scontro raggiunto tra Stellantis e il ministro delle Imprese Adolfo Urso, che non per nulla ha aggiunto alla denominazione del proprio dicastero anche il Made in Italy.
Il gruppo franco-italiano ha appena annunciato che si metterà a importare e vendere in tutta europa le auto dell’alleato cinese LeapMotor. Una mossa quella decisa dall’amministratore delegato Carlos Tavares che ha polarizzato aspre critiche e che, secondo alcuni osservatori, espone il gruppo al rischio di cannibalizzare le proprie utilitarie, come la Panda elettrica che Stellantis si appresta a realizzare in Serbia.
In gioco c’è la sopravvivenza degli impianti italiani e quindi la sorte di migliaia di posti di lavoro. Nell’attuale assetto mondiale dei commerci, il nostro Paese esporta ormai principalmente moda-lusso, tecnologia e servizi. Ma prima della globalizzazione e della successivo terremoto alla catene di approvvigionamento scatenato dalla guerra in Ucraina, la vecchia Fiat aveva ricevuto per decenni a vario titolo aiuti miliardari dallo Stato italiano. Tutto denaro prelevato dalle nostre tasse.
Per approfondire leggi anche: Il governo tratta con la cinese Dongfeng per dare un secondo produttore di auto al Paese. Qui invece la decisione di Volkswagen e Renault di divorziare sull’auto elettrica.
Ieri il ministro Urso ha detto che “entro fine mese” è necessario individuare un punto di arrivo per il tavolo automotive in corso al ministero con Stellantis e gli altri soggetti della filiera dell’auto. L’obiettivo è tornare a produrre un milione di veicoli in Italia ogni anno. Naturalmente per trovare un accordo bisogna essere in due.