L’impatto della pandemia
E’ trascorso ormai un anno da quando il Covid-19 è diventato il protagonista di una pandemia che ha investito l’intera umanità determinando un cambiamento negli stili di vita di miliardi di persone con conseguenze economiche e sociali che segneranno l’esistenza di ciascuno di noi in modo irreversibile.
Lavorare da casa anziché in ufficio, seguire una lezione senza andare a scuola o all’università, ricevere la spesa a domicilio senza recarsi al supermercato o addirittura vedersi recapitare l’auto nuova senza visitare un concessionario stanno diventando cose assolutamente normali, sconvolgendo abitudini ormai consolidate.
Tutto ciò non potrà non avere un impatto fortissimo sulle nostre economie che verranno profondamente cambiate o, in alcuni casi, letteralmente rivoluzionate soprattutto in alcuni settori che ne saranno (s)travolti semplicemente perché non saranno in grado di fronteggiare un cambiamento così rapido e profondo.
Cambiamenti “disruptive”
Chi, come me, ha superato i 50 anni ricorderà cosa è successo ad aziende che sembravano inattaccabili e che invece sono state spazzate via da nuove tecnologie che ne hanno decretato la fine. Ne sono un esempio la Kodak, azienda leader assoluta nel campo delle pellicole fotografiche praticamente scomparsa con l’avvento della fotografia digitale o di Blockbuster annientata dall’avvento della pay-per-view passando magari per Motorola (quella del mitico Star Tac) defunta a causa della prepotente diffusione dello smartphone.
Lo stesso pericolo potrebbero correrlo le catene della grande distribuzione (alimentare e non) sempre più minacciate da Amazon o Alibaba che si dimostrano modelli sempre più efficienti nella distribuzione di beni – ed a breve anche di servizi – al consumatore finale. Anche il settore bancario tradizionale non sarà immune da questo travolgente cambiamento che il Covid-19 sta determinando e che disegnerà a breve una nuova geografia nella distribuzione di prodotti e servizi finanziari ed assicurativi alla clientela. Il mondo, insomma, si sta rapidamente trasformando e chi non sarà in grado di adattarsi velocemente al cambiamento sarà destinato a scomparire o, nella migliore delle ipotesi, a ridimensionarsi notevolmente.
La “distruzione creativa”
Negli anni ’50 l’economista austriaco Joseph Schumpeter teorizzava la “distruzione creativa”, cioè un processo continuo e costante secondo il quale le strutture economiche si rivoluzionano dal proprio interno distruggendo ciò che non è più produttivo e sostituendolo con qualcosa di nuovo e più efficiente. La pandemia che stiamo vivendo è diventata un vero e proprio acceleratore di questo processo e sta producendo in pochi mesi cambiamenti che altrimenti avrebbero richiesto anni, forse decenni. E proprio questa fortissima accelerazione nel processo di mutazione del sistema economico globale sta determinando quella che viene vissuta come una “crisi”.
La legge del tapis roulant
Immaginate di essere su un tapis-roulant e di camminare ad andatura normale quando, all’improvviso, qualcuno aumenta di molto la velocità dell’attrezzo senza avvertirvi.
Le alternative sono due:
- mantenere il proprio ritmo per, inevitabilmente, cadere di li a poco
- aumentare prontamente la cadenza dei propri passi adattandosi alla nuova velocità
imposta dall’esterno.
In questo secondo caso, però, il nostro organismo va in affanno: aumentano le pulsazioni cardiache, si suda, manca il fiato e ci vorrà del tempo affinché si adatti alla nuova situazione e trovi un suo equilibrio per permetterci di sostenere il ritmo imposto. Non tutti ci riusciranno e quindi si creerà una selezione naturale: da una parte quelli allenati e/o fisicamente dotati che riusciranno a reggere il passo e dall’altra coloro che non avranno la forza di adattarsi in tempi brevi e saranno destinati irrimediabilmente a cadere.
In questo momento la politica italiana si trova di fronte ad un bivio che implica scelte economiche e sociali di grande impatto, che potranno segnare profondamente la società in cui vivremo nei prossimi anni: permettere che restino sul tapis-roulant solo i migliori o, al contrario, fornire energie aggiuntive a chi non ne ha di proprie e permettere anche a loro di restare al passo? Non è scelta facile perchè entrambe le soluzioni avrebbero ragione da vendere. Nel primo caso si tenderebbe a realizzare una società basata sulla massima efficienza in cui resterebbero solo i più forti e, quindi, un sistema economicamente (nel senso letterale della parola) perfetto.
Non si distrarrebbero risorse verso i più deboli ma, piuttosto, si andrebbero a concentrare esclusivamente verso coloro che dimostrano di potercela fare per incentivarli ancor di più a produrre ricchezza aggiuntiva. Una sorta di capitalismo estremo, insomma. Dall’altra parte fornire supporto ai più deboli – al di là di legittime considerazioni etiche e sociali – potrebbe permettere loro di superare le difficoltà del momento e mettersi al passo dei migliori, aumentando così la schiera di coloro che partecipano alla creazione di benessere per l’intera collettività.