Economia

La Germania calpesta i patti, Ita-Lufthansa a un passo dallo schianto

Il big di Francoforte chiede 10 milioni di sconto, ira del Tesoro. Cinque giorni per salvare l’accordo o salta tutto

Ita Airways(1)

L’annunciata fusione tra la nostra Ita Airways e la tedesca Lufthansa si schianta ancora prima del decollo. A dividere il ministero del Tesoro, a cui fa capo l’intero capitale dell’erede di Alitalia ormai fallita, e la compagnia aerea tedesca sono  dieci milioni di valutazione. Dieci milioni di “sconto” che il gruppo di Francoforte pretende con la motivazione che la firma, inizialmente prevista la scorsa estate, è slittata a fine anno.

Un ritardo è sostanzialmente imputabile ai tempi infiniti con cui la Concorrenza Ue di Marghrete Vestager ha approvato le nozze. Questo, secondo Lufthansa, avrebbe impoverito gli asset della piccola Ita visto che la stagione invernale è quella strutturalmente meno remunerativa per l’industria del trasporto aereo.

Una tesi onestamente bizzarra. Piuttosto Berlino dovrebbe rimproverare ai suoi burocrati posizionati a Bruxelles la loro miopia industriale. Visto che mai si sono preoccupati di creare gruppi in grado di competere davvero sul mercato mondiale, di cui oggi si contendono il predominio americani e cinesi.

Un fatto questo che non vale solo per Ita-Lufthansa ma che penalizza  tutti i settori e comparti, di fatto condannati al nanismo rispetto a colossi come Google, Meta o Microsoft. Per non parlare dell’ideona del tutto elettrico, con cui l’Ue sta distruggendo la sua industria dell’auto a favore di una Cinesi che è leader nelle batterie, nelle materie prime critiche e nelle vetture con la spina.

Ma torniamo a Ita-Lufthansa. Visto il tradimento dei tedeschi, il Tesoro si è rifiutato di firmare l’accordo di vendita del primo 41%. La distanza è di soli 10 milioni, quindi poco più che noccioline rispetto a una operazione che complessivamente vale 900 milioni tra le due tappe costruite per accompagnare la compagnia presiduta da Carsten Spohr al 100% del capitale di Ita.

A far adirare il ministro Giancarlo Giorgetti è però il metodo usato dai tedesco. Perché accettare tutto questo equivale a lasciarsi calpestare ancora prima di iniziare una rotta comune. I tedeschi si appellano alla interpretazione di una clausola del contratto, il Mef non ci sente.

Ita è infatti cresciuta nel suo business e studia di tornare a far volare il brand Alitalia, anche in occasione dell’anno del Giubileo, quando con ogni probabilità, ci sarà una impennata di turisti stranieri che vorranno raggiungere Roma.

In ogni caso il ragionamento politico è lineare: Ita già è piccola ed è destinata a diventare una “provincia” dell’impero di Lufthansa, quindi già rischia di essere sacrificata in futuro, ma non si può partire un sabotaggio.

Difficile che dopo due anni di trattative salti tutto. A questo punto ci sono però solo cinque giorni per salvare l’operazione dallo stallo. Entro l’11 novembre occorre infatti trasmettere a Bruxelles il piano definitivo sottoscritto dalle parti. Piano che peraltro prevede già duri correttivi Antitrust  favore di vettori quali Easyjet, Air France-Klm, British Airways e Iberia, sia in termini di rotte intercontinentali, che sono le più profittevoli, sia sui preziosi slot di Linate.

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Il braccio di ferro su Ita Airways prosegue. E il governo  sembra non escludere nulla, nemmeno la scelta di ricominciare da zero, aprendo il capitale di Ita a un fondo di private equity o a un altro gruppo aereo. La prima sarebbe una soluzione ponte, perché solo finanziaria, in vista di una successiva alleanza industriale comunque vitale perchè  la piccola Ita sia profittevole e quindi non pesi sui contribuenti come ha fatto per mezzo secolo Alitalia; l’ ipotesi di individuare un altro partner – per esempio Air France-Klm, farebbe invece ripartire da capo l’orologio autorizzativo di Bruxelles. Staremo a vedere.