C’è un’affermazione difficile da confutare: “quando due culture si scontrano, il vincitore scrive libri di storia che sostengono la sua causa e condannano quella del nemico battuto”.Questo è quanto è avvenuto anche con la sconfitta borbonica del 1860 da parte del neo-costituito Stato italiano, a seguito della quale si sono diffuse critiche e derisioni nei confronti dell’esercito del Regno delle Due Sicilie (flotta e armata terrestre), soprannominato con dileggio “l’esercito di Franceschiello”: il riferimento era a Francesco II di Borbone, l’ultimo re di Napoli che popolarmente era chiamato proprio “Franceschiello”. Esse lo hanno presentato come una istituzione disorganizzata, dissestata, inefficiente per incuria, mancanza di disciplina e incapacità.
Eppure gli studi storici successivi hanno comprovato che quell’esercito, ufficialmente sorto solo nel 1734, aveva una tradizione di grande valore, dimostrata in quasi tutte le vicende militari dell’Impero Spagnolo. E proprio quell’esercito, nel crollo verticale del Regno delle due Sicilie, fu la sola parte dello stato borbonico che si sforzò, seppure con poca fortuna, di salvare l’onore della dinastia e del Paese.
Ci sono due espressioni del dialetto napoletano che sono ricondotte a presunte istruzioni dei regolamenti militari dell’epoca. Sono probabilmente dei falsi storici, spacciati artificiosamente per veri, ma che stimolano alcune considerazioni manageriali di interesse non trascurabile.
“FACITE AMMUINA”Il suo significato in dialetto è “fate confusione”. Il testo, tradotto in italiano dice:“All’ordine Facite Ammuina, tutti coloro che stanno a prua vadano a poppa e quelli a poppa vadano a prua; quelli a dritta vadano a sinistra e quelli a sinistra vadano a dritta; tutti quelli sottocoperta salgano sul ponte e quelli sul ponte scendano sottocoperta, passando tutti per lo stesso boccaporto; chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là”.
L’istruzione avrebbe dovuto avere lo scopo di dimostrare l’operosità dell’equipaggio.
Siamo di fronte a un aneddoto chiaramente denigratorio perché una struttura efficiente, come la flotta napoletana, “non confonde mai il movimento con l’azione”.
Che la flotta napoletana fosse efficiente è confermato dal fatto che nell’Italia appena unificata, in cui spesso si adottarono istituzioni e legislazioni piemontesi, Cavour, su raccomandazione dell’ammiraglio piemontese Persano, raccomandò l’adozione dei regolamenti napoletani anche per la marina della nascente flotta d’Italia, dato che erano considerati più agili e moderni.
“TENE ‘A CAPA, TENE ‘A VOGLIA”Ma c’è una seconda istruzione, questa a mio avviso molto positiva, che permetteva la valutazione degli ufficiali e che potrebbe addirittura far concorrenza alle idee sulla gestione del personale che Jack Welch mise a punto più di cento anni dopo.Dalla matrice “Tene ‘a Capa, Tene ‘a Voglia”, che tanti manager del personale di oggi potrebbero utilmente adottare, nascono quattro tipologie di dipendenti:La migliore: Tene ‘a Capa e Tene ‘a Voglia.
Questa è la descrizione del miglior ufficiale in assoluto. Da promuovere.
La peggiore: Non Tene ‘a Capa e non Tene ‘a Voglia.
Questa è la descrizione del peggiore. Non si dovrebbe esitare a mandarlo via!
La promettente: Tene ‘a Capa e non Tene ‘a Voglia.
C’è da lavorarci sopra. Va formato, va motivato, può essere portato nella prima tipologia, ma ci vuole tempo e lavoro!
La pericolosa: Non Tene ‘a Capa e Tene ‘a Voglia.
Per mantenerlo nei ranghi occorre una polizza assicurativa e un cero a San Gennaro! Ma ne vale la pena?Meditate gente, meditate!
Edoardo Lombardi, 15 maggio 2022
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