Il Governatore della Banca d’Italia Visco ha delineato uno scenario evolutivo preciso e puntuale che ci illustra non solo l’attuale situazione economica che stiamo vivendo ma che ci offre anche una prospettiva su quelle che dovrebbero essere le ricette necessarie per emergere con forza e risolutezza da una crisi nella quale rischieremmo di impantanarci per lungo tempo.
Lo scenario economico e finanziario italiano ed europeo conoscerà in futuro un pre e un post pandemia.
Forse, oggi, non abbiamo ancora piena consapevolezza della portata degli avvenimenti che ci stanno coinvolgendo. Ma tra qualche anno ci renderemo probabilmente conto di quanto questi giorni abbiano profondamente cambiato le nostre abitudini. La pandemia e il lockdown, in due mesi, stanno contribuendo a creare uno scenario che era impensabile prima, costringendoci ad una full immersion di competenze. In questo breve periodo, abbiamo assistito ad un’evoluzione che normalmente avrebbe richiesto anni.
Eppure, i segni del cambiamento, nell’economia, nella finanza, così come nella nostra società, erano visibili già da tempo: ciò che è avvenuto negli ultimi mesi è servito da acceleratore riducendo a poche settimane un balzo che avrebbe richiesto anni.
Nello scenario delineato dal Governatore, tre pilastri, tra i tanti spunti emersi, reggono l’intera impalcatura della ricostruzione economica:
la digitalizzazione, la semplificazione e l’Europa. Attorno a questi pilastri ruota il grand design del nostro Paese che sposo appieno, essendo stati gli stessi tre punti cardine che hanno da tempo animato i nostri dibattiti e le nostre iniziative.
La crisi sanitaria e la crisi economica rappresentano, però, anche una straordinaria occasione di rilancio per il nostro Paese che dobbiamo saper cogliere senza remore. Come detto dallo stesso Visco nel corso della sua relazione, dobbiamo “Saper reagire allo shock cogliendo l’occasione per affrontare i nodi strutturali del Paese”, solo così saremo in grado di uscirne addirittura rafforzati.
Nel corso del suo intervento, il Governatore ha fatto più volte riferimento alle opportunità di crescita e di sviluppo che la digitalizzazione ci riserva. Non possiamo che accogliere con entusiasmo questo stimolo, noi che in A.P.S.P., prima di altri, abbiamo intuito la piega che stava prendendo il mondo finanziario e dei pagamenti, quello che, sostanzialmente, è l’architrave fondamentale su cui si regge l’intera impalcatura economico-finanziaria globale.
Sono convinto che alla fine sarà il digitale a salvarci tutti. Ma tutti dobbiamo essere in grado di remare nella stessa direzione, convinti che la gara che stiamo affrontando è una competizione che possiamo vincere solo con la piena comunità d’intenti da parte di tutto il sistema produttivo, associativo ed istituzionale.
Le regioni maggiormente colpite dal contagio sono anche quelle che producono la maggiore ricchezza nel nostro Paese. Per un sistema produttivo sostanzialmente squilibrato a livello geografico come quello italiano questo è un dato preoccupante ma, ancora una volta, manifesta anche l’opportunità per far emergere le potenzialità, talvolta inespresse, talvolta ignorate, che vi sono nelle altre regioni. Un esempio su tutti. Secondo una recente fotografia operata da Unioncamere, il settore del commercio elettronico ha registrato negli ultimi anni una crescita di 10mila imprese. Il dato più interessante dello studio è relativo al fatto che pur essendo la Lombardia la regione più attiva in questo settore, sono le imprese che risiedono nel Sud ad avere la spinta di crescita più cospicua. Infatti, tra il 2015 e il 2020 in testa alla classifica italiana ci sono Campania e Basilicata, che contano su un +24,5% contro una media nazionale che si ferma al +14,5%. Ciò, essenzialmente, dimostra che la trasformazione digitale può essere uno stimolo decisivo per lo sviluppo economico e sociale italiano, il cui modello deve completare la transizione dall’economia manifatturiera intesa nel senso più stretto del termine ad una di stampo innovativo in cui l’alto valore tecnologico rappresenta un plus di fondamentale importanza sul quale basare la crescita competitiva dell’intero Paese.
Trasformazione digitale e semplificazione sono poi due aspetti della stessa medaglia che viaggiano in parallelo per offrire servizi decisivi ad imprese e cittadini. Per digitalizzare gli italiani dobbiamo semplificare la loro vita. Non ritengo ci siano altre alternative a questo proposito. Pretendere che gli italiani si digitalizzano senza che abbiano a loro disposizione una PA e dei servizi adeguatamente digitalizzati e i cui dipendenti siano altrettanto preparati ad affrontare il cambiamento non è una soluzione percorribile.
Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è che la digitalizzazione non è un processo rinunciabile: smart working, blockchain, contactless, PA e scuola digitale non possono essere soluzioni d’emergenza volte a porre rimedio alle problematiche contingenti, ma abbiamo necessità che entrino a tutti gli effetti a far parte di un utilizzo quotidiano che vada oltre la conoscenza del semplice vocabolo. La strada per digitalizzare gli italiani non può prescindere dalla semplificazione e dalla smaterializzazione delle pratiche. L’incidenza dei materiali cartacei (non solo quindi delle banconote utilizzate ancora per oltre l’80% dei casi) in Italia è ancora troppo rilevante e ciò condiziona inevitabilmente tutti noi. Ancora oggi, ad esempio, ci sono documenti che non nascono digitali, ma, come ad esempio nei tribunali, sono fotocopiati e poi scannerizzati.
Senza semplificazione non potrà mai esserci efficienza con l’immediata perdita di opportunità ed investimenti sia pubblici sia privati che domani saranno ancora più importanti per il rilancio di un Paese martoriato dall’epidemia nel fisico ma che nello spirito conserva ancora il desiderio di emergere con forza. Tale processo di semplificazione e smaterializzazione deve coinvolgere la PA a vantaggio di imprese e cittadini ma, soprattutto, la produzione normativa che, oggi più che mai, deve garantire certezza dei diritti e del diritto.
Il compito che ci attende nei prossimi mesi è quello di rendere la crescita, come ha sottolineato il Governatore Visco, “inclusiva e sostenibile per disinnescare il rischio di disagio sociale” e per raggiungere questo ambizioso obiettivo è necessario che tutte le anime del nostro Paese, da quelle istituzionali, a quelle imprenditoriali, a quelle associative collaborino per un piano di rilancio condiviso.
Un piano per il rilancio del Paese non può fare a meno di contare sul contesto internazionale in cui viviamo. Il momento economico, politico e finanziario attuale non deve essere un freno alla crescita ma, anzi, lo stimolo per intraprendere quelle iniziative coraggiose, e talvolta drastiche, di cui l’Italia ma anche l’Europa hanno bisogno.
Le rendite di posizione di cui ci siamo avvalsi fino ad ora non bastano più a garantirci la prosperità cui siamo abituati. Abbiamo bisogno di mirati piani di incentivo e investimento nei settori nevralgici della formazione e dell’innovazione, anche per non sperperare le limitate risorse di cui disponiamo. Per fronteggiare una fase così delicata, sarebbe necessario l’avvio di un rinnovato e profondo processo di integrazione europea, l’unico vero contesto grazie al quale le eccellenze italiane possono trovare il modello amplificatore in grado di valorizzarle e renderle competitive nei confronti di partner e concorrenti. Per raggiungere ciò, però, il nostro Paese deve a sua volta avviare riforme strutturali: la piena digitalizzazione dei sistemi pubblici e privati non può che essere una di queste, se non la più importante.
Il “sistema Italia” possiede delle importantissime potenzialità che deve però esprimere per entrare a pieno titolo nel consesso internazionale. La fortunata struttura del nostro sistema produttivo anche se, per caratteristiche, incapace di sviluppare economie di scala è, però, in grado di raggiungere punte di eccellenza che meritano di essere valorizzate, incentivate e sostenute a livello sistemico per il bene stesso dell’economia e della società italiana. La strada da percorrere è ancora tanta e non mancheranno battute d’arresto e ostacoli, ma l’auspicio è quello di essere riusciti ad avviare un meccanismo virtuoso di ammodernamento dell’intero sistema Paese.
Scendendo poi nell’ambito che ci è più vicino, quello dei pagamenti, così come per gli altri settori, anche per questo il Covid-19 rappresenta un’occasione la cui importanza, forse, è già stata colta.
Secondo le stime pre covid, ad esempio, il mercato europeo dei pagamenti digitali avrebbe dovuto raggiungere quest’anno un valore record di transazioni pari a 802 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del 9,9% su base annua, perfettamente in linea con la crescita tendenziale del 30% che ci ha accompagnato dal 2017 ad oggi. I pagamenti tramite contacless avevano già avuto un incremento, nel 2019, del 67% e, in conseguenza dello scenario mutato, nel 2020 non possiamo che ipotizzare un ulteriore salto in avanti, così come la crescita stessa degli smartphone abilitati al pagamento contactless che, sempre nel 2019, erano ancora del 40%.
Tuttavia, la prospettiva di crescita per il 2020 è potenzialmente anche superiore a quanto verificatosi negli anni precedenti riducendo il tempo necessario – come tutti ci auguriamo – per effettuare il passaggio alla cashless society.
Il Governatore Visco ha evidenziato con poche ma incisive parole l’importanza che fintech, digitale e pagamenti possono avere per lo sviluppo del Paese definendolo un “incubatore di innovazione”.
La Banca d’Italia è da sempre attenta ad osservare e cogliere i fenomeni innovativi nell’ambito dei pagamenti, in questo caso è necessario effettuare un ulteriore sforzo che coinvolga le imprese e le associazioni di categoria per resistere all’urto e alla sfida portata al nostro sistema finanziario dagli Over The Top.
Oggi, il pericolo per il sistema e gli operatori finanziari italiani non è dettato dalla disintermediazione nei rapporti con la clientela: un fenomeno che si è manifestato già in alcuni dei mercati più maturi in cui sono protagonisti gli operatori Over The Top. Le imprese fintech, invece, sono sempre più integrate nel sistema e svolgono un’ampia serie di collaborazioni con gli operatori tradizionali che, pur non essendosi adeguati in parte o in tutto, al cambiamento si affiancano alle imprese innovative che a loro volta godono della collaborazione.
L’open banking non sta cambiando solamente il modo di “fare banca”, il credito, la finanza, i pagamenti: stiamo parlando di una silenziosa rivoluzione culturale. Grazie a questo cambiamento, per la prima volta, viene riconosciuta la centralità dei dati, ai quali è riconosciuto il ruolo di elemento di maggior valore della filiera. Il loro possesso e, soprattutto, la capacità di elaborazione sono il vero valore aggiunto del nuovo modello economico che si sta configurando. Per questo motivo, come indicato in un interessante e recente studio della Banca d’Italia dal titolo “Salviamo i dati economici dal Covid19”: “Per chi prende decisioni di politica economica, per i mercati e per il pubblico, l’informazione statistica è come la bussola per il marinaio”.
Lo stato di emergenza causato dal virus Covid-19, sta quindi accelerando il processo di polarizzazione e di redistribuzione della ricchezza e del possesso dei dati. Ad emergere con forza dalla pandemia, quindi, non saranno solo gli Stati e le imprese resilienti che sono stati più, e meglio di altri, capaci di intercettare e arginare il contagio, ma soprattutto quelli che, in virtù dei dati e delle informazioni a loro disposizione, saranno in grado di elaborare le strategie di medio periodo più efficaci.
La conseguenza di tale fenomeno sarà quella di far emergere le lacune esistenti in vari ambiti, dalla società alla politica, dall’economia alla tecnologia, accrescendo divari e frizioni, paradossalmente, in una fase in cui, come detto, la digitalizzazione potrebbe consentire un tendenziale, quanto apparente, livellamento.
Nell’economia digitale moderna Google e Apple, raccolgono i dati da miliardi di dispositivi elettronici. Facebook ha una base di 2,4 miliardi di utenti attivi almeno una volta al mese, per non parlare del bacino cui possono attingere le big tech cinesi da Alibaba a WeChat. A questo punto, non è un caso che queste imprese abbiano già o stiano elaborando dei sistemi di tracciamento dei contagi per quanto riguarda il covid19 che nel caso delle app cinesi – poggiate sostanzialmente su quelle di pagamento già molto diffuse – si sono anche dimostrati estremamente efficaci e funzionali.
Nella fase storica che stiamo vivendo è necessaria una gestione coordinata ed il più inclusiva possibile dei dati – anche attraverso l’istituzione di un cloud nazionale – che possa sfruttarne le potenzialità pur assicurando il massimo della tutela agli individui.
Forse per la prima volta nella storia, abbiamo tutti di fronte la stessa minaccia e ogni persona, ente ed istituzione può concorrere ad arginare l’onda distruttiva e contribuire come può a posizionare il proprio mattoncino.
Per evitare di essere un semplice terreno di caccia e di competizione tra i big tech asiatici ed americani, l’Europa e l’Italia devono, da un lato, agevolare le aggregazioni e, dall’altro, operare attraverso un’attenta regolamentazione che consenta essenzialmente di mettere tutti gli operatori sullo stesso livello.
L’evoluzione del panorama afferente al mercato dei servizi di pagamento, infatti, mostra tutt’ora dei contorni non ancora ben delineati quanto a operatori, strumenti e servizi offerti. Ciò comporta, di conseguenza, anche una certa difficoltà nell’individuazione di limiti e criticità del settore fintech.
L’individuazione degli eventuali snodi critici è il punto migliore dal quale partire per analizzare un settore le cui dinamiche non sono state ancora evidenziate completamente, seppure in presenza di un assetto normativo, al momento, sufficientemente cautelante. Per capire e contrastare al meglio i fenomeni distorsivi che possono caratterizzare il mondo del fintech è necessario individuare gli operatori ed estendere a ciascuno di questi le regole di settore in modo da far fronte al fenomeno delle asimmetrie regolamentari che li coinvolge.
In questo senso, è auspicabile il massimo rapporto di chiarezza e comunicazione sia tra i vari soggetti sia tra questi e gli Organi preposti a regolarne l’azione; il tutto al fine di tutelare l’integrità del sistema finanziario ed economico e favorire l’adeguamento delle regole comuni al nuovo contesto, tali per cui abbiano efficacia pur non ostacolando il naturale sviluppo del mercato e la concorrenza.
Il mondo imprenditoriale e associativo di cui siamo espressione collaborerà attivamente con le Istituzioni, in virtù di una profonda esperienza, di un’ampia visione dei modelli di business, delle criticità ma anche di una consapevolezza ormai matura delle opportunità che il mondo finanziario e dei pagamenti custodiscono, affinchè venga prodotto uno sforzo coordinato per il rilancio economico e sociale dell’Italia che non può prescindere dal vederci protagonisti.