Era il giugno del 1982 e stavano iniziando i mondiali di Spagna, che avrebbero consacrato l’Italia campione del mondo (Zoff, Gentile, Cabrini… che nostalgia). L’Italia era nel pieno di una delle varie crisi che contraddistinsero quegli anni.
Anni di piombo a causa del terrorismo dilagante, anni di inflazione a due cifre (tre anni prima c’era stata la rivoluzione in Iran che aveva rovesciato lo Scià, instaurato una teocrazia di matrice islamica e provocato il secondo, violentissimo, shock petrolifero), anni di svalutazioni competitive della nostra moneta (la lira italiana vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro: dollaro, marco, franco francese, franco svizzero), anni di complotti internazionali e interni (l’anno prima era stato l’anno della scoperta della P2, loggia massonica che aveva come scopo il sovvertimento dell’ordine democratico del Paese).
Alla guida del Governo era stato nominato per la prima volta nella storia un non democristiano: il repubblicano Giovanni Spadolini, alla testa di un governo di coalizione, il primo esperimento del famoso Pentapartito. Pochi mesi dopo la nomina però, nella primavera del 1982 il governo era già alle corde e la vittoria dell’Italia ai mondiali seppe dare uno stimolo positivo a un Paese in crisi.
In quei giorni del 1982 i Clash, storico gruppo punk-rock inglese, pubblicavano l’album Combat Rock al cui interno spiccava il singolo Should I Stay or Should I Go e il cui testo diceva:
Darling, you got to let me know, Should I Stay or Should I Go? (Cara, devi farmi sapere se dovrei restare o andare)
If you say that you are mine, I’ll be here ‘til the end of time (Se mi dici che sei mia, resterò fino alla fine dei tempi)
So you got to let me know, Should I stay or should I Go? (Quindi devi farmi sapere, devo restare o andare via?)
Il Governo Spadolini cadde ad agosto del 1982 e vide succedergli lo Spadolini II e poi il Fanfani V; nel 1983 cadde un altro tabù: alla guida del Governo arrivò addirittura un socialista, Bettino Craxi; per l’Italia questo coincise con un periodo di boom economico che da anni non si vedeva: il calo del prezzo del petrolio permise la ripartenza delle economie in tutti i paesi occidentali, fu l’inizio degli spumeggianti anni ‘80 che videro l’Italia entrare a pieno diritto tra i Grandi del mondo e uscire finalmente dal tunnel degli anni ’70.
E oggi mi sembra siamo tornati in una situazione simile (ho scritto qualcosa qualche settimana fa ma alcune situazioni sono già cambiate): l’Italia – come tutto il mondo – viene da due anni difficilissimi a causa della pandemia che ancora imperversa, oggi con la famosa variante Omicron.
Alla guida del Governo c’è oggi il Presidente del Consiglio Mario Draghi, probabilmente la figura più prestigiosa che il nostro Paese è oggi in grado di spendere sul palcoscenico internazionale: il carisma e il prestigio del nostro Capo di Gabinetto insieme a quella del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno permesso di farci ottenere un’apertura di credito a livello europeo come forse mai in precedenza (vedi le dichiarazioni degli altri leader europei).
Ma, in Italia c’è sempre un ma, basta poco per far richiudere le porte della fiducia così faticosamente aperte: le vicende dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e del Governo fanno purtroppo intravedere il ritorno di antiche manovre politiche di cui non si sentiva proprio la mancanza.
Quanto mai evocative mi sembrano le parole della canzone che ho citato sopra riferite al Presidente Draghi: Dovrei restare o andare? Se dici che sei mia sarò qui fino alla fine dei tempi, quindi devi farmi sapere: Should I Stay or Should I Go?
Da qui passerà per l’Italia il treno del successo o quello dell’inevitabile declino: potremmo essere alla vigilia di un Nuovo Rinascimento come ha detto qualcuno o di una discesa inesorabile ai margini delle nazioni europee e mondiali.
Massimiliano Maccari, 10 gennaio 2022