Economia

La tedesca Lidl batte i francesi di Lvmh nella battaglia delle bollicine

Il gruppo del lusso francese perde la causa intentata per il marchio “orange” del suo champagne Veuve Clicquot

champagne veuve clicquot lidl © jakubgojda e Billion Photos tramite Canva.com

Il gruppo Lvmh perde in tribunale con il suo champagne Veuve Clicquot contro lo spumante dell’hard discount tedesco Lidl. E a tradire il big del lusso transalpino, a cui fanno capo diversi brand di alta moda e cuvée di gran pregio, è proprio quell’inno arancione che illumina le feste da più di 250 anni sulle bottiglie della vedova più frizzante di Francia.

La tesi dei giudici è presto detta: il marchio “orange” non basta perchè lo champagne sia chiaramente identificabili agli occhi dei consumatori. Pertanto la catena di supermercati che dà del filo da torcere con i suoi prezzi stracciati anche alle nostre Esselunga e Coop, ha tutto il diritto di continuare a usare la sua etichetta arancione per le bottiglie di spumante che propone sui propri scaffali.

Possiamo immaginare che Lidl chieda pochi euro a chi acquista uno dei vini che distribuisce, data la strategia commerciale che di norma adotta l’hard discount. In ogni caso di certo non costano quanto un Veuve Clicquot, magari millesimato.

La sentenza di Bruxelles chiude un contenzioso che si trascinava da anni, con scambi di carte bollate tra due realtà che fanno affari sui due fronti opposti del mercato: l’alto di gamma e l’entry level. Giova qui ricordare che lo spumante italiano batte nelle vendite lo Champagne, complice anche un prezzo più abbordabile.

La tesi del gruppo del guidato da Bernard Arnault, che è uno degli uomini più ricchi del Pianeta accanto a Elon Musk e Jeff Bezos nelle classifiche di Forbes, è che Lidl stesse violando i diritti d’uso del suo marchio.

Nel 2018 Lvmh aveva ottenuto dalla Ue il lasciapassare perchè l’arancione di Veuve Clicquot fosse considerato un marchio europeo. Ma questo non è bastato a battere Lidl secondo cui colorare le etichette non basta perché  il prodotto diventi “unico” e quindi coperto da copryright.

Nel mondo dell’alimentare spesso etichette e marchi si richiamano l’uno con l’altro, a volte anche con un effetto che potrebbe disorientare un consumatore poco attento che si affida al colore della confezione senza leggerne il nome: si pensi per esempio alla lattina rossa della bibita forse più nota al mondo e alle sue numerose imitazioni no label.

Nel frattempo per quanto riguarda l’Italia, Lidl ha deciso di strappare con Federdistribuzione e di uscire dalla associazione del settore. Il motivo scatenante è il braccio di ferro in corso sul rinnovo del contratto nazionale della Grande distribuzione organizzata.

Federdistribuzione replica lasciando le porte aperte per un ritorno di Lidl ma l’hard discount motiva la sua scelta di autonomia con l’obiettivo di voler provvedere rapidamente a mettere qualcosa di più nelle tasche dei 22mila dipendenti così da aiutarli a combattere l’inflazione.

Per approfondire leggi anche: Italia e Svizzera firmano l’armistizio del Giandujotto; qui invece la ritorsione protezionistica della Cina contro i superalcolici europei.

Cassieri, magazzinieri e banconisti della Lidl probabilmente non inizieranno a pasteggiare a Veuve Clicquot grazie al promesso aumento di salario della casa madre, ma perlomeno potranno acquistare qualche bottiglia in più delle bollicine “orange” nei negozi in cui lavorano.