All’inizio del secolo scorso mentre si preparavano le truppe per la conquista, Severino Salvemini definì la Libia “uno scatolone di sabbia”. E in gran parte aveva ragione: salvo poche città sulla costa il resto era un gran deserto che non sembrava possedere alcun valore e per il quale non era per nulla utile rischiare mezzi e uomini.
Ma il desiderio imperiale prese il sopravvento. La Libia venne conquistata per essere al passo delle grandi potenze europee. Nessuno immaginava che sotto la sabbia vi potessero essere grandi ricchezze, soprattutto il petrolio.
Nel 1914 vennero considerate sfortunate alcune trivellazioni nella Cirenaica alla ricerca di acqua: né uscì un liquido nero che nessuno pensò di poter utilizzare. Solo nel 1929 venne fondata una società da alcuni italiani residenti a Tripoli che ottenne dall’Agip (che aveva l’esclusiva per le ricerche nel territorio nazionale e nelle colonie) l’autorizzazione a nuove ricerche; tuttavia con pochi mezzi e vecchi strumenti.
Dovette arrivare il grande Ardito Desio, fondatore dell’Istituto di geologia di Milano, che a dorso di cammello realizzò la prima carta geologica della Libia e scoprì giacimenti di magnesio, potassio e finalmente idrocarburi. Era il 1936 e i venti di guerra iniziavano a spirare. Le ricerche erano complesse, avrebbero richiesto macchinari di perforazione che allora possedevano solo gli americani, ma il regime non voleva dipendere da nessuno.
Lo stesso Italo Balbo, diventato Governatore della Libia, aveva cercato di trattare segretamente con le compagnie petrolifere Usa, ma la guerra bloccò tutto e trasformò la Libia in un teatro di battaglia.
Di quel periodo resta solo qualche bottiglia di “olio” conservata nell’archivio dell’Agip.
L’Italia come è noto, perse la guerra. In Libia americani e inglesi ristabilirono il Regno sotto la guida di Re Mohammed Idris Al Mahdi, leader dei Senussi che detenne il potere fino all’avvento di Gheddafi.
Nel giugno 1959 l’americana Esso confermò la presenza di importanti giacimenti a Zeltan in Cirenaica, in quelle stesse zone dove Desio (che nel frattempo si era dedicato ad altre esplorazioni organizzando la conquista italiana del K2) aveva fatto le sue prime scoperte.
In Libia le sette sorelle ottenere ben presto le concessioni per lo sfruttamento del petrolio assicurando al governo libico il 50% dei profitti. La produzione salì velocemente divenendo la prima risorse economica del paese: 900mila tonnellate nel 1961, 40,9 milioni nel 1964, 58,5 nel 1965, 72,3 nel 1966.
La Libia divenne il principale fornitore di greggio per l’Italia con circa 500mila barili al giorno con punte del 25% dell’import complessivo. Fino alla caduta e l’uccisione di Gheddafi, dieci anni fa il 20 ottobre del 2011, e l’inizio di una grave crisi politica e sociale con il riaffacciarsi di quella lotta tra le tribù che la monarchia prima e la dittatura poi avevano messo in silenzio. Con le coste libiche diventate il punto di partenza di grandi ondate di emigrazione.
Una storia con tante occasioni perdute.
Gianfranco Fabi