Con l’avvicinarsi delle elezioni politiche, torna, prepotentemente, il dibattito sul ruolo e le prospettive dell’Italia nell’economia globale. La premessa è che il nostro mondo, dominato dai social media ed il continuo bombardamento di informazioni, amplifica a dismisura il senso di insicurezza e le paure delle persone.
Dato che la notizia è un evento quasi sempre negativo, un incendio, un attentato, un omicidio, un crollo, un terremoto (non esiste la notizia “oggi è una bella giornata a New York” oppure “oggi tutto bene a Roma”) essere informati in tempo reale è, per definizione, ansiogeno. L’esempio più clamoroso di questo fenomeno è il fatto che, malgrado un vero e proprio crollo della criminalità negli ultimi anni in tutti i paesi d’Europa e in Italia più che altrove, la percezione di insicurezza continua ad aumentare.
Lo scollegamento delle percezioni dai fatti e il ruolo crescente delle paure e dei timori nei processi democratici è uno dei grandi fenomeni del nostro tempo. Fenomeno che non possiamo ignorare e rispetto al quale l’unica posizione ragionevole è provare ad illustrare i fatti nel modo più chiaro possibile.
Se chi è in posizione di decidere, a livello nazionale ed internazionale, sia in ambito politico che economico deride o ignora le paure, le alimenta. I timori vanno accolti e compresi, in maniera assolutamente attenta, perché la percezione è un dato che incide sui fenomeni economici e politici immediatamente. Per cui è essa stessa un fenomeno reale con cui fare i conti. Descrivere continuamente in maniera seria e documentata i fatti, è l’unica strada praticabile.
È particolarmente vero questo fenomeno, quando si parla di globalizzazione. È una delle nemiche favorite di chi alimenta le paure della gente, spesso per interessi elettorali. D’altra parte un nemico esterno, quanto più è vago, inquietante ed evanescente, tanto più è utile come “spauracchio”. Come tutti i processi economici importanti anche la globalizzazione vede dei vincitori e dei perdenti.
Il NAFTA (North American Free Trade Agreement) negli Stati Uniti è un esempio perfetto. Diverse analisi dicono che l’accordo di libero scambio con Canada e Messico abbia generato circa milioni di posti lavoro negli Stati Uniti. Ma ne ha anche distrutto circa 500.000. Il problema è che le persone che sono arrabbiate perché hanno visto la loro fabbrica chiudere e spostarsi in Messico si fanno vedere e sentire, mentre chi è beneficiato dalla crescita economica indotta dall’accordo di libero scambio non sa neanche di essere stato beneficiato.
È il proverbio cinese: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Nella foresta della globalizzazione, l’Italia vede crescere e prosperare i suoi interessi. Il mondo ha voglia, fame, interesse e amore per l’Italia. Il crescere delle classi medio “alto spendenti” in tutto il mondo è una gigantesca opportunità di ricchezza ed occupazione per l’Italia in tutte le sue attività esportativa e per il made in Italy in generale. L’Interesse nazionale, così di moda dell’Italia, è di essere un “Good Citizen” dell’ Unione Europea, del WTO (World Trade Organization).
L’Italia deve diventare sempre più un alfiere dei Free Trade, cercando di stare nel sistema e di limitare le tante distorsioni esistenti. Ogni forma di barriera commerciali, limitazioni agli scambi e chiusure rischia di creare un danno immediato al nostro paese. Ricordiamo che la tanto vituperata Unione Europea con l’euro, che sicuramente, per come è stato realizzato, ha danneggiato in tante cose il paese, è per l’Italia una enorme opportunità. Il fare parte di un grande mercato commerciale con regole comuni permette all’Italia di esportare oltre 300 miliardi di euro nei paesi dell’Unione europea. Una cifra enorme. Senza l’euro è senza Unione Europea questa cifra sarebbe sicuramente inferiore.
Inoltre l’Annuario ICE-Istat quantifica in ben 1000 miliardi di euro l’impatto dell’internazionalizzazione (globalizzazione) per le imprese italiane, tra esportazioni e presenza diretta delle imprese italiane in giro per il mondo. È ovvio che questo processo tumultuoso, spesso feroce, va affrontato con grande cautela ed attenzione. Ed in tutti i contesti bisogna difendere identità e specificità del prodotto italiano. Ma l’Italia, guardando alla cosiddetta “big picture”, ha tutto da perdere da un forte rallentamento del processo di globalizzazione dell’economia mondiale.
Riccardo Maria Monti, 29 agosto 2022